• È raro che un singolo individuo faccia tanta differenza come è stato per l’iconico ex comandante militare dei ribelli del Donbass
• Egli ha recentemente concesso un’intervista ed ha confermato di aver agito in ogni momento indipendentemente dalle autorità di Mosca.
Il leader dei ribelli del Donbass che porta il nome di Igor Strelkov, è forse l’individuo più interessante che è emerso dal conflitto ucraino.
L’importanza di Strelkov per il successo della rivolta nelle sue prime, critiche settimane, non può essere sopravvalutata.
Fra aprile e luglio, ha condotto una brillante difesa delle città di Slavyansk e Kramatorsk contro la schiacciante superiorità dell’esercito ucraino, inchiodandolo e prevenendone l’attacco a posti molto più importanti come Donetsk e Lugansk, dando alla rivolta il tempo e lo spazio necessario a consolidarsi.
Strelkov è diventato un nome familiare nel mondo russo. Da carismatico e stimolante leader quale è, conserva un seguito devoto molto oltre il Donbass. Forse i paragoni migliori sono quelli con la popolarità del Gordon di Khartoum nell’Inghilterra vittoriana, o con la popolarità del John Brown negli Stati Uniti prima della guerra civile. Proprio come molti britannici non hanno mai perdonato a Gladstone il suo insuccesso nel salvataggio di Gordon a Khartum, così numerosi sono i russi molto critici verso Putin per il suo fallimento nel salvare Strelkov mentre era assediato a Slavyansk.
Una persona capace di questi risultati è, per definizione, una persona rara e, come Gordon di Khartoum e John Brown di Harpers Ferry, Strelkov lo è di buon merito.
Si conosce singolarmente poco di lui o della sua vita privata o della sua carriera precedente. Le affermazioni che lui abbia servito in precedenza nei servizi di sicurezza interna russi, il FSB, o nello spionaggio militare russo, il GRU, sembrano originate da fonti ucraine e non sono state mai confermate sicuramente.
I governi occidentali ed il governo del Maidan in Ucraina dicono che il suo nome sia “Igor Girkin” e lo chiamano invariabilmente così. Forse è il suo vero nome, ma per i russi lui è semplicemente Strelkov e questo è come lo conoscono e come lo ricorderanno.
Rapporti occidentali e ucraini lo vogliono in ogni sorta di conflitto precedente fino alla guerra in Bosnia del 1992. Probabilmente avrà anche combattuto in alcune di queste guerre precedenti, ma i dettagli sono approssimativi ed i rapporti non sembrano molto affidabili.
Le idee di Strelkov si rifanno alla Russia pre-rivoluzionaria, e combinano una potente miscela di cristianità ortodossa, nazionalismo, anti-capitalismo con la sfiducia verso il liberalismo occidentale e la democrazia.
Si identifica con l’Armata Bianca che combatté i bolscevichi nella guerra civile. Alcuni lo direbbero monarchico anche se non è chiaro se per le cose che ha detto o per le idee e i presupposti che altri hanno proiettato su di lui.
Di un programma politico coerente non ce n’è traccia. Lo stesso Strelkov ne sembra consapevole, e lo ascrive al suo non essere tagliato per la politica. Ha rifiutato costantemente di essere coinvolto in politica. Ha rifiutato le offerte di partecipazione nelle politiche dei nazionalisti russi o di prendere parte a dimostrazioni nazionaliste russe.
Un uomo tanto insolito è destinato ad essere un uomo difficile, e questo è esattamente ciò che Strelkov è.
Durante il periodo in cui è stato in carica prima a Slavyansk e poi a Donetsk, Strelkov ha litigato con quasi tutti quelli con cui ha lavorato. Le notizie che uscivano da Slavyansk e Donetsk durante questo periodo erano una successione senza fine di licenziamenti, arresti e “dimissioni” forzate, che devono aver creato a Strelkov molti nemici all’interno della leadership dei ribelli.
Uno dei suoi primi collaboratori, Alexander Borodai, ha messo in dubbio la presa di Strelkov sulla realtà. A tale proposito, tutto quel che si può dire è che un uomo più “realistico” non avrebbe tenuto Slavyansk più a lungo di quanto abbia fatto lui.
Nella intervista più sotto, Strelkov fornisce alcune interessanti informazioni sui primi giorni della rivolta.
Da parte del governo dell’Ucraina e dei suoi sostenitori sia in Ucraina che in occidente, è un articolo di fede che Strelkov ( o “Igor Girkin”, come insistono a chiamarlo) sia un agente del GRU mandato da Mosca ad organizzare la rivolta nel Donbass.
Ciò è contraddetto recisamente dal resoconto di Strelkov. Secondo la sua versione, arrivò a Slavyansk dalla Crimea a capo di un gruppo di 51 combattenti di sua iniziativa, senza permessi o ordini da Mosca e senza il coinvolgimento e probabilmente perfino senza che nessuna agenzia russa di sicurezza o spionaggio ne fosse a conoscenza.
Gli eventi successivi confermano il racconto di Strelkov. Proprio come Gordon a Khartoum, la “strategia” di Strelkov a Slavyansk sembra essere stata quella di tenere la posizione più a lungo possibile nell’attesa che l’opinione pubblica in Russia avesse costretto Putin ad accorrere al suo salvataggio.
Tale “strategia” preclude per definizione ogni precedente coordinamento fra Strelkov e le autorità di Mosca, ed è chiaro che nessuna coordinazione o pianificazione sia mai esistita.
Con ovvio smarrimento di Strelkov, la sua “strategia” fallì perché Putin resistette alle chiamate di andare in suo soccorso. Al contrario di Gordon, e a grande credito di Strelkov, quando divenne chiaro il fallimento della sua strategia, ebbe l’accortezza di ritirarsi da Slavyansk, conservando le sue forze intatte.
Uno dei suoi più grandi successi come comandante è stata la ritirata incredibilmente abile da Slavyansk, durante la quale è riuscito a tenere unite le sue forze e ad evadere da una forza ucraina molto più grande che cercava di accerchiarlo.
