L’apparente omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi è un crimine scioccante che merita l’attenzione internazionale ricevuta, ma è comunque impossibile non chiedersi perché la morte di una singola persona riceva una copertura più ampia delle atrocità saudite in corso nello Yemen.
È perché una storia drammatica che coinvolge una singola personalità è più facile da comprendere di una guerra combattuta per complesse questioni politiche ed etniche, oppure perché i diversi livelli di attenzione segnalano che Khashoggi ha raggiunto lo status di un occidentale onorario mentre le decine di migliaia morti nello Yemen rappresentano un lontano “altro”? Qualche combinazione di queste due ragioni è probabilmente all’opera, e il fatto che egli sia un collega giornalista rende il suo destino ancor più interessante per i giornalisti e gli editori. Anche le considerazioni geopolitiche sono certamente in gioco qui, con la gigantesca ipocrisia dell’amministrazione Trump in piena dimostrazione, un’ipocrisia che spicca anche nella triste storia delle politiche del governo USA nei confronti dell’Arabia Saudita.
I tentativi trasparenti del presidente Donald Trump di scagionare il leader de facto dell’Arabia Saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman, “speculando” su “agenti deviati” che potrebbero essere dietro la morte di Khashoggi all’interno del consolato, sono oltremodo ridicoli o lo sarebbero se il problema non fosse così serio. Sono in gioco miliardi di dollari di vendite di armi (per non parlare di una fornitura considerevole di petrolio), quindi sciocchezze come i diritti umani o l’omicidio a sangue freddo possono essere messe da parte. Qualunque prova il governo turco possieda non è stata resa pubblica, e sembrerebbe che la ragione più probabile sia perché Ankara ha infestato di microspie il consolato saudita. Se fosse così, sarebbe una questione delicata che il governo turco preferirebbe eludere.
Il comportamento criminale del principe ereditario deve essere lasciato parzialmente fuori dalla porta della Casa Bianca perché il presidente Trump lo ha accolto abbracciandolo, dando il via libera al disprezzo senza fondo dell’Arabia Saudita per i diritti umani. Potremmo persino ipotizzare che il presidente Trump auspichi di potersi sbarazzare degli avversari con la stessa fermezza del principe ereditario. E non parliamo nemmeno delle atrocità che gli Stati Uniti (insieme alla Gran Bretagna e alla Francia) agevolano nel suo appoggio totale alla guerra saudita nello Yemen – che cos’è la vita umana (specialmente la vita degli “altri”) quando sono in gioco i profitti?
In ogni caso, la condotta della guerra nello Yemen è disumana. Nessuno sa quante persone siano morte a causa dei combattimenti, anche se il gruppo indipendente Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) stima che quasi 50.000 persone siano state uccise da gennaio 2016 a luglio 2018. Sottintendendo un totale molto più alto, Save the children stima che almeno 50.000 bambini siano morti soltanto nel 2017, circa 130 al giorno. La Caritas ha inoltre stimato che quasi 400.000 bambini avranno bisogno di cure per la malnutrizione acuta grave.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari fornisce questa valutazione che fa riflettere [in inglese]:
Nello Yemen, un allarmante numero di 22,2 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria o di protezione, si stima che 17,8 milioni non abbiano cibo a sufficienza, 8,4 milioni di persone rischino gravemente di morire di fame, 16 milioni non abbiano accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici e 16.4 milioni di persone non abbiano accesso ad un’assistenza sanitaria adeguata. I bisogni in tutto il paese sono aumentati costantemente, con 11,3 milioni di persone in grave bisogno – un aumento di oltre un milione di persone che hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere.
Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite riferisce che [in inglese] “gli attacchi aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita [in inglese] hanno causato la maggior parte delle vittime civili dirette. I bombardamenti aerei hanno colpito aree residenziali, mercati, funerali, matrimoni, carceri, imbarcazioni civili e persino strutture mediche”. Entrambe le parti sono state segnalate dal Consiglio per il reclutamento forzato di bambini da 11 a 17 anni per combattere.
Uno studio [in inglese] scritto per la World Peace Foundation, le Strategie della Coalizione nella guerra in Yemen: bombardamenti aerei e guerra del cibo, di Martha Mundy, riporta che “dall’agosto 2015 sembra esserci un cambio, da obiettivi militari e governativi a obiettivi civili ed economici, tra cui infrastrutture idriche e di trasporto, produzione e distribuzione alimentare, strade e trasporti, scuole, monumenti, cliniche e ospedali, case, campi e greggi”.
A che fine si commettono queste atrocità? Il professor Mundy scrive:
Mentre gli Stati Uniti e il Regno Unito sostengono immancabilmente i loro alleati della Coalizione nei loro più ampi obiettivi politici e strategici, i due principali attori arabi della Coalizione, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno priorità economiche diverse nella guerra. Quella dell’Arabia Saudita è la ricchezza petrolifera, compresa la prevenzione di un uso congiunto da parte dello Yemen delle proprie entrate petrolifere, e lo sviluppo di un nuovo gasdotto attraverso lo Yemen fino all’Oceano Indiano; quello degli Emirati è il controllo sui porti marittimi, per il commercio, il turismo e la ricchezza della pesca. L’attacco a al-Hudayda (un importante porto) mira esplicitamente a completare militarmente la guerra economica. Che l’immensa sofferenza del popolo yemenita non abbia ancora portato alla resa quella parte di essi che vivono a San’aa (la capitale yemenita) non dà credibilità alla tattica di un’ulteriore fame e malattia. Eppure per la coalizione, come un anziano diplomatico saudita ha risposto (in via confidenziale) a una domanda sulla minacciata fame: “Una volta che li controlleremo, li nutriremo”.
Lo Yemen è fortemente dipendente dalle importazioni alimentari, e i blocchi dei suoi porti hanno messo a rischio di carestia gli Yemeniti. Il professor Mundy traccia questa conclusione:
Se si mette il danno alle risorse dei produttori alimentari (agricoltori, pastori e pescatori) accanto al bersagliare gli impianti di trasformazione, stoccaggio e trasporto del cibo nelle aree urbane e alla più ampia guerra economica, ci sono forti indizi che la strategia della Coalizione abbia mirato a distruggere la produzione e la distribuzione di cibo nelle aree sotto il controllo di San’aa. … Dall’autunno del 2016, la guerra economica ha aggravato la distruzione fisica per creare un degrado massiccio dei mezzi di sussistenza fondamentali. La deliberata distruzione dell’agricoltura familiare e della pesca artigianale è un crimine di guerra.
I media ufficiali si occupano troppo poco di questo disastro umanitario. Perché milioni di vite sono solo una parentesi, mentre una vita privilegiata merita un’attenzione così grande? Ancora una volta, il destino di Khashoggi e le luci dei riflettori che brillano sulle pratiche saudite meritano l’encomio diffuso che hanno attirato. Ma perché tale indifferenza a milioni di altri? Dov’è la nostra umanità?
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Articolo di Pete Dolack apparso su Counterpunch il 24 ottobre 2018
Traduzione in italiano di Cinzia Palmacci per SakerItalia
[le note in questo formato sono della traduttrice]
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