Mentre in Occidente i principali attori internazionali affrontano difficili elezioni, sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea si stanno chiedendo quale sarà l’equilibrio delle forze sulla scena internazionale una volta che queste saranno finite. Nello stesso tempo, mentre sono impegnati in ogni tipo di retorica politica, i politici hanno completamente trascurato il pericolo, affatto diminuito, di attacchi terroristici in Europa che l’ISIS potrebbe lanciare in qualsiasi momento.

I governi in carica, come i media da essi controllati, sono invece occupati ad eseguire gli ordini di Obama, il quale, a seguito del loro recente successo militare ad Aleppo, chiede la demonizzazione della Russia e del legittimo governo siriano. Tuttavia, sarebbe infantile credere che questo gruppo terroristico, dopo aver perso le sue posizioni in Medio Oriente, non si sposti da qualche altra parte, e finora l’opzione più valida per l’ISIS sembra essere l’Europa, come ha confermato un recente rapporto [in inglese] dell’Europol in cui gli autori affermano che, dal punto di vista dell’ISIS, gli attacchi terroristici in Belgio e in Francia del 2015-2016 sono stati di successo ed efficaci. Dato ciò, e l’ipotesi generale che lo stato islamico mantenga sia la volontà che la capacità di colpire ancora, ulteriori attacchi in Unione Europea sono altamente probabili in futuro, da parte sia di gruppi che di attori solitari.

Al contempo, il rapporto evidenzia che tutti gli stati membri dell’Unione Europea partecipanti alla coalizione guidata dagli Stati Uniti contro l’ISIS, sono soggetti ad un attacco di terroristi guidati o ispirati da esso, e che gli attacchi possono essere eseguiti per compromettere, come gruppo, i rifugiati siriani e per indurre gli stati membri a cambiare le politiche nei loro confronti. Tra l’altro, se l’ISIS viene sconfitto o gravemente indebolito dalle forze di coalizione in Siria/Iraq, ci potrebbe essere un aumento del tasso di ritorno dei militanti stranieri e delle loro famiglie, verso l’UE o verso altre zone in conflitto, ad esempio la Libia. Quelli di loro che riescono ad entrare in Europa  aumenteranno il rischio potenziale per la sicurezza dell’Unione e, visti i grandi numeri coinvolti, ciò rappresenta una sfida significativa e a lungo termine. L’ISIS non è l’unica organizzazione terroristica con l’intento e la capacità di attuare attacchi contro l’Occidente o di ispirare individui e gruppi residenti negli stati membri dell’unione a compierli. Affiliati di Al-Qaeda e/o di Al-Nusra, oppure emulatori, sia gruppi che singole persone, continuano ad essere una minaccia per gli stati membri e per gli interessi dell’Occidente in generale.

Ormai è da molto tempo che gli esperti allertano i politici occidentali riguardo i 30 mila stranieri, da più di un centinaio di stati, che combattono dalla parte dell’ISIS e dei gruppi affiliati. Come fa notare [in tedesco] il tedesco Die Welt, ora gli esperti sono convinti del fatto che la Libia potrebbe diventare una sorta di “porta d’oro” per i militanti dell’ISIS spinti, dal crollo delle loro posizioni in Siria, ad attuare in Europa attacchi terroristici coordinati .

Le forze dell’ordine tedesche segnalano che centinaia di ex militanti ISIS stanno ora ritornando a casa, creando un rischio per la sicurezza  [in tedesco] non solo in Belgio e in Francia, ma anche in Germania, Gran Bretagna, Italia, Danimarca, Polonia e altri paesi dell’Unione Europea. Solo un militante su venti ritorna deluso, mentre uno su dieci è tornato per una sorta di “vacanza”, prendendosi una breve pausa dai combattimenti nel mentre sistema l’equipaggiamento e i rifornimenti. La conclusione principale a cui sono giunte le forze dell’ordine tedesche è che un terzo di tutti gli islamisti tedeschi si trova ancora nei punti caldi, mentre un altro terzo è già tornato a casa. Solo il 12% di quest’ultimi è stato arrestato, e il rimanente è all’estero oppure non si sa dove sia. Per quanto riguarda i fattori che stanno portando alla radicalizzazione della popolazione tedesca, le analisi dicono che possiamo attribuire questo processo all’ambiente (54%), alle moschee Salafite (48%), alla promozione dei credo radicali in internet (44%), ai cosiddetti seminari sull’Islam (27%) così come alla distribuzione del Corano nelle città della Germania (24%).

Recentemente il desiderio dei migranti e dei rifugiati di raggiungere l’Europa è diventato una fonte di profitti illimitati per quelli che hanno provocato questo esodo, e cioè per l’ISIS e per le altre organizzazioni jihadiste, fa notare [in spagnolo] El Pais. Nel 2015, l’ISIS ha ricevuto più di 88 milioni di euro dopo aver imposto e improvvisato una “tassa” sul trasporto dei migranti in Libia. Gli ultimi tempi hanno visto un aumento dei profitti per il trasporto nel Mediterraneo, l’unica via rimasta aperta, e quelli che stanno fuggendo dall’Afghanistan devono seguire quasi la stessa strada. Secondo studi recenti, il traffico di immigrati ha sorpassato “ogni altra fonte di guadagno da attività illegali nella regione” cioè quelle tipiche del dopo Gheddafi: traffico di droga (13-18 milioni di euro), traffico d’armi (13-27 milioni di euro) e il commercio di sigarette e di farmaci (9 milioni).

In queste condizioni, dovrebbe essere un elemento cardine delle politiche europee e americane la lotta all’ISIS, ad Al-Qaeda e agli altri gruppi islamisti radicali che stanno operando in Siria, Iraq e Libia.

Ma purtroppo non è così.

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Articolo di Jean Périer pubblicato da New Eastern Outlook il 4 dicembre 2016
Traduzione in italiano a cura di Chiara per SakerItalia

[Le note in questo formato sono del traduttore]

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