Sto scrivendo mentre è in corso una ricerca internazionale per il sottomarino argentino ARA “San Juan”. Segnalato l’ultima volta 250 Km al largo della costa della Patagonia, il “San Juan”, un classe TR-1700 costruito in Germania, era già scomparso da 48 ore quando le autorità navali hanno fatto un annuncio pubblico.
Questo accade nel momento in cui, la settimana precedente, i sommozzatori della Marina Russa sono riusciti a immergersi fino a 317 metri (TASS, novembre 2017 [in inglese]). I subacquei della più recente nave specialistica per il salvataggio e il soccorso della Flotta del Pacifico, la Igor Belousov, si stanno ora addestrando per raggiungere una profondità di 450 metri. Probabilmente vi state chiedendo qual è il collegamento… beh, sono i sottomarini in difficoltà.
La perdita del sottomarino russo K-141 “Kursk”, 17 anni fa nel Mare di Barents, ha sicuramente attirato l’attenzione mondiale. L’enorme perdita di vite umane non solo ha scosso seriamente l’attuale atteggiamento della Marina russa nei confronti della ricerca e del salvataggio dei sottomarini, ma anche quello della NATO.
Un risultato del naufragio del “Kursk” fu la creazione dell’International Submarine Escape and Rescue Liaison Office (ISMERLO), con sede a Lisbona, in Portogallo, con un database di navigli e sistemi idonei al soccorso. È in grado di coordinare rapidamente i sistemi più appropriati verso il sottomarino in difficoltà (DISSUB). Come tale, vi contribuiscono praticamente tutti i circa 40 paesi che posseggono sottomarini, tra cui Argentina e Russia.
Questa parte del processo di salvataggio, il “Time To First Rescue” (TTFR), è estremamente vitale. Analogamente a ciò che paramedici e medici chiamano “l’Ora d’Oro”, prima viene messo in azione un sistema di salvataggio, più velocemente le risorse vengono inviate sulla scena, migliore sarà il risultato. Eventuali ritardi nel recupero peggioreranno esponenzialmente la situazione. Purtroppo le autorità russe hanno imparato quella lezione nel modo più doloroso nell’agosto del 2000, ma l’hanno usata con successo nel 2005, per un mini-sommergibile affondato al largo della Kamchatka (SpaceWar, agosto 2005 [in inglese]).
Al giorno d’oggi, la NATO ha un sistema di soccorso per sommergibili, l’NSRS, che include un sistema di salvataggio noto come DSRV (Deep Submergence Rescue Vehicle). Il sistema con base nel Regno Unito è in allerta permanente, trasportabile con un aereo in tutto il mondo e può essere rapidamente posizionato su una nave adatta a soccorrere un sottomarino affondato, se richiesto. Inoltre, la NATO sponsorizza regolari esercitazioni di ricerca, evacuazione e salvataggio dei sottomarini, note come Dynamic Monarch. La decima si è tenuta in Turchia quest’anno.
NATO Submarine Rescue System is an air-transposable min-sub with supporting personnel based at Faslane.
Need to locate missing submarine first & would Argentina request help (in time?) pic.twitter.com/t7Qgtxlb3J
— NavyLookout (@NavyLookout) November 17, 2017
Anche la US Navy dispone di un Submarine Rescue Diving and Recompression System (SRDRS) con relativo equipaggio, basato a San Diego, che può essere anch’esso trasportato via aerea in tutto il mondo. Domenica è stato aviotrasportato in Argentina.
I sommergibilisti si addestrano al combattimento, si addestrano contro gli avversari, a volte contro altri sottomarini, ma ciò non significa che non ci sia una certa fratellanza tra i sommergibilisti di tutto il mondo. La lettura dei pensieri degli altri sommergibilisti (americani e inglesi) nei confronti dell’equipaggio disperso del “San Juan”, lo dimostra. Inoltre, le regolari esercitazioni internazionali e le offerte di aiuto nel raro caso di un’emergenza dimostrano l’alto livello di cooperazione internazionale.
Tornando alla Marina russa, l’esito fatale del Kursk ha cambiato radicalmente il modo in cui viene organizzato il salvataggio sottomarino, dei metodi di addestramento e dell’uso delle attrezzature. Il processo di salvataggio sottomarino può variare a seconda della profondità in cui si trova il sommergibile affondato. Qui [in inglese] viene fornita una panoramica generale e una breve storia dei vari sistemi di salvataggio utilizzati.
