Annibale, durante la seconda Guerra Punica, portò Roma sull’orlo del disastro. L’esercito di Cartagine aveva marciato attraverso tutta l’Italia come se fosse stato nel cortile di casa. Però, alla fine, Publio Cornelio Scipione Africano Maggiore riuscì a trasferire il teatro delle operazioni in Africa, distruggere gli eserciti di Cartagine, sconfiggere l’invincibile Annibale e imporre la pace nei termini di Roma.
La vera vittoria su Annibale non fu però di Scipione, brillante tattico, ma piuttosto di quel profondo stratega e grande uomo politico di Quinto Fabio Massimo, detto Cunctator (Temporeggiatore). I romani non lo avevano eletto Console e neanche Dittatore durante il periodo della guerra. Fabio Massimo rimase un politico influente anche al di fuori di ogni carica politica ufficiale. La sua autorità personale fu rafforzata dall’elezione al Collegio dei Pontefici e a portavoce del Senato (Princeps Senatus). I suoi protetti e i membri della sua famiglia divennero consoli, mentre le offerte sacrificali dei suoi oppositori non “erano gradite agli dei”, al punto che, in diverse occasioni, furono cancellati i risultati delle elezioni.
Quale era la strategia di Fabio Massimo? Era la giusta miscela di ingredienti per combattere Annibale. L’esercito cartaginese era fondamentalmente diverso da quello di Roma. L’esercito romano era formato da cittadini (reclute, coscritti), mentre quello cartaginese da mercenari. Nelle mani di un comandante di talento come Annibale, un simile esercito diventava uno strumento molto potente, tant’è che i romani, nei primi anni di guerra passarono da una sconfitta catastrofica all’altra. Annibale riuscì ad aumentare il numero delle sue truppe non solo grazie alle tribù galliche che vivevano nella Valle del Po, ma anche al fatto che passarono dalla sua parte gli alleati di Roma nel Centro e Sud Italia. Perciò ogni sconfitta subita da Roma voleva dire non solo la perdita di un esercito, cosa in sé abbastanza dolorosa (Cartagine perdeva dei mercenari, Roma dei propri cittadini), ma anche la perdita di alleati preziosi.
Ne deriva che Fabio Massimo fece l’unica scelta corretta possibile: togliere ad Annibale la possibilità di conseguire ancora nuovi successi. L’esercito di Roma doveva ostacolare le manovre di Annibale con la sua presenza, distruggere distaccamenti locali, dare man forte agli alleati e, quando possibile, punire quelli che avevano tradito, ma evitare a tutti i costi un confronto diretto. In una sola occasione i consoli, nell’anno 216 A.C. decisero di abbandonare questa strategia ed organizzarono un’offensiva contro le posizioni di Annibale a Canne. La conseguente sconfitta fu talmente catastrofica che una disfatta del genere la ritroviamo solo nel 378 D.C., all’apice del potere di Roma, quando l’Imperatore Valente morì nella battaglia di Adrianopoli alla testa delle sue truppe. Attraverso la strategia di Fabio Massimo Roma logorò Annibale per un intero decennio. Solo allora divennero possibili le vittorie di Scipione Africano. Comunque, anche allora il Temporeggiatore riprendeva nuovamente le attività offensive pensando di poter farla finita con Annibale e Cartagine senza eccessive perdite, considerando che l’esercito mercenario, in mancanza di grandi vittorie, si stava indebolendo e disintegrando e che, parallelamente al peggiorare della situazione al fronte, cresceva il disaccordo fra Annibale e Cartagine. Una battaglia, dopo tutto comporta dei rischi.
Proprio ora stiamo vedendo la Russia adottare un’identica strategia nel suo conflitto con gli Stati Uniti. Questa strategia non è nata oggi, ha permesso alla nazione di sopravvivere dopo i distruttivi anni’90 e le ha fatto recuperare forza sufficiente per accettare la sfida lanciata da Washington. Proprio così, fino al vertiginoso successo del ritorno (alla Russia) della Crimea e fino a che nel Donbass non si è versato sangue, la gente non si era neanche accorta che fra Stati Uniti e Russia c’erano differenze inconciliabili e che le due nazioni si muovevano verso un conflitto aperto. E’ stato interesse della Russia ritardare lo scontro il più a lungo possibile. In più, come risultato del tempo guadagnato, gli Stati Uniti si sono indeboliti in una serie di conflitti locali sparsi per il mondo. La Russia nel frattempo è diventata più forte, ha sostituito la vecchia élite al potere (senza alterare l’equilibrio politico interno), ha rafforzato il ruolo dello stato nell’economia, ha riarmato l’esercito, ha rinsaldato vecchie alleanze e ne ha fatte di nuove. La Russia molto tempo fa ha iniziato a cambiare l’equilibrio delle forze e sta continuando a farlo anche adesso che il confronto con Washington è diventato realtà.