Nelle varie interviste che Strelkov ha dato da quando è stato spodestato dal suo posto di ministro della difesa della Repubblica Popolare di Donetsk, inclusa quella più sotto riportata, lui continua a difendere la sua strategia originale nonostante il fallimento riportato.
Come spesso è il caso quando le persone cercano di giustificare una strategia che ha fallito, lui lo fa con affermazioni riguardo ciò che sarebbe potuto accadere se la sua strategia avesse avuto successo e Putin si fosse comportato nel modo che lui si aspettava.
La sua intervista contiene perciò affermazioni radicali sul come l’intera Novorussia (i cui confini non definisce) sarebbe stata liberata e sul come la guerra attuale si sarebbe potuta evitare se Putin avesse fatto ciò che lui desiderava.
Dei problemi che una “vittoria” così ottenuta poteva portare alla Russia, mostra poca comprensione o consapevolezza.
Questo non vuol dire che le affermazioni di Strelkov siano senza intuito. Ha sicuramente ragione quando sostiene che Putin ha largamente sottostimato l’ampiezza dell’ostilità occidentale sia verso la Russia che verso di lui personalmente.
Questo resta un errore ricorrente nella politica russa. I russi fanno continuamente l’errore di pensare che i leader occidentali siano razionali e realistici come i loro. Strelkov non fa questo errore, forse perché non essendo anch’egli “realistico” è più capace di capire il pensiero utopico dei fondamentalisti che dettano la politica di Washington.
Sono i “realisti” nel governo russo piuttosto che Putin stesso a provocare l’ira di Strelkov.
L’immagine di sé di Strelkov è quella di un soldato russo obbediente fino alla morte, nonostante sembri non avere uno trascorso professionale o storico nell’esercito russo.
Questa immagine di sé rende impossibile a Strelkov opporsi all’uomo che considera il suo comandante supremo, che è Putin. Poiché Strelkov non può opporsi a Putin, la cui foto è attaccata alla sua parete, attacca invece i funzionari di Putin, molti dei quali accusa di formare una “quinta colonna” traditrice che lavora ad indebolire la Russia per conto dell’occidente.
Il principale bersaglio di Strelkov è Vladislav Surkov, un alto funzionario russo che è riuscito nel dubbio risultato di entrare nella lista delle persone sgradite a tutti, dai liberali russi, ai comunisti russi, ai nazionalisti russi come Strelkov e perfino agli occidentali che l’hanno sanzionato direttamente dopo il referendum in Crimea.
Se l’intervista che riportiamo più sotto ci dà un esempio dell’intuito di Strelkov, ne mostra anche le limitazioni. Nella sua difesa e ritirata da Slavyansk della scorsa primavera Strelkov ha dimostrato una brillantezza tattica al più alto livello.
I suoi talenti sono tuttavia in operazioni di piccole unità e in quella che può essere chiamata guerra partigiana. Nel brutale combattimento convenzionale che è stato la caratteristica del conflitto in Ucraina da luglio in poi, egli è fuori posto. Come dice in una intervista “Non c’è gloria. Niente altro che danni.”.
Nel discutere sul corrente combattimento egli mostra poco apprezzamento della attuale strategia dei ribelli o del perché essa sia la sola strategia che possa permettere al Donbass ed al Cremlino di raggiungere i loro obiettivi politici. Infatti, come dice lui stesso, è proprio incapace di discernere una strategia.
Strelkov ha abbastanza saggezza da capire le sue limitazioni. Sembra di avere afferrato che per metà luglio 2014 il suo lavoro nel Donbass era finito. Nella intervista lascia intendere che le sue dimissioni forzate siano state dovute alla sua conosciuta opposizione a quello che poi è diventato il processo di pace di Minsk.
In gran parte questo è vero, ma come Strelkov ha ammesso da altre parti, nella guerra convenzionale in cui è diventato il conflitto in Ucraina egli era sempre più fuori dalle sue profondità. La sua rimozione era essenziale per l’entrata dei leaders politici e militari più professionali che hanno preso il suo posto.
Essi tuttavia non acquisteranno mai quelle qualità mitiche ed eroiche che saranno sempre attaccate a Strelkov. Ed è giusto così. La Novorussia di oggi deve la sua esistenza non a loro ma a lui ed alla particolare combinazione di idee e qualità che fa di lui l’uomo che è.
È raro per un singolo individuo fare così tanto la differenza, in qualità ed in quantità, come ha fatto Strelkov. Questa è una ragione sufficiente per essere ricordato. Come Gordon di Khartoum e John Brown di Harpers Ferry, la sua leggenda vivrà a lungo dopo che i dettagli di questo conflitto, e dei suoi successori, saranno stati dimenticati.
di Alexander Mercouris, sabato 7 febbraio 2015.
Articolo da Bloomberg
I critici di Putin dicono che si sia spinto troppo oltre sull’Ucraina. L’ex agente russo che ha aiutato la partenza del conflitto dice che il suo più grande errore sia stato quello di non essersi spinto abbastanza.
Putin si è reso “ostaggio” della guerra in Ucraina scegliendo di non annettere le regioni di Donetsk e di Lugansk dopo la presa della Crimea: questo è il pensiero di Igor Girkin, l’ex comandante dei ribelli soprannominato Strelkov, o Tiratore.
Se il Presidente avesse mandato le truppe a Donetsk e Lugansk per sostenere gli insorti come fece in Crimea, tutta la Novorussia, o Nuova Russia, il termine che i ribelli ed i loro sostenitori hanno rispolverato per identificare il pezzo dell’Ucraina sudorientale che era una volta parte dell’Impero Russo, sarebbe adesso riunita con la patria, ha detto Strelkov in una intervista a Mosca.
Ma Putin, “non capendo di aver superato la linea rossa occidentale,” ed influenzato dai “burocrati ed oligarchi presenti al vertice” ha deciso di fermarsi in Crimea, ha continuato Strelkov. “Adesso abbiamo una guerra che continuerà a crescere, sia che la Russia lo voglia o no”.
L’Ucraina, gli Stati Uniti ed i suoi alleati affermano che la Russia stia sostenendo le milizie con materiale, denaro e truppe, accuse che il Cremlino ha ripetutamente negato. La Russia dice che l’Ucraina stia conducendo una guerra contro i suoi propri cittadini e discriminando quelli che parlano in russo, la maggioranza a Donetsk e Lugansk.
Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha detto che è sbagliato caratterizzare il Presidente come un ostaggio del conflitto, e si è rifiutato di commentare sul sostegno russo nei riguardi della insurrezione.
Strelkov, 44 anni, è uno storico ed un monarchico che si è ritirato dal Servizio di Sicurezza Federale nel 2013 come colonnello, lo stesso grado di Putin, dopo aver servito in zone di guerra come la Bosnia, la Transnistria e la Cecenia. È accusato di terrorismo da governo ucraino e sottoposto a sanzioni da perte di Stati Uniti ed Europa per il suo ruolo nel conflitto.
Dopo essersi offerto come volontario per organizzare il referendum in Crimea sull’unione alla Russia, Strelkov ha detto di aver condotto un convoglio di 51 combattenti verso nord-est dalla penisola sul Mar Nero nei primi giorni di Aprile verso Slovyansk, una città nella regione di Donetsk, per sostenere le proteste pro-russe dopo la cacciata del Presidente Viktor Yanukovych appoggiato dal Cremlino. Il voto e la successiva annessione della Crimea furono condannati dagli Stati Uniti e dalla Unione Europea come una violazione della legge internazionale.
Armati con fucili d’assalto Kalashnikov ed indossando passamontagna, gli uomini sequestrarono velocemente il comune ed il quartier generale della locale polizia, accendendo un conflitto che ha reclamato finora più di 5.300 vite, secondo stime delle Nazioni Unite. Ciò ha anche portato al peggior confronto in Europa fra la Russia e gli Stati Uniti e i suoi alleati dai tempi della guerra fredda.
Le autorità russe non erano coinvolte nell’operazione di Slavyansk, ha detto Strelkov. Si è rifiutato di commentare sui reclami avanzati dalla Ucraina ed i suoi alleati riguardo le migliaia di truppe ed agenti operativi che la Russia ha fatto successivamente filtrare nella regione.
“Credo che alcuni servizi speciali della Russia” conoscessero il piano, ma essi “non fornirono nessun sostegno diretto” ha detto nel suo ufficio del Movimento Novorussia, decorato con icone religiose e ritratti di Putin. Ha detto che le prime persone uccise nella guerra furono degli agenti di sicurezza ucraini che cercarono di fermare il suo convoglio.
L’Ucraina e i suoi alleati hanno accusato i ribelli di aver abbattuto il volo MH17 della Malaysia Airlines con un sistema missilistico russo il 17 luglio, uccidendo le 298 persone a bordo. Strelkov, o qualcuno usando il suo account sul social network russo Vkontakte, si vantava dell’abbattimento di un aereo ucraino all’incirca negli stessi momenti in cui il Boeing 777 spariva dagli schermi radar. Quel post è stato rapidamente cancellato, sebbene copie di esso siano state archiviate in Internet.
Strelkov ha dichiarato che i ribelli non hanno giocato alcun ruolo nell’incidente della Malaysian Airlines. Poche settimane dopo la tragedia, che è sempre sotto inchiesta, si è dimesso da ministro della difesa della autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk ed è ritornato a Mosca, dove è sempre rimasto.
Strelkov ha detto di essere stato “buttato fuori dal gioco” senza altre spiegazioni. Ha sostenuto che divenne chiaro come “sarebbe stato distruttivo” rimanere, per lui, perché non avrebbe mai appoggiato quell’accordo politico che la Russia stava cercando di raggiungere.
Una tregua provvisoria firmata a settembre a Minsk, in Bielorussia, è stata del tutto ignorata, con l’aumento dei combattimenti mentre gli insorti cercano di espandere l’area sotto il loro controllo. L’intensificazione è “un tentativo di spostare la linea del fronte ad una distanza di sicurezza” dalle città tenute dai ribelli, ha detto.
“L’Ucraina ha usato i quattro mesi trascorsi da Minsk per riconsolidare al massimo l’esercito, e risolvere la questione con la forza” ha aggiunto Strelkov, aggiungendo che adesso è “impossibile” respingere le forze del governo ucraino fuori da tutto Donetsk.
Il governo a Kiev dice che le sue truppe sono sulla difensiva contro gli insorti che hanno guadagnato circa 500 chilometri quadrati rispetto gli accordi di Minsk. Il mese scorso i ribelli hanno catturato lo strategico aeroporto di Donetsk.
Angela Merkel e Francois Hollande vanno a Mosca venerdì per incontrare Putin in un tentativo di impedire al conflitto di uscire fuori controllo. I leaders tedesco e francese si fermeranno a Kiev a discutere una “nuova iniziativa” per risolvere la crisi, giunta ormai al 10° mese, con il presidente ucraino Petro Poroshenko, che si incontrerà questo pomeriggio con il segretario di stato statunitense John Kerry.
Se il Cremlino ha un piano per risolvere la crisi, Strelkov ha detto che lui non l’ha visto. “È come quel gioco con la liceale incinta che crede che il feto si scioglierà” ha detto. “Forse Mosca sta scommettendo sulla disintegrazione della Ucraina, ma questo non succederà a breve”.
I più recenti colloqui di pace, quelli di sabato, sono falliti perché i rappresentanti dei militanti di Donetsk e Lugansk non erano “neanche preparati a discutere” su un cessate il fuoco, secondo la Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa, che ha organizzato l’incontro insieme a funzionari russi ed ucraini.
Strelkov, fra i cui hobby c’è il ricreare battaglie militari dell’era zarista, ha detto che la campagna in Ucraina si è deteriorata in un imbarazzante ed “assurdo” facsimile del tipo di scontro fra trincee visto durante la prima guerra mondiale.
“Non c’è gloria,” ha detto. “Nient’altro che danni.”.
Con i suoi servizi non più richiesti in Ucraina, Strelkov ha detto che sta aiutando in altri modi, come raccogliere fondi per comprare forniture umanitarie per la popolazione locale. Egli sta lavorando anche ad altri progetti, compreso come aiutare Putin in caso di un tentativo per “spodestarlo”. Strelkov ha detto che se fosse parte delle istituzioni statunitensi, lui incoraggerebbe un tale tentativo.
Avrebbe senso per gli Stati Uniti cercare di suddividere la Russia in “sette o dieci entità” ha detto Strelkov. “Io sono stato addestrato a ragionare come il nemico.”.
Per quanto riguarda il dilemma che Putin si trova ad affrontare nella più grande sfida alla sua presidenza, Strelkov ha detto che è questione di tutto o niente:
“La guerra in cui siamo entrati, sia che l’abbiamo voluta o no, porterà o alla distruzione della Russia o alla resurrezione della nostra élite nazionale.”
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Traduzione a cura di Fabio San per SakerItalia.it
Articolo di Alexander Mercouris del 7 Febbraio 2015
Bellissimo articolo. Non c’é dubbio che il destino di Strelkov sia quello di entrare nella leggenda. Alcuni aspetti della sua personalità ricordano molto quelli del nostro Garibaldi. Ad esempio la lontananza dal mondo politico, la fedeltà al capo della Nazione (il Re per Garibaldi e il Presidente Putin per Strelkov), l’intelligenza tattica nelle azioni di guerriglia e , infine, le doti di Comandante carismatico. Anch’ìo penso che Putin avrebbe dovuto intervenire, senza indugio, per strappare la Novorossija a Kiev a partire da da Donetsk fino ad Odessa. Però Putin ha una mentalità strategica ed usa percorsi imprevedibili per raggiungere il suo obiettivo. Staremo a vedere come andrà a finire….
Per quanto riguarda Garibaldi, credo che “l’intelligenza tattica” stia tutta nella preparazione dell’intervento dei mille (pochi sognatori in buona fede, molti mercenari, e un buon numero di delinquenti comuni) su un suolo sovrano. Infatti, la farsa della liberazione del popolo meridionale da un Re oppressore, “il cui regno era caratterizzato da ignoranza e volgarità”, aveva previsto l’infiltrazione di massoni nei ranghi dell’esercito borbonico che, tranne in qualche caso, rese, la cosiddetta impresa “eroica” garibaldina, una passeggiata. Una sorta di fotocopia degli eventi che hanno coinvolto Bashār al-Asad, Muʿammar Gheddafi, Saddam Hussein. L’Anglosionismo, infatti, è solo un prolungamento di quello che fu il colonialismo britannico che ispirò il mito risorgimentale di un’Italia unita e agì nell’ombra per la dissoluzione del Regno delle Due Sicilie. Strelkov è altra cosa.
@ Salvatore Penzone – Mi trovi sostanzialmente d’accordo con quanto hai dovuto sintetizzare sugli avvenimenti che portarono alla proclamazione dello Stato italiano. L’Inghilterra favorì con ogni mezzo l’Unità d’Italia affinchè facesse da contrappeso alle aspirazioni egemoniche della Francia e perchè dovevano essere colmati i vuoti lasciati dal crollo dell’Impero Austro-Ungarico. A Camillo Cavour non importava niente dell’Italia unita, odiò il repubblicano Mazzini e fu nemico di Garibaldi pur costretto a servirsene; le sue azioni politiche ebbero come unico obiettivo l’espansione del Regno di Casa Savoia a spese del Regno delle Due Sicilie di cui furono predate le casse a vantaggio del Nord. Ed arriviamo a Garibaldi. Adepto della Giovane Italia di Mazzini, era inzialmente a favore di un’Italia indipendente e repubblicana, ma si rese ben presto conto che un’Europa governata da Monarchie avrebbe potuto accettare uno Stato italiano indipendente, ma NON un governo repubblicano. La missione della sua vita diventò, come ricorda nel suo testamento politico: “… meglio attenersi al gran concetto di Dante: ‘Fare l’Italia anche con il Diavolo ! ” Ed è per questo motivo, per far sì che l’Italia non fosse più preda di potenze straniere, come in passato, che l’Eroe accettò di avere a che fare con diavoli come Cavour e Vittorio Emanuele II. Nei suoi scritti e in quelli di altri garibaldini emerge insofferenza e riprovazione per i provvedimenti adottati dalla monarchia sabauda nei confronti del giovane regno d’Italia: il meridione da una condizione di povertà dignitosa, passò ai dolori della miseria e alla coscrizione obbligatoria. La nuova monarchia si impegnò a spazzare anche il ricordo della rivoluzione di Garibaldi che, durante la Dittatura assunta per 4 mesi, aveva osato emanare un decreto di assegnazione dei latifondi ai contadini.
Non condivido affatto, invece, il tuo giudizio estremamente riduttivo sulla persona di Garibaldi e le imprese dei suoi seguaci. Garibaldi è stato dapprima mitizzato, poi ridimensionato, infine sottovalutato. Ci sono migliaia di scribacchini che si sono procurati da vivere sfornando libri pieni di retorica, positiva o negativa, su questo personaggio senza esaminare le fonti primarie. Oltre alle cronache dei giornali internazionali del tempo, fondamentali sono i testi della coppia garibaldina Alberto e Jessie White Mario, di Abba e Bandi, di Giuseppe Guerzoni (segretario di G.G), di Gustavo Sacerdote,di Margaret Fuller e, ovviamente, le Memorie dello stesso Garibaldi. Senza la lettura di questi testi basilari non si riesce a trovare la giusta luce per inquadrare la grandiosità di questo personaggio: tutto il resto è ‘fuffa’. Per ripassare quei tempi ‘on line’ evitando il cartaceo, una buona sintesi sono i 47 capitoli sull’epopea garibaldina di ‘cronologialeonardo’
http://cronologia.leonardo.it/gariba/capitoli.htm
Ancora per @ Salvatore Penzone
Quello che mi sembra giusto confutare è la svalutazione dell’eroismo garibaldino e la tua affermazione sulla composizione dei ‘Mille’: “pochi sognatori… molti mercenari, e un buon numero di delinquenti comuni…”. Ci sono cronache ben precise sull’imbarco. A Quarto erano 1049 (in seguito una pattuglia sbarcò in Toscana per ingannare gli sbirri). Nella spedizione c’era una piccola quota dell’aristocrazia rivoluzionaria europea, scrittori, pittori ( i fratelli Cairoli, il figlio di Manin, G. Cesare Abba, Ippolito Nievo, G.Induno…); per la restante parte, il 50% dei volontari era composto da studenti e per l’altra metà erano rappresentate tutte le categorie sociali: proprietari terrieri, agenti di cambio, impiegati, negozianti, dottori, avvocati, ingegneri, fornai, facchini, albergatori, camerieri e meccanici…Garibaldi scrive nelle Memorie:” Belli erano quei giovani veterani della libertà italiana… Belli erano con l’abito e il cappello dello studente, colla veste più modesta del muratore, del carpentiere, del fabbro..” L’età media dei Mille era 20 anni !!! Questi sarebbero i ‘mercenari’ ?
Una volta sbarcati in Sicilia, vennero arruolati, strada facendo, circa 20mila volontari ed è in questa fase che si infiltrarono alcuni giovinastri beccati a saccheggiare le dimore dei residenti per cui Bixio, cercando di riportare l’ordine, fu costretto ad esecuzioni sommarie.La presa notturna di Palermo fu un capolavoro di astuzia e strategia. Il grosso dell’esercito palermitano era uscito il giorno prima all’inseguimento della colonna-esca capitanata da Orsini che portò i Borbonici lontano dal capoluogo siciliano. Puoi immaginare la fine che fece la piccola colonna garibaldina quando venne raggiunta dai realisti, i quali avevano già avuto la notizia della caduta di Palermo e capito di essere stati turlupinati. Seppur a brandelli, soltanto Orsini ed altri due o tre riuscirono a salvarsi. I caduti, consapevoli della fine a cui andarono incontro e che oggi nessuno ricorda, sono Eroi che hanno dato la vita per un ideale, non ‘delinquenti’ o ‘mercenari’ come li definisci tu. Le diserzioni degli ufficiali borbonici avvennero prima dell’occupazione garibaldina di Napoli che non oppose alcuna resistenza e fu l’unica ‘passeggiata’ di questa spedizione. L’ultima battaglia, quella sul Volturno, fu campale e fece il giro del mondo. I volontari garibaldini erano erano numericamente inferiori alle unità dell’esercito borbonico, sputarono sangue, persero e riguadagnarono posizioni tenendo impegnato il fronte per 12 ore consecutive… Mercenari ? Delinquenti ? Suvvia…. Qui, la ‘diretta’ per rivivere la battaglia:
http://cronologia.leonardo.it/gariba2/gar47.htm
Un intervento per strappare la Novorossija a Kiev avrebbe lasciato nelle mani della NATO l’Ucraina del nord-ovest, una spina nel fianco della Russia. Credo che Putin stia agendo nell’unico modo possibile: garantire autonomia alle regioni del sud-est e insediare a Kiev un governo che sostenga la neutralità dell’Ucraina.
Credo che la spedizione dei Mille e i suoi esiti e la caduta del Regno Borbonico non siano spiegabili compiutamente senza prendere in considerazione quell’altra vicenda chiamata (in gran parte erroneamente) “Guerra al Brigantaggio”.
@ Chiara
Come sai la storia la scivono i vincitori e non a caso le “cronache” fanno di loro eroi che combattono per il bene, che esportano civiltà, giustizia e buon governo, mentre i vinti risultano barbari e senza storia.
“Ogni vero storico sa che la memorialistica è altamente inaffidabile; e l’Italia è la patria delle ‘memorie’ scritte per secondi fini politico-personalistici. Inoltre, ‘voler costruire’ la storia patria raccogliendo le memorie di una parte sola, che ha una memoria… appunto ‘parziale’, ha più il sapore dell’opera di indottrinamento e della retorica, piuttosto che della onesta e disinteressata ricerca storica”.
So che è difficile, ma diventa necessari guardare al passato senza la paura di mettere in discussione visioni consolidate e quella di vedere crollare i miti con cui siamo cresciuti, sempre se vogliamo avere uno sguardo maturo e indipendente e far si che la nostra interpretazione del presente non sia condizionata dalla vulgata imposta dal sistema. In questo modo sarà possdibile scoprire che il filo che collega quegli eventi al nostro presente è tutt’altro che sottile.
“[…] Tralasciando la biografia e gli interessi dei fratelli Rubattino, che attuarono quella vera e propria ‘False Flag Operation’ detta ‘Spedizione dei Mille’, giova ricordare che Garibaldi, dopo la riuscita missione (covert operation),venne accolto presso la Loggia ‘Alma Mater’ di Londra. Vi fu una festa pubblica, di massa, che lo accolse a Londra e lo accompagnò fino alla sede centrale della massoneria anglo-scozzese. ‘La più grande pagliacciata a cui abbia mai assistito‘ scrisse un testimone diretto dell’evento. Un tal Karl Marx.
Giuseppe Garibaldi venne scelto da Londra, poiché si era già reso utile alla causa dell’impero britannico. In America Latina, quando gli inglesi, tramite l’Uruguay, favorirono la secessione della provincia brasiliana di Rio Grande do Sul dall’impero brasiliano, alimentandola guerra civile in Brasile, Garibaldi venne assoldato per svolgere il ruolo di ‘raider’, ovvero incursore nelle retrovie dell’esercito brasiliano.