Al giorno d’oggi, la Marina russa tiene spesso esercitazioni di soccorso sottomarino in tutte le sue flotte e a volte anche con altre nazioni. Esiste almeno una nave adatta al “soccorso” in ciascuna flotta (e questo era il caso al momento del naufragio del “Kursk”). La Progetto 21300 “Igor Belousov” è l’ultima versione ed è entrata a far parte della Flotta del Pacifico nel 2016. L’equipaggio ha recentemente svolto in estate un’esercitazione sottomarina con la Marina cinese (Janes, ottobre 2017 [in inglese]), mentre nel 2016, nell’Oceano Indiano, l’“Igor Belousov” si è unita all’operazione di ricerca di un aereo An-32 disperso dell’Aeronautica indiana.
È equipaggiata con un batiscafo di soccorso chiamato Bester-1 (un DSRV), e una campana subacquea con un sistema di lancio e recupero (LARS). Il sistema di salvataggio per acque profonde GVK-450 consente di immergersi fino a una profondità di 450 metri e di far riemergere i marinai in superficie da un sottomarino in difficoltà. Il Bester-1 è un Progetto 18271, designato come “AS-40”. A bordo c’è anche un veicolo controllato a distanza (ROV), che può scendere fino a 1000 metri. (I ROV sottomarini sono collegati alla nave madre da un cavo, e sono abitualmente usati nell’industria petrolifera basata in mare aperto). La decompressione necessaria viene fornita ad un massimo di 60 sommergibilisti in 4 camere iperbariche. La nave non serve solo per il soccorso a sottomarini affondati, ma anche per le operazioni di salvataggio per le navi di superficie. Il progettista capo, Alexander Forst, ha dichiarato:
“Negli anni ‘60 la flotta di ricerca e salvataggio sovietica veniva riconosciuta come la migliore del mondo. È vero che queste tradizioni si sono un po’ perse, ma le ricche tradizioni accumulate nel corso di decenni e le esperienze di salvataggio in mare sono incarnate in questa nave” (Sputnik, novembre 2016 [in inglese]).
Allo stesso modo, questa classe di navi di soccorso viene ulteriormente sviluppata dall’Ufficio di Progettazione Centrale Almaz, che sta aggiornando il progetto al fine di dotarla di più apparecchiature e migliorare gli stivaggi e gli alloggi dell’equipaggio. Si prevede che la nave da soccorso classe Igor Belousov migliorata entrerà in produzione in serie nei prossimi due anni (Almaz, 2015 [in inglese]).
La Flotta del Pacifico ha ricevuto l’ultima nave di soccorso in gran parte per via della sua distribuzione geografica, con una base navale a Vladivostok e un’altra distante nella penisola della Kamchatka.
Il salvataggio dell’equipaggio di un sottomarino in difficoltà è un’operazione complessa e impegnativa. Di conseguenza, viene svolta una formazione regolare per mantenere le competenze da entrambe le parti, coinvolgendo non solo i soccorritori, ma anche i soccorsi. Gli ultimi sottomarini russi hanno una capsula di evacuazione integrata per i loro equipaggi. In un evento pubblicizzato nel 2014, è stato effettuato un test fisico della capsula di salvataggio a bordo del “Severodvinsk” (Barents Observer, novembre 2014 [in inglese]).
Flotta del Mare del Nord | Flotta del Pacifico | Flotta del Mar Nero | Flotta del Baltico |
Progetto 5360 Mikhail Rudnitsky | Progetto 21300 Igor Belousov | Kommuna | Nave classe Kashtan Progetto 141 – SS-750 |
Progetto 5360 Georgy Titov | Progetto 5360 Grigory Kuzmin | Progetto 5360 Sayany | |
Progetto 537 Alagez (?) |
Navi della Marina russa dotate di funzionalità DSRV
Anche la Flotta del Mare del Nord ha due navi di salvataggio per sottomarini, non esattamente della stessa categoria della classe Belousov, dato che sono di epoca sovietica (Sputnik, marzo 2017 [in inglese]). La Flotta del Mare del Nord ha 2 DRSV, dei sommergibili Progetto 1855-1 Priz, tra cui l’AS-34. Questo era uno dei due DSRV russi che tentarono di salvare l’equipaggio del “Kursk”. Un totale di 4 di questi sono stati aggiornati di recente, e di conseguenza è stata effettuata un’immersione di prova fino a 1000 metri di profondità (The Barents Observer, agosto 2017 [in inglese]).
C’è anche una nave di soccorso dispiegata con lo Squadrone del Mediterraneo, che fornisce la necessaria copertura di sicurezza e di emergenza per altre navi russe. Un esempio risalente al 2015 è la classe Mikhail Rudnitsky, Progetto 5360 [in inglese], “Sayany”, trasferita dalla Flotta del Pacifico (TASS, dicembre 2015). Anch’essa ha un ROV e una camera iperbarica. L’arrivo della Sayany arrivò in un momento in cui i sottomarini della classe Kilo-migliorati entravano in servizio con la Flotta del Mar Nero.
