La squadra di politica estera degli Stati Uniti è confusa, mentre la volontà politica della Russia di aiutare il Donbass è deludente.
La squadra di politica estera di Donald Trump continua a percorrere un sentiero di confusione e indecisione, prendendo in prestito la retorica dei tirapiedi falliti di Obama.
Ieri, il palcoscenico è stato quello delle Nazioni Unite, dove l’Ambasciatore alle Nazioni Unite di Trump, Nikki Haley, ha dimostrato quanto poco sappia di realtà geopolitiche.
Al momento di affrontare la carneficina nel Donbass, ha parlato delle “…azioni aggressive della Russia”, e in quel momento ho capito che aveva perso la bussola.
Io desidero solo che la Russia abbia la volontà di fare di più per il Donbass, ma la tragica realtà è che, a parte l’invio di cibo, medicine, acqua pulita, e il rilascio di dichiarazioni che chiedono la cessazione dell’aggressione fascista, la Russia non ha fatto nulla.
Se qualcuno crede realmente che quello che sta avvenendo nel Donbass sia una guerra tra l’esercito russo e la combinazione di regolari ubriachi e demoralizzati, mercenari semi-professionisti inaffidabili e Neonazisti vestiti come i loro eroi degli anni ‘30 che “giocano a fare Hitler”, messa in campo da Kiev, in realtà non ha alcuna idea degli organici comparativi delle ipotetiche forze in campo.
Una battaglia tra l’esercito russo e le forze fasciste potrebbe non durare nemmeno un’ora, dato che ho il sospetto che la maggior parte delle forze di Kiev scapperebbe con i suoi carri armati arrugginiti, o si arrenderebbe alla vista dei Russi.
La realtà è che adesso, come avviene dal 2014, il popolo delle Repubbliche di Donestk e Lugansk, dopo aver votato per formare delle fraterne repubbliche indipendenti, sta lottando per la sua stessa sopravvivenza contro le forze regolari e irregolari di un regime fascista che si rifiuta di riconoscere il diritto del popolo del Donbass all’autodeterminazione.
Per peggiorare le cose, la Russia non ha riconosciuto l’indipendenza di nessuna delle due repubbliche Donbass. La Russia, lontana dal commettere un’”aggressione”, non sta facendo molto per difendere il Donbass, per non parlare di aiutarlo politicamente.
Questi sono fatti tristi che Nikki Haley sembra aver dimenticato in un discorso che potrebbe aver trovato nella sua nuova scrivania, lasciato lì da Samantha Power. Ma la Haley non ha finito lì.
Ha aggiunto altre sciocchezze sulla Crimea e il suo desiderio di vederla “restituita all’Ucraina”, qualcosa di probabile quanto Mosca che viene restituita alla Mongolia. Francamente, la Turchia ha molte più ragioni per rivendicare la Crimea della cosiddetta “Ucraina”, visto che l’area faceva parte del Khanato di Crimea fino a quando la Crimea, insieme alla Nuova Russia, non è stata completamente integrata alla Russia nel 1783.
Al momento di affrontare la questione specifica della Crimea, l’Ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitalij Čurkin, ha ricordato a Nikki Haley del seguente fatto,
“A questo proposito, non si possono dimenticare le notevoli storiche parole che si trovano nella Costituzione degli Stati Uniti: “Noi, il popolo”… “Il popolo della Crimea ha chiaramente espresso la sua volontà con un referendum” [in Inglese].
Egli è assolutamente corretto, ma anche il popolo delle repubbliche del Donbass ha espresso la sua volontà democratica con dei referendum. È chiaro dal recente scambio alle Nazioni Unite che Čurkin ha superato i circoli intellettuali che gravitano intorno alla Haley, ma questo non è sufficiente. La volontà politica di Mosca di difendere la gente del Donbass deve diventare più dura e chiara.
Per quanto riguarda l’amministrazione Trump, sembra che la mano sinistra non sappia cosa stia facendo la mano destra, per usare una frase dell’epoca Bush: da un lato, l’amministrazione Trump ha tranquillamente alleggerito alcune sanzioni [in Inglese] contro l’agenzia di sicurezza russa, l’FSB, ma nello stesso momento l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite dice che tutte le sanzioni legate alla Crimea rimarranno in vigore.
È come se i vari membri dell’amministrazione leggano copioni diversi. Tra l’inerzia della Russia sul Donbass e la confusione dell’amministrazione Trump in materia di politica estera, sembra che i civili innocenti continueranno a soffrire fino a quando entrambe le superpotenze non faranno ordine nelle proprie case.
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Articolo di Adam Garrie pubblicato su The Duran il 3 Febbraio 2017.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[Le note in questo formato sono del traduttore]
Lasciamo almeno i 100 giorni a Trump per prendere le redini dell’amministrazione, poi “no excuse”. Putin non vuole cadere nella trappola ora, soprattutto adesso che gli Usa sono “