Il suo compito fu di sconvolgere l’economia dei territori nemici devastando i villaggi, bruciando i raccolti e razziando il bestiame. Morti e mutilati tra donne e bambini abbondarono, sotto i colpi dei fucili e dei machete dei suoi uomini. Durante quelle azioni, Garibaldi ebbe la guida delle forze navali riogradensi.
“Il 14 luglio 1838, al comando della sua nave, la Farroupilha, affrontò la navigazione sull’Oceano Atlantico, ma a causa del mare in tempesta e dell’eccessivo carico a bordo, la Farroupilha si rovesciò. Annegarono sedici dei trenta componenti dell’equipaggio, tra cui gli amici Mutru e Carniglia; il nizzardo fu l’unico italiano superstite.”
Il compito svolto da Garibaldi rientrava nella politica di intervento coloniale inglese nel continente Latinoamericano; la nascita della repubblica-fantoccio del Rio Grande do Sul, rientrava nel processo di controllo e consolidamento del flusso commerciale e finanziario di Londra verso e da il bacino del Rio de la Plata; la regione economicamente più interessante per la City.
Escludere l’impero brasiliano dalla regione era una carta strategica da giocare, perciò Londra, tramite anche Garibaldi, al soldo dell’Uruguay, provocò la guerra civile brasiliana. La borghesia compradora di Montevideo era legata da mille vincoli con l’impero inglese. Ivi Garibaldi svolse sufficientemente bene il suo compito. […]” https://aurorasito.wordpress.com/2011/06/25/giuseppe-garibaldi-mercenario-dei-due-mondi-2/
A proposito poi della “dignitosa povertà”: Nel Sud esistevano circa 100 industrie metalmeccaniche di cui 15 avevano più di 100 addetti e 6 più di 500 e solo le più famose Pietrarsa e la grande industria napoletana Zino & Henry si trovavano nella capitale.
“La voce esportazioni aveva un grande peso nell’economia meridionale: basti considerare che gli unitari “dovettero” constatare che oltre l’80% di tutta l’esportazione agricola italiana era costituita da produzioni meridionali; basti considerare che fino al 1860 l’unico Stato italiano che producesse meccanica di precisione (macchine utensili, locomotive, motori per la cantieristica navale, ecc.) era quello delle Due Sicilie che destinava la quasi totalità della produzione all’esportazione”.
Il capitale investito nell’industria era prevalentemente locale, Le prime macchine utensili venivano dall’Inghilterra e servirono per attrezzare una produzione industriale del tutto autonoma. E’ vero che furono assunti alcuni ingegneri provenienti dalla Francia e dall’Inghilterra. Accanto alle fabbriche più importanti nacquero scuole professionali dove si insegnavano matematica, geometria, scienze e disegno meccanico con applicazione pratica di arti e mestieri (Carpentiere, tornitore, fonditore e macchinista).
La borghesia avversa alla monarchia, parte della quala fu affiliata alla massoneria, era quella legata alla pubblica amministrazione e ai vari ministeri.
” mentre da un lato fu dimezzato il dazio sul macinato – famigerata tassa invisa al popolo, che verrà poi abolita del tutto nel 1847([7]) – dall’altro fu introdotta una ritenuta proporzionale sugli stipendi degli impiegati dello Stato e sulle pensioni.
Drastici furono anche i tagli apportati al bilancio dell’Amministrazione statale. Le spese dei Ministeri, infatti, furono rigorosamente tenute sotto controllo: tutti i relativi importi, anche se preventivati, dovevano essere autorizzati dal Ministero delle Finanze e tutte le somme non utilizzate dovevano andare a beneficio della Tesoreria. Ne conseguì che fu il risparmio ad accrescere le entrate finanziarie. Si ottennero, in questo modo, due immediati risultati: un aumento progressivo delle entrate non imputabile a nuovi balzelli ed una costante moralizzazione pubblica attraverso il risparmio e l’economia su tutte le spese.([8]) Infatti, con Decreto 4 febbraio 1831,([9]) ridusse alla metà lo stipendio dei ministri e diminuì di altrettanto i bilanci della Guerra e della Marina, recuperando sui costi di queste due sole amministrazioni 340.000 ducati. Ulteriori 531.667 ducati derivarono dall’insieme delle economie degli altri ministeri. Si ottenne così un risparmio annuo complessivo di 1.241.667 ducati, con i quali si sopperì al deficit erariale relativamente alla quota preventivata per l’anno 1831″.
E questi sono solo alcuni elementi di un quadro molto ampio che viene ben riassunto nell’articolo che trovate qui:
http://www.neoborbonici.it/portal/index.php?ption=com_content&task=view&id=4172&Itemid=74
Sull’industria e la meccanica di precisione
http://www.ilportaledelsud.org/mr02.htm
«Quando nel 1860 il regno delle due Sicilie fu unito all’Italia, possedeva in sé tutti gli elementi della trasformazione. L’Italia meridionale aveva infatti un immenso demanio pubblico. Le imposte dei Borboni erano mitissime e Ferdinando II aveva cercato piuttosto di mitigarle che di accrescerle. Dal 1820 al 1860 il regime economico e finanziario dei Borboni determinò una grande capitalizzazione. Il commissario governativo mandato a Napoli da Cavour, dopo l’annessione, il cavaliere Vittorio Sacchi, riconosceva tutti i meriti della finanza napoletana, e nella sua relazione ufficiale non mancava di additarli». Da “L’Italia all’alba del secolo XX”, Casa Editrice Nazionale Roux e Viarengo, Torino-Roma, 1901, p. 118.