Comunque, la mancanza di trionfali riunificazioni dopo quella della Crimea, di parate militari nelle città liberate dai nazisti e lo spargimento di sangue nel Donbass, hanno permesso a diversi commentatori politici, come ai romantici immaturi, di lamentarsi in continuazione sul fatto che “Putin ha paura di far arrabbiare gli Stati Uniti”, “Surkov sta rispedendo il Donbass all’Ucraina” e il solito “hanno tradito tutti quanti”.
D’accordo, Putin è il Capo dello Stato e Surkov si occupa della situazione in Ucraina. Per valutare il loro lavoro non bisogna però ascoltare solo i loro detrattori. Il fatto è che né Putin né Surkov hanno mai avuto un dibattito pubblico con i sostenitori della teoria del “tradimento”. D’altro canto questa è una cosa da non farsi alla leggera, perché quando un uomo politico apre una discussione con qualcuno di politicamente irrilevante, automaticamente lo innalza al suo stesso livello, ne aumenta l’importanza e magari gli procura anche nuovi alleati. Per contro, la mancanza di risposte dirette a queste accuse isteriche scoraggia una parte della società (quelli che di solito non pensano con la propria testa), la gente che non riesce a valutare correttamente la situazione si attaccherà alla prima spiegazione plausibile. Questo è un approccio sbagliato perché una parte della società (piccola, ma politicamente attiva e di orientamento patriottico) si ritroverà con i capi indegni e inizierà a muoversi nella direzione sbagliata, rendendo più difficile per lo stato il raggiungimento di quello stesso obbiettivo da loro voluto.
Dal momento che i media di Stato russi non si contraddistinguono per la loro iniziativa e non riescono a trattare nessun problema senza indicazioni dall’alto, cercheremo di capire, in maniera indipendente e sulla base dei fatti conosciuti, se le accuse di inefficacia della politica verso l’Ucraina di Putin e Surkov siano vere. Comincerò col dire che, dal mio punto di vista, accusare Vladimir Vladimirovich e Vladislav Yuryevich di cercare la pace a tutti i costi e di essere pronti a “rispedire il Donbass all’Ucraina” è, come minimo, una distorsione dei fatti, e al più una palese bugia. In questo momento, anche secondo i sostenitori della teoria del tradimento, la milizia dispone di un esercito ben armato di 55.000 60.000 uomini. Un anno fa tutto quello che c’era erano delle bande partigiane di non più di 15.000 uomini. E’ quasi imbarazzante chiederlo, ma chi ha messo su quell’esercito?
L’attività economica nel Donbass sta rifiorendo, alcune industrie hanno ripreso il lavoro, le banche funzionano, ci sono i soldi per pagare salari e pensioni e, per quanto strano possa sembrare, l’80% della valuta circolante sono rubli russi. Gli studenti stanno ottenendo tessere a punti e diplomi che permettono loro di accedere non solo alle università locali, ma anche a quelle russe. Anche solo un anno fa questo era un grosso problema. Il bombardamento di Donetsk non era ancora neanche iniziato ma i ragazzi non potevano ricevere i documenti che attestassero il loro titolo di studio, non ne avevano e l’Ucraina non ne rilasciava. Adesso questo problema è stato risolto insieme a molti altri.
La leadership delle repubbliche è stata legittimata, non solo attraverso elezioni, ma anche in parte, di fronte alle organizzazioni legali internazionali. Nonostante tutto il parlare di “amici” e “partners”, durante i colloqui di Minsk2 Plotnitskiy e Zakharchenko sono stati riconosciuti come interlocutori politici non solo da Kiev, ma anche da Berlino e Parigi, dal momento che anche le loro firme sono state apposte sui documenti dell’accordo. L’OSCE ha contatti ufficiali con le autorità sia di Donetsk che Lugansk. Si stanno lentamente ritagliando il ruolo di attori internazionali.
