In un briefing con la stampa congiunto con i capi dei gruppi interdipartimentali di nuova creazione della DPR e della LPR (repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk) istituiti per la ricerca di persone scomparse nel Donbass, i giornalisti di DAN hanno potuto parlare con Anna Orlova e Olga Maksimova [entrambi i link in russo], due residenti delle repubbliche che sono state torturate in prigione in Ucraina.

Tre generazioni di donne della stessa famiglia arrestate e torturate in Ucraina

La residente della DPR Anna Orlova ha 70 anni, ma questo non ha impedito a lei, sua figlia e sua nipote di essere arrestate e torturate in Ucraina.

Il 23 maggio 2014, meno di due settimane dopo il referendum sull’indipendenza, i punitori ucraini hanno arrestato Anna, sua figlia Svetlana, allora 38enne, e sua nipote Anna, non ancora 17enne. Quest’ultima era la figlia del comandante di un gruppo di intervento rapido della DPR. Un’accusa che verrà usata contro la giovane.

Gli uomini venuti ad arrestare le tre donne indossavano uniformi senza distintivi, maschere nere e non si sono qualificati. Ma il loro accento ucraino occidentale ha tradito il fatto che non erano del luogo.

Le tre donne vengono arrestate e portate via dopo una perquisizione della loro abitazione che è stata più che altro un saccheggio.

Hanno prima chiesto ad Anna di tradire suo genero, che è un comandante di un’unità speciale della DPR, e poi le hanno chiesto dove fossero nascoste le armi. E questo dopo che il saccheggio della casa non aveva permesso di trovarne. Questo era solo l’inizio dell’incubo per Anna.

Sono caduta dalla sedia, mi è stato versato addosso un secchio d’acqua e hanno continuato a colpirmi. Mi hanno sparato alla gamba. Mi hanno colpito alla testa con un bastone”, ha detto Anna Orlova. “Ricordo anche che mi hanno versato acqua bollente sullo stomaco, ma è stato dopo, nel centro di detenzione di Mariupol”.

La pensionata racconta come sua figlia, rilasciata dopo essere stata torturata, picchiata e maltrattata, l’ha aiutata a sopravvivere nel centro di detenzione di Mariupol, curando l’ustione allo stomaco e comprando tutte le medicine necessarie.

La nipote, anche se minorenne, è stata condannata a quattro anni con pena sospesa per essere stata fotografata in uniforme militare e per il fatto che suo padre è il comandante di un’unità speciale della DPR. La ragazza è stata torturata con sua madre, anche tramite asfissia (i punitori ucraini le hanno messo dei sacchetti sulla testa).

Quando sua nipote è stata portata al centro di detenzione preventiva di Mariupol, Anna ha corrotto una delle guardie (con le sigarette) per vederla brevemente.

Le condizioni di detenzione erano spaventose: l’acqua colava dalle pareti, la carne era piena di vermi e il pane era crudo all’interno.

Anna è stata prima imprigionata senza motivo, poi accusata di aver partecipato a manifestazioni filo-russe in Piazza Lenin a Donetsk, il che era vero (ma non è affatto sbagliato in un vero stato di diritto, si chiama diritto di protestare).

Vengo da una famiglia di partigiani. Mio padre mi ha detto che i miei nonni sono stati impiccati dai Nazisti nel cortile di casa loro. Quindi – i nazionalisti ucraini sono peggio dei Nazisti”, ha detto Anna Orlova.

Il 27 dicembre 2017, Anna Orlova torna finalmente a casa, in uno scambio di prigionieri.

Ho trascorso due anni e dieci mesi in carcere. Prima a Mariupol, poi sono stata portata ad Artemivsk con un convoglio. Ero gravemente malata dopo tutte le torture, la mia vista era pessima. Un anno prima dello scambio, abbiamo firmato i documenti”, ricorda la signora Orlova. “Quando siamo passati dalla parte della DPR e abbiamo visto la nostra bandiera, c’è stata una sensazione… Non riesco a descrivervela. Alcune persone piangevano, alcune cantavano canzoni, altre gridavano di gioia. Ed ero in lacrime. Lo scambio è avvenuto il 27 dicembre 2017”.

Nel frattempo, la libertà vigilata della nipote era terminata e lei è arrivata a Donetsk con la figlia attraverso il territorio russo.

Siamo state ricoverate in un ospedale a Donetsk, vicino al Motel. Il mio occhio sinistro era scoppiato per il pestaggio e il mio bulbo oculare destro era rotto. Ma mi sono operata gratuitamente”, racconta l’ex detenuta.

Nonostante il suo calvario, Anna Orlova vede prospettive e significato nella sua vita.

Ora ho già un pronipote, aiuterò mia nipote a crescerlo”, ha concluso.

La madre dell’organizzatrice del referendum della LPR minacciata per farla confessare

Quando le percosse, l’annegamento simulato e l’asfissia non sono sufficienti per piegare l’arrestato, i Neonazisti ucraini, come gli agenti della SBU, non esitano a minacciare di attaccare i suoi parenti per fargli confessare qualsiasi cosa. Lo stesso metodo è stato utilizzato contro Darija Mastikasheva [in inglese] e una delle organizzatrici del referendum della LPR, Olga Maksimova.

Olga era un oppositrice del Maidan che non ha sostenuto l’imposizione dei valori del “nazionalismo ucraino” (cioè il Neonazismo) dopo il colpo di Stato. È stata tra quelli che hanno organizzato il referendum della LPR nel 2014. Ma la città di Chchastye, dove vive, si è trovata sul lato ucraino della linea di contatto. Nonostante il pericolo, Olga non volle lasciare casa, sperando che la situazione cambiasse.

Fu un vicino a denunciare Olga per iscritto ai servizi di sicurezza ucraini.