Il Regno delle Due Sicilie fu il primo a istituire la previdenza pensionistica per i dipendenti statali. Istituì il primo osservatorio sismologico al mondo per tenere d’occhio l’attività del Vesuvio e costruì 283 ospedali, orfanotrofi, e l’albergo dei poveri ecc ecc. ”
[…] Nel 1863, un testimone insospettabile, il capitano italo-piemontese conte Alessandro Bianco di Saint-Jorioz scriverà che: «…II 1860 trovò questo popolo [delle Due Sicilie, n.d.r.] del 1859 vestito, calzato, industre, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta. Egli comperava e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia, tutti, in propria condizione, vivevano contenti del proprio stato materiale. Adesso è l’opposto… La pubblica istruzione era sino al 1859 gratuita, cattedre letterarie e scientifiche in tutte le principali città di provincia. Adesso, invece…». Questa è un’eloquente risposta ai tanti denigratori di professione e non, che per oltre 150 anni hanno descritto il Regno delle Due Sicilie come un paese retrogrado e chiuso ad ogni forma di progresso; costoro dovrebbero studiare per bene le Leggi ed i Decreti di Ferdinando II, per capirne la ratio moderna e liberale e che, a parere di chi scrive, sono un esempio di buona amministrazione sociale. La medesima cosa dovrebbero fare i nostri economisti, politici ed amministratori, locali e nazionali.
Ed a ragion veduta, Sir Robert Peel (1788-1850), primo ministro britannico sostenitore del principio del libero scambio, dinanzi al Parlamento inglese ne fece le lodi profferendo le seguenti testuali parole: «Io debbo dire – per rendere giustizia al Re di Napoli – di aver veduto un suo documento autografo, che racchiude principii così veri, come quelli sostenuti dai professori più illuminati di economia pubblica». http://istitutoduesicilie.blogspot.it/2012/05/eppure-ferdinando-ii-non-aveva-studiato.html
Tutto questo a fronte di una economia sabauda con gravi problemi: ” Lo stato sabaudo si era dotato di un sistema monetario che prevedeva l’emissione di carta moneta mentre il sistema borbonico emetteva solo monete d’oro e d’argento insieme alle cosiddette “fedi di credito” e alle “polizze notate” alle quali però corrispondeva l’esatto controvalore in oro versato nelle casse del Banco delle Due Sicilie.
Il problema piemontese consisteva nel mancato rispetto della “convertibilità” della propria moneta, vale a dire che per ogni lira di carta piemontese non corrispondeva un equivalente valore in oro versato presso l’istituto bancario emittente, ciò dovuto alla folle politica di spesa per gli armamenti dello stato. In parole povere la valuta piemontese era carta straccia, mentre quella napolitana era solidissima e convertibile per sua propria natura (una moneta borbonica doveva il suo valore a se stessa in quanto la quantità d’oro o d’argento in essa contenuta aveva valore pressoché uguale a quello nominale). http://cronologia.leonardo.it/storia/a1864e.htm
@ Salvatore Penzone – Confermo ancora tutte le tue ragioni sullo scempio che è stato fatto del Regno delle Due Sicilie, in quanto ‘carta canta’, cioè i documenti, ci sono, e anche di facile reperibilità. La Storia è fatta principalmente di cronologia e documenti, senza i quali, le ipotesi e le valutazioni diventano aria fritta. Ma trasformare la figura di Garibaldi in mercenario, massacratore, violentatore, mantenuto da Anita, suo probabile assassino nella pineta di Ravenna, diavolo massone, agente al servizio di Sua Maestà britannica e altro ancora, con scarsissimi se non inesistenti supporti, non può avere nessun valore storico. E’ pura denigrazione. Bada bene che non mi riferisco solo a quello che hai scritto tu, ma anche ad altre cosette lette in giro sul web, tuttavia la fonti sono circoscritte, due o tre al massimo, prive di citazioni primarie e poi riprese, con le stesse parole, da una decina di blog. Vediamo cosa scrive Lattanzio di ‘aurorasito’:
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1° ” … Garibaldi, dopo la riuscita missione (sped.Mille)),venne accolto presso la Loggia ‘Alma Mater’ di Londra. Vi fu una festa pubblica, di massa, che lo accolse a Londra … ‘La più grande pagliacciata a cui abbia mai assistito‘ scrisse un testimone diretto dell’evento. Un tal Karl Marx.”.
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*** La Loggia Alma Mater non esiste né a Londra, né in nessun’altra parte del mondo. *** Garibaldi si recò a Londra nel 1864, cioè dopo ben 4 anni dalla ‘riuscita missione’, per raccogliere fondi e sostegno per la Polonia, per completare l’unità d’Italia e incontrare Mazzini *** La Regina Vittoria, infastidita dal fatto che l’esultanza dei londinesi per G.G. durava ormai da parecchi giorni e che persino suo figlio Edoardo era andato a rendergli omaggio, gli fece sapere , tramite Lord Palmerston, che doveva andarsene. Ecco cosa accadde:” …l’arrivo di Garibaldi a Londra fu un trionfo…Mezzo milione di persone attese Garibaldi per tutta la mattina. La carrozza, impiegò sei ore per percorrere sei miglia. Le associazioni operaie, le associazioni «per la temperanza» e altre ancora, che si erano costituite in «Working Men’ s Garibaldi Demonstration Committee» lo accolsero….La regina Vittoria si disse «quasi vergognosa di governare un popolo capace di simili follie». La visita che il Generale rese a Mazzini, preoccupò molto Lord Palmerston. Forse anche per questo Garibaldi piantò tutto e all’improvviso tornò a Caprera… Marx, che viveva a Londra, giudicò le scene di entusiasmo popolare per l’ospite italiano «un miserabile spettacolo di imbecillità». Un po’ d’invidia? *** Garibaldi, quando si recò a Londra nel 1864, era già Gran Maestro Venerabile di tutte le Logge riunite del mondo (G.O. Rito scozzese e italiano, Franchi Muratori ecc.)… e aveva già scalato tutti i gradi richiesti, dal 4° al 33°. Quindi è alla sua presenza che dovevano essere introdotti eventuali aspiranti delle Logge di Londra, non viceversa. Ripeto: la Loggia Alma Mater è inesistente.
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2° – Su Garibaldi, la Massoneria e il Risorgimento – Tutto il Risorgimento fu ispirato dalla Massoneria anche se divisa in due correnti: quella cavouriana, aristocratica, decisamente élitaria, dinastica, monarchica (Napoleone III), e quella democratica, più popolare che mirava alla elevazione delle masse. Iniziava una dura lotta per assicurarsi la guida della famiglia massonica. Garibaldi divenne immediatamente il candidato sostenuto dai democratici. Nel 1863 fu nominato sovrano Gran Commendatore del Gran Consiglio e, in seguito, l’Assemblea dei liberi muratori italiani riunitasi a Firenze nel maggio del 1864 e comprendente ormai ben settantadue Logge, elesse Garibaldi al primo scrutinio con quarantacinque voti (fave) su cinquanta, Gran Maestro dei liberi muratori comprendenti i due Riti, Scozzese e Italiano. *** Flash back: “…Garibaldi venne iniziato alla Massoneria nel 1844, all’età di trentasette anni, nella loggia l’Asil de la Vertud di Montevideo, una loggia irregolare, emanazione della Massoneria brasiliana, non riconosciuta dalle principali obbedienze massoniche internazionali. Per uno studio super partes sulle Massonerie del Risorgimento, vedere: http://www.biblioato.it/DW/sinalunga/quaderni/nota_qs17masson.html
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3° “… Lattanzio, nelle righe che seguono, riesce a dare fondo a tutto il patrimonio creativo di cui dispone. Scrive: ” … gli inglesi, tramite l’Uruguay, favorirono la secessione della provincia brasiliana di Rio Grande do Sul dall’impero brasiliano, alimentando la guerra civile in Brasile, Garibaldi venne assoldato… come incursore nelle retrovie dell’esercito brasiliano. Il suo compito fu di sconvolgere l’economia dei territori nemici devastando i villaggi, bruciando i raccolti…..Escludere l’impero brasiliano dalla regione era una carta strategica da giocare, perciò Londra, tramite anche Garibaldi, al soldo dell’Uruguay, provocò la guerra civile brasiliana. ”
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Qui vengono mescolati e resi contemporanei due avvenimenti che si sono dipanati su assi temporali successivi: 1° la secessione della Provincia Rio Grande do Sul dall’Impero brasiliano (portoghese) e 2° la guerra dell’ Uruguay contro l’Argentina che tentava di occuparlo. Il Tutto al fine di avvalorare la tesi dell’agente nizzardo al soldo degli Inglesi. Ma le cose non stanno proprio così… *** Garibaldi ha 27 anni quando, condannato a morte in contumacia perché attivista mazziniano,fugge da Nizza. Sbarca a Rio De Janeiro, in Brasile dove viene accolto da un gruppo di esiliati italiani, fra i quali Rossetti e Zambeccari. Era il 1836, con Rossetti compra una barca per commerciare pesce e granaglie nella Repubblica del Rio Grande do Sul ex provincia brasiliana strappata nel 1834 alle truppe imperiali dal Presidente Conçalves Da Silva. *** Quindi la secessione del Rio Grande dal Brasile era già avvenuta DUE ANNI PRIMA dell’arrivo di Garibaldi. *** Non trascorrerà un anno che l’esercito imperiale di Don Pedro tenterà di riprendersi la provincia e ci riuscirà, ma dopo 3 o 4 anni. Nel frattempo la difesa per mare della piccola Repubblica sarà affidata al Comandante Giuseppe Garibaldi che riceverà la patente da corsa (da qui il termine ‘corsaro’ che NON è sinonimo di ‘pirata’) e il diritto al bottino di guerra dal Presidente Conçalves; Don Pedro nominerà come Comandante della marina brasiliana l’ammiraglio inglese John Pascoe Greenfell… *** Garibaldi, in questo caso, ha dovuto combattere CONTRO un equipaggio soprattutto inglese che difendeva gli interessi di un Imperatore di casa regnante PORTOGHESE ***
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Quando, qualche anno più tardi, Garibaldi andò a vivere con Anita a Montevideo, in URUGUAY, dove nacquero i suoi primi figli, si considerò un residente a tutti gli effetti. Nel 1828 il Trattato di Montevideo, voluto dal Regno Unito, aveva reso l’Uruguay uno Stato indipendente con una propria Costituzione. La popolazione era composta da pochissimi indigeni e molti immigrati europei che avevano rapporti commerciali con Francia e Inghilterra.Nel 1842 le truppe argentine, per conto di Oribe, iniziarono l’occupazione dell’Uruguay. Allora, i cittadini uruguaiani di origine spagnola chiesero aiuto agli altri europei residenti, e furono formate una legione francese ed una italiana, capitanata da Giuseppe Garibaldi che, quando scoppiò la guerra, insegnava Matematica nella capitale. Egli fu anche messo a capo dell’Armada Nacional, la marina militare uruguaiana,e ricominciò a combattere per la libertà della sua seconda patria, questa volta in collaborazione con la diplomazia inglese…. PERCHE’? Perchè, in questo caso l’alleanza era nell’interesse di tutti.
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Una REVISIONE storica che, presuntuosamente, vuole prescindere dalla cronologia, dalle comparazione delle diverse biografie, dai documenti, rivelando lacune, errori e raffazzonamenti, ottiene un risultato contrario a quello che si propone. Garibaldi voleva l’Italia Unita, l’abolizione dei dazi, la rimozione dello Stato Pontificio che divideva il Nord dal Sud e impediva la circolazione degli uomini e delle merci: era questo il suo piano massonico. Non conosceva il Meridione, né il Re Francesco II, ma se si fossero incontrati, chissà…. Intanto consoliamoci pensando che anche Casa Savoia ha fatto una brutta fine: chi la fa l’aspetti ! La Storia non perdona…. Io risiedo a pochi km dalla fortezza borbonica di Civitella del Tronto, l’eroico baluardo che si arrese soltanto tre giorni dopo che fu proclamata l’Unità d’Italia, cioè il 20 marzo 1861 !!!