Ancora una volta, è imbarazzante chiederlo, perché se Putin comanda Surkov, che a sua volta da ordini a Zacharchenko e Plotnitskiy, allora perchè Putin e Surkov stanno armando e addestrando un esercito, ristabilendo istituzioni statali e anche facilitando la crescita di legami con la Russia in territori che stanno pensando di cedere? E se Putin non da ordini a Surkov e Surkov non ha nessuna influenza su Zacharchenko e Plotnitskiy e se per tutto quello che ora c’è nel Donbass bisogna dir grazie ai legami della milizia con il vecchio Khottabych (personaggio di una fiaba russa, NdT), allora è a Khottabych che bisogna chiedere di Minsk, delle offensive, dei bombardamenti e di tutto il resto.
Per verificare la correttezza delle mie affermazioni, si può ricorrere ad un altro metodo: sentire cosa dice il nemico riguardo a tutto questo. Come ho già scritto prima d’ora, il termine “propaganda di Surkov” è comparso fra i liberal-traditori proprio dopo una delle loro visite all’Ambasciata Americana. Questo è successo molto tempo fa, può essere cambiato qualcosa da allora?
No, nulla è cambiato. Kiev incolpa Surkov di aver personalmente organizzato l’uccisione dei Cento Eroi Celesti e allo stesso tempo accusa Putin di aver chiesto a Yanukovych di aprire il fuoco sui dimostranti del Maidan. Perciò Kiev, anche senza prove, continua nel tentativo di colpevolizzare Putin e Surkov per l’escalation degli eventi in Ucraina.
Ma questi sono eventi della fine del 2013, inizio 2014. Può essere che quelli che dicono che a quell’epoca Putin volesse annettersi tutta la Novorussia (o tutto il Donbass) e poi non lo abbia fatto perché spaventato, abbiano ragione. Ma non è così: Jeffrey Pyatt, l’ambasciatore americano in Ucraina e di fatto reggente dello stato ucraino, ha dato un’intervista a Forbes, pubblicata il 3 luglio 2015. Pyatt dice che: “Contrariamente alle intenzioni del Cremlino, l’Ucraina ha mantenuto la sua unità e i piani di Surkov di aprire una spaccatura all’interno della nazione e di provocare una guerra civile in Ucraina sono completamente falliti”.
Solo il tempo dirà quanto giuste siano le affermazioni dell’ambasciatore, tipo “Obama ha appena fatto a pezzetti l’economia russa”, ma anche ora, nel luglio 2015, gli Stati Uniti sono certi che Putin (il Cremlino) e Surkov stanno sviluppando “un piano per scatenare una guerra civile in Ucraina”. Di tutta l’intera leadership russa, sono questi due che provocano a Washington la maggior irritazione. Non fa meraviglia che i liberali russi facciano eco a quello che dice Washington, quello che stupisce è che nel coro ci si mettano quelli che vogliono farsi chiamare patrioti russi.
Tutte le volte che i romani si discostarono dai principi strategici voluti da Fabio Massimo il Temporeggiatore e cercarono eroicamente di sconfiggere Cartagine sul campo di battaglia, vennero sempre sbaragliati da Annibale. Alla fine i romani si arresero al fatto che la strategia del Temporeggiatore, anche se per loro incomprensibile, era vincente e così la smisero di fare esperimenti.
La guerra nel Donbass continua, nessuno è in grado di fermarla. Il Cremlino sta pianificando la vittoria e non solo nel Donbass. Il nemico è forte, intelligente e non rispetta nessuna regola. Il desiderio personale di rompersi l’osso del collo in uno scontro frontale può sembrare nobile, ma un conto è rischiare a livello personale, un altro rischiare l’intera nazione.
Se un soldato vuole combattere può andare nel Donbass e morire là. Per Esempio, il Colonnello-Generale Werner von Frisch che aveva avuto dei dissapori con Hitler e che era stato rimosso dal comando, prese parte alla campagna di Polonia del 1939 come comandante del 12° Reggimento di Artiglieria e morì a Varsavia il 22 settembre.
In ogni caso un uomo politico non ha il diritto di rischiare una nazione in nome di un bel gesto.
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Articolo di Rostislav Ishchenko pubblicato su Fort Russ il 07/07/2015
Traduzione in italiano a cura di Mario per Sakeritalia.it
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