Infine, anche il DSRV Progetto 18551, classe Priz, può essere trasportato via aerea in altre aree, oppure trasportato in treno o su strada. Se ciò dovesse accadere, allora questa sarebbe una situazione veramente brutta, non una situazione ideale che può verificarsi in un’operazione di salvataggio in cui il tempo è cruciale.
In breve – altre navi
È stato riportato che la nave di soccorso Alagez, Progetto 537, classe Osminog, ha ottenuto un aggiornamento dei suoi sistemi di salvataggio nel 2016, ed è stata utilizzata prima della messa in servizio dell’“Igor Belousov” (Russian Ships, 2017 [in inglese]). Sebbene non sia noto qual è lo stato attuale di questa nave, ha la capacità di trasportare dei DSRV.
La nave per ricerca e soccorso Igor Belousov durante le prove in mare.
Quattro navi moderne adatte al soccorso sono entrate in servizio negli ultimi due anni, tra cui le Progetto 22870. Una di queste è la “Professor Nikolay Muru” (Ministero della Difesa russo, giugno 2015 [in inglese]), i cui compiti includono operazioni antincendio e operazioni di sostegno alle operazioni subacquee fino a 60 metri di profondità (con una camera iperbarica e un ROV, il Falcon-1000, che può arrivare a 1000 metri di profondità). Anch’essa ha trascorso un po’ di tempo nel Mediterraneo orientale, appoggiando le operazioni della marina russa. Questa generazione di navi utilizza un sistema di posizionamento dinamico (DPS) che le mantiene in una posizione precisa senza bisogno di ancore.
In questo articolo ho cercato di evidenziare le principali navi della Marina russa che possono partecipare direttamente alle operazioni di ricerca e soccorso sottomarine. Naturalmente, ce ne sono altre che hanno capacità di supporto alle operazioni subacquee o di ricerca sul fondo del mare di varie specifiche.
Naturalmente non potrei scrivere sulle navi di salvataggio della Marina russa senza menzionare la vera e propria gran dama storica dei mari, la “Kommuna”, che serve con la Flotta del Mar Nero. Quella che forse è la più vecchia nave da salvataggio per sottomarini al mondo, è anche la nave militare in servizio da più tempo. Per dare credito, ecco le specifiche: (Wikipedia).
Dal 2009 la “Kommuna” trasporta un ROV (il Pantera Plus), in grado di operare fino a 1000 metri di profondità (Vesti, dicembre 2010), e può anche trasportare un sommergibile di salvataggio (Ministero della Difesa russo, 2017 [entrambi i link in inglese]).
Ci sono altre navi nella marina russa che hanno capacità di sollevare grandi carichi, come le grandi tender per boe/navi da soccorso Progetto 141 KIL-168. Anche queste potrebbero teoricamente aiutare nelle operazioni di salvataggio sottomarino, con i loro ruoli di sollevamento o supporto alle operazioni subacquee.
Negli anni recenti, la Marina russa ha sviluppato notevoli competenze con le operazioni di soccorso. Le esercitazioni vengono eseguite utilizzando una varietà di attrezzature, tra cui mini-sommergibili (DSRV), robot ROV e l’uso di scafandri e campane subacquee.
Caro lettore, come probabilmente ti starai chiedendo, no, questo non è esattamente un argomento “alla moda e invitante”, allo stesso modo delle fregate o degli incrociatori lanciamissili. Dovrai prendermi sulla parola che si tratta comunque di un settore altamente specializzato, che a volte può essere anche di natura molto segreta. Si tratta di sistemi che non solo possono localizzare e soccorrere sottomarini affondati, ma possono anche trovare altri oggetti sul fondo del mare, svolgere attività di ispezione o sorveglianza, o anche a volte riparare o rimuovere cose come idrofoni o controllare i “giocattoli militari” del tuo avversario sul fondo del mare.
Personalmente, penso che le capacità e le risorse di salvataggio sottomarino della Marina russa vadano in qualche modo a sovvertire il doloroso retaggio del Kursk. In particolare, l’uso crescente di apparecchiature marittime di ricerca e soccorso ad alta tecnologia fa parte del programma di modernizzazione. Eppure ci si preoccupa ancora più della gestione delle pubbliche relazioni, degli atteggiamenti della leadership, piuttosto che delle attrezzature fisiche. Tuttavia questo è un problema costante e intrinseco per molte forze armate di tutto il mondo, come si è visto di recente in Argentina.
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Articolo di Le Dahu pubblicato su The Saker.is il 19 novembre 2017.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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