Il 25 febbraio 2015 sono stata invitata – a quello che pensavo fosse un colloquio di routine – alla SBU per quanto riguardava le persone che avevano partecipato al referendum. Poi mi hanno messo un sacco nero sulla testa, mi hanno avvolto con del nastro adesivo, mi hanno ammanettato e mi hanno portato via. All’inizio mi picchiarono, poi mi fecero firmare un verbale che affermava che passavo informazioni alla LPR. Il 4 marzo ho accettato di firmarlo dopo che mi è stato detto che mia madre sarebbe stata presa e consegnata ai combattenti dell’Aidar [battaglione neonazista ucraino – ndr]. Verso le 23:00 mi hanno portato in una zona boscosa vicino a Chchastye per essere fucilata, prima una raffica di mitra è passata sopra la mia testa, poi dei colpi sono stati sparati ai miei piedi. A mezzanotte mi hanno riportato in cella e alle 2 del mattino del 5 marzo sono stata rilasciata”, ricorda Olga Maksimova.

Un anno dopo, l’1 settembre 2016, Olga Maksimova è stata nuovamente arrestata, in base al protocollo da lei firmato in merito alla sua collaborazione con la LPR.

È stata prima interrogata a Severodonetsk, poi trasportata nella foresta di Rubezhnoye e da lì al centro di detenzione preprocessuale n. 27, dove è stata detenuta per quasi un anno. Dopo essere stata condannata ad otto anni di reclusione, la Maksimova era in carcere da due mesi quando seppe di essere stata inclusa nella lista per uno scambio di prigionieri.

Gli arresti e la prigionia hanno minato la sua salute. Le percosse hanno causato lo sviluppo di osteofiti (escrescenze ossee), ed è impossibile operarla perché il suo cuore non può tollerare l’anestetico.

Niente è sacro per loro: né le donne, né gli anziani, né i bambini. Sono indifferenti, sono senz’anima. Non posso chiamarli esseri umani, sono demoni dell’inferno”, riassume la Maksimova.

Olga Maksimova è una delle migliaia di abitanti del Donbass che hanno presentato ricorso alla CEDU contro l’Ucraina e che non hanno ancora visto condannare Kiev per i suoi crimini. Crimini per i quali la stessa Russia ha presentato ricorso contro l’Ucraina presso la CEDU, a sostegno delle migliaia di denunce individuali già presentate dagli abitanti del Donbass.

L’uso sistematico della tortura da parte sia dei servizi di sicurezza che dei battaglioni Neonazisti ucraini è già stato ampiamente dimostrato e documentato nei miei articoli. Dal testimone che ha visto decollare aerei militari ucraini verso il Donbass il giorno dello schianto dell’MH17 che è stato torturato dalla SBU, alla testimonianza e alle foto che attestano l’uso della tortura da parte dei servizi segreti ucraini fornite da Vasilij Prozorov, per non menzionare il deplorevole stato di salute in cui ci sono stati restituiti molti prigionieri durante gli scambi con l’Ucraina [tutti e tre i link in inglese], e che testimoniano i maltrattamenti subiti.

Anna Orlova e Olga Makfimova sono due delle tante donne che sono state torturate durante la prigionia in Ucraina. Molte di queste donne sono state anche violentate, come ci ha raccontato una sopravvissuta a Settore Destro (un’organizzazione Neonazista ucraina) nell’aprile 2016, quando lavoravo con la DONi.

Il maltrattamento dei prigionieri dei battaglioni Neonazisti ucraino può essere visto anche sui corpi trovati nelle fosse comuni scoperte dalla DPR dopo la riconquista dei territori in cui avevano sede questi battaglioni [in russo].

Molti dei cadaveri trovati [nelle aree liberate dalle forze armate di Kiev – ndr] mostrano chiari segni di morte violenta, tracce di torture e abusi crudeli”, ha affermato Darija Morozova, difensore civico per i diritti umani della DPR. “Ad esempio, ho assistito personalmente all’esumazione dei corpi trovati sul territorio della miniera Kommunar n.22 a Makeevka dopo la liberazione del territorio dalle unità della Guardia Nazionale e dal Battaglione Aydar. Una donna incinta e un adolescente sono stati sepolti in una delle tombe”.

Secondo la Morozova, casi simili si possono trovare, ad esempio, nel rapporto delle Nazioni Unite “Sulla situazione dei diritti umani in Ucraina dal 16 maggio al 15 agosto 2017[in inglese], che registrava il ritrovamento dei corpi di due uomini e una donna la cui morte è stata causata da ferite da arma da fuoco alla testa. Erano stati dichiarati scomparsi dopo che il loro veicolo bruciato è stato trovato vicino a un checkpoint ucraino, nella regione di Donetsk.

Attualmente nella DPR mancano ancora 354 persone, il che ha spinto la repubblica ad avviare una commissione di lavoro interdipartimentale per la ricerca delle persone scomparse e la ricerca dei luoghi di sepoltura dei corpi (resti) delle persone uccise nella zona di conflitto del Donbass.

*****

Articolo di Christelle Néant pubblicato su Donbass Insider il 13 agosto 2021
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

__________

La redazione di Saker Italia ribadisce il suo impegno nella lotta anti-mainstream e la sua volontà di animare il dibattito storico e politico. Questa che leggerete è l’opinione dell’autore; se desiderate rivolgere domande o critiche purtroppo questo è il posto sbagliato per formularle. L’autore è raggiungibile sul link dell’originale presente in calce.

L’opinione dell’autore non è necessariamente la nostra. Tuttavia qualsiasi commento indecente che non riguardi l’articolo ma l’autore, sarà moderato, come dalle regole in vigore su questo sito.

Condivisione: