Questo articolo è la seconda parte di tre interventi dell’analista Marco Tombino. La prima parte, dal titolo La Guerra Fredda Nascosta, è stata da noi pubblicata lo scorso 20 ottobre.
Sul continuo accerchiamento politico, economico e militare che i paesi della NATO stanno operando nei confronti della Federazione Russa si è scritto più volte anche su questo sito: dalle sanzioni con pretesti fasulli (vedasi caso Skripal), alla propaganda mediatica su inesistenti aggressioni russe ai danni dei paesi occidentali (vedansi le sparate sugli “attacchi hacker”) fino ad esercitazioni militari imponenti come la recentissima Trident Juncture. Un po’ meno, forse, sono stati approfonditi i propositi di tale ciclopica politica antirussa, ossia quale scopo la regia di Washington si propone di ottenere con questo massiccio investimento, che oltretutto ha ricadute negative enormi sull’economia occidentale in genere ed europea in modo particolare.
Più che un confronto militare diretto, con ogni probabilità i paesi NATO cercano di ottenere ciò che storicamente accadde tra il 1989 e il 1991 con l’allora Unione Sovietica: un collasso totale economico con conseguente disintegrazione territoriale dello stato avversario. È ovvio che gli USA e i loro alleati non escludano la possibilità di un conflitto armato con il “nemico”, ma è lecito supporre che tengano questa opzione come extrema ratio, ben consapevoli che, in caso di scambio nucleare NATO-Russia, l’Occidente risulterebbe – anche nella più rosea e fantascientifica delle ipotesi – talmente distrutto e compromesso da non essere più competitivo con parecchi paesi che ora vengono considerati Terzo Mondo.
Quindi, uno scenario tipo sovietico anni ’80 è il sogno della classe dirigente americana. Ed è un sogno neppure tanto celato: Zbigniew Brzezinski scriveva, nel suo libro “La grande scacchiera: l’America e il resto del mondo” del 1997, che la Russia avrebbe dovuto smembrarsi in tre stati, uno europeo, uno siberiano ed uno asiatico-pacifico. Stiamo parlando dell’epoca in cui Boris Eltsin era in carica come presidente, e in cui il pubblico non poteva nemmeno sospettare relazioni ostili tra i due paesi. Ciononostante Brzezinski, il più autorevole esperto statunitense di geopolitica e molto ascoltato alla Casa Bianca, individuava già nella residua superpotenza russa una minaccia esistenziale di cui sbarazzarsi quanto prima.
Ma la Federazione Russa rischia davvero di implodere come accadde all’URSS ormai quasi trent’anni or sono? Con buona pace per i propositi degli Occidentali, molto probabilmente questo non potrà accadere, nonostante la Russia sia oggi un paese più piccolo e, sulla carta, moto più debole del suo genitore sovietico: cento milioni di abitanti in meno, un PIL paragonabile a quello italiano, un’economia che stenta a crescere. E le ragioni della sua solidità sono essenzialmente di tre ordini: una economica, una politica e una psicologica.
Motivazione economica: si rimprovera spesso la Russia di avere un bilancio fragile ed un’impostazione commerciale troppo dipendente dalle esportazioni di prodotti energetici. Ma proprio perché è un paese esportatore di materie prime, con il territorio più vasto del mondo e a bassa densità di popolazione (8,5 abitanti per km² contro i 206 abitanti per km² dell’Italia, tanto per fare un paragone) rappresenta anche una nazione autosufficiente; sarebbe quindi in grado di fare fronte ad un embargo totale da parte dell’Occidente, tenendo presente che rimarrebbero sempre paesi del mondo – tra cui Cina e India, ossia la metà del genere umano – che non paiono assolutamente orientati a boicottare Mosca in termini economici, e che le eviterebbero pertanto di dover adottare un regime di vera autarchia.
Motivazione politica: l’URSS trent’anni fa implose soprattutto a causa di un grave conflitto di potere interno al PCUS, che era il partito unico dell’Unione. Oggi, checché ne dica la propaganda occidentale, la Federazione Russa è un paese pluralista, con diversi partiti che si contendono i seggi alla Duma, e che presentano candidati alle elezioni presidenziali. Il partito attualmente maggioritario, “Russia Unita” di Putin, per quanto saldamente al potere, deve comunque fare i conti con un’opposizione che aspetta solo il momento giusto per emergere, come si è visto nelle elezioni amministrative di questo settembre, in cui il Partito Comunista ha registrato una buona affermazione sulla scia delle proteste per l’impopolare riforma delle pensioni recentemente varata. Pertanto, una lotta di potere così catastrofica fra le varie fazioni di “Russia Unita” è molto poco probabile, anche se non impossibile, e anzi nel caso di una crisi interna del partito di maggioranza rischierebbero di affermarsi le principali opposizioni, quella comunista e quella ultra-nazionalista del Partito Liberaldemocratico, le quali avrebbero atteggiamenti molto più ostili nei confronti della NATO di quelli espressi fino ad oggi dall’esecutivo di Putin.
Motivazione psicologica: è la più importante di tutte, e quella di gran lunga determinante. Nel secolo scorso l’URSS si faceva promotrice di una rivoluzione mondiale che portasse tutto il pianeta al marxismo, o perlomeno a qualche forma di socialismo, e soprattutto durante la Guerra Fredda si impegnava ad ogni livello per promuovere e finanziare partiti rivoluzionari e movimenti di guerriglia. Insomma era una nazione “in attacco”, espansionista, da cui l’Occidente e gli USA cercavano in qualche maniera di difendersi. Oggi invece le parti sono completamente invertite: la NATO si espande, cerca di promuovere rivoluzioni e governi anti-russi nei paesi di area ex-sovietica, e avvicina le proprie armi convenzionali e nucleari ai confini della superpotenza rivale. I cittadini russi, che sono tutt’altro che stupidi, hanno ben chiara la situazione, e sono coscienti di essere aggrediti, non aggressori. Chiunque abbia avuto un minimo a che fare coi Russi sa bene che sono un popolo che non accetta di essere preso in giro, e che reagisce brutalmente alle offese. A parte una minuscola e ininfluente minoranza filo-americana, la stragrande maggioranza dei Russi è consapevole di essere oggetto di minacce, ed è allineata con la propria classe politica nella difesa dell’indipendenza nazionale e dell’integrità territoriale, a cui nessuno è più disposto a rinunciare. Non è un caso che i sondaggi elettorali abbiano registrato il “picco” di popolarità di Vladimir Putin nel 2014, ossia immediatamente dopo i fatti di Euromaidan in Ucraina e la successiva riunificazione con la Crimea, anche se questo ha comportato le prime sanzioni occidentali con la conseguente crisi economica e occupazionale che ne è derivata: i Russi avevano perfettamente capito di essere oggetto di un accerchiamento militare, ed erano determinati a difendersi. Detto in altre parole, scene da primi anni ’90, con un Eltsin in piazza e il popolo pronto a disfarsi di una dittatura asfissiante non sono più possibili, e pertanto non è minimamente congetturabile che si verifichi un collasso dello Stato russo con relativa decomposizione territoriale.
Ed è questa, purtroppo, la motivazione per cui il disastroso epilogo di un confronto militare tra superpotenze diviene lo scenario più probabile. La Seconda Guerra Fredda in corso ha soltanto due possibili esiti: o il tracollo del blocco occidentale per motivi interni, o la guerra termonucleare totale. L’opzione di una “Russia che si scioglie” è destinata a rimanere una favoletta fantasy dei libri di Brzezinski.
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Articolo di Marco Trombino per Saker Italia
Esiste un terzo epilogo possibile, che ritengo imminente ed il più probabile, ed è un intervento divino straordinario (Fatima-Medjugorie) che costringa l’occidente (attraverso evidenti punizioni divine), a dialogare con la Russia per aiutarla a costruire un mondo migliore.
Putin e la Russia hanno avvisato l’Occidente che non si faranno sorprendere come Stalin nel giugno del 41dall’attacco da Ovest dei Tedeschi-Nazisti.
Trump vorrebbe ma non può trattare un nuovo ordine Mondiale multilaterale perché il complesso finanziario-economico-militare non potrebbe prosperare in un clima di Pace; la Guerra è la ragione di esistenza di costoro.
I russi e i popoli europei dovranno sperimentare che il conflitto non sarà fra un Regime ed un altro ma fra Privati banditi USA ed Europei che, professano una filosofia politica e ne mettono in. pratica un’altra fondata sul colonialismo economico tramite gli eserciti ed il terrore atomico.