Da quando è stata sparata l’ultima cannonata è passato già abbastanza tempo da poterne dimenticare il suono. La tregua si mantiene. Questo da una parte dà speranza, ma dall’altra genera attacchi di leggera paranoia.
Le piogge battenti sono terminate. A Donetsk ha fatto il suo arrivo l’autunno vero, quello colorato d’ambra delle cartoline. Come in una commedia romantica ambientata a New York, ma con tinte locali. La brezza trasporta l’odore delle foglie rinsecchite, delle mele mature e della pace che inesorabilmente si avvicina. Devo ammettere che tale odore tedioso è infinitamente gradito al mio olfatto di donciano.
Questo mese di settembre è, allo stesso modo in cui di fatto è stato anche l’intero 2014, come quel paio di calzini, difficile da trovare, facile da perdere, impossibile da dimenticare. Gli uni se ne sono andati via per tempo, gli altri, a causa dell’inadeguatezza delle informazioni a disposizione, hanno perduto quest’anno per sempre. Loro stessi, alla fine, si sono perduti.
Le strade deserte mi ricordavano la scuola nel periodo delle vacanze estive, quando ogni suono provoca un eco. I rari passanti erano figure sfuocate che camminano stringendosi ai muri delle case, sempre allerta, pronti, nel caso, a fiondarsi nel riparo più vicino. C’erano un sacco di foglie in terra, che nessuno nemmeno si sognava di raccogliere. E’ stato un brutto periodo, ve lo dico io. Adesso, per fortuna, è tutta un’altra cosa.
Dopo lunghi mesi di guerra
la città pian piano incomincia
a vivere una routine noiosa.
I misteri della determinazione dei prezzi, la data dell’accensione dei riscaldamenti che si avvicina, il nuovo anno scolastico, il problema di come trovare un’occupazione e delle elezioni non comprese del tutto all’ orizzonte: sono esattamente questi gli argomenti di cui parlano gli abitanti del Donbass adesso. E questo, credetemi, è un progresso notevole! La puzza della polvere da sparo se la porta via il vento giorno dopo giorno e le schegge dei proiettili che sono sparse qua e là vengono rimosse senza rimpianti. Sono quasi scomparsi del tutto anche i crateri delle cannonate. Li fanno ritornare in mente soltanto i rattoppi freschi nell’asfalto delle strade.
Tutti i giorni in città appare gente nuova. Nei mezzi pubblici, ma anche per la strada, ci sono una folla ed un frastuono insoliti. Quel sentimento strano, di quando, mentre a passeggio nel quartiere adiacente alla linea del fronte, si devono letteralmente evitare tutti quei ciclisti pazzi, che vanno avanti e indietro a tutta velocità, è veramente difficile da esprimere a parole. Poi, certamente, quì dappertutto vanno in giro i bambini. Piccoli, chiassosi ed irrequieti, corrono da tutte le parti spaventando pensionati e piccioni. Inoltre, a Donetsk ci sono talmente tante donne in stato interessante da provocare imbarazzo. L’amore e la bellezza, amici miei, salveranno questo pianeta peccaminoso.
Lentamente, ma con decisione, l’imprenditoria si sta risvegliando dallo stato di letargo. Si possono vedere cartelli con la scritta “prossima apertura”, cari al cuore di ogni “donciano”. Dire che gli imprenditori si affrettino a dar da lavorare a coloro che non hanno nulla, proprio non si può. Ma ciò è comprensibile, considerando che qualsiasi sforzo imprenditoriale consiste in primo luogo dei soldi, che si possono rimettere nel caso di una ripresa delle ostilità. Più rapidamente degli altri si attivano le imprese di ristorazione. E’ apparso addirittura qualche specie di fast-food. Sebbene a noi manca ancora molto il “cibo di plastica” del vecchio McDonald.
La vita rientra nel binario della normalità. Ci sono sempre meno mezzi corazzati per le strade, sempre più automobili civili nei parcheggi e nei cortili. I parchi si riempiono di gente che fa attività sportive, i negozi di clienti. Camminando la sera per strada si incontrano gruppi di quattro o cinque persone. Si pensa ad una pattuglia della milizia, ma in effetti sono dei giovani che se ne sono andati a spasso, o un piccolo gruppo di pensionati che hanno liberato una panchina nelle vicinanze. E’ molto difficile non rallegrarsi di tali eventi, a prima vista banali.
Comunque ci sono i suoi problemi. Sia il rapido aumento dei prezzi di tutti i generi di merce, sia trovare un’occupazione, e molto altro ancora. Ma noi abbiamo fiducia in un futuro migliore, perché il peggio è già passato, e lì non ci si sta bene.
Dal momento in cui è stata sparata l’ultima cannonata, è passato già abbastanza tempo, da poterne dimenticare il suono, la tregua si mantiene, questo da una parte da’ speranza, ma dall’ altra genera attacchi di leggera paranoia.
Qui, sapete, siamo abituati che se il peggio può venire, allora viene di sicuro.
Capire cosa avverrà in seguito, in questo momento non è decisamente possibile. Ma a mio modesto parere, ormai a combattere non ci si metteranno più. Le dichiarazioni belligeranti di determinati politici sono, per me, soltanto uno zuccherino per l’elettorato. Vogliamo credere che dopo le ennesime elezioni, Kiev improvvisamente si scordi come si fa a parlare il linguaggio delle armi, e ciò che è accaduto si riveli cosa del passato che più non si ripeterà. Un secondo Pridnestrovje? Anche se fosse! Ormai è meglio essere un secondo Pridnestrovje che una seconda Grozny del tipo visto nel 1995. Prendetemi sulla parola. Inoltre, ancora tutto può cambiare in meglio.
Nel frattempo ci godiamo le giornate autunnali tiepide e tranquille, poiché dopo, in ogni caso, verrà l’inverno, che è sempre presente da qualche parte qui vicino.
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Articolo di Igor Gormolskij pubblicato su Oknovdonbass il 18 settembre 2015
Traduzione in italiano a cura di Pueno e Maria Italiani per Sakeritalia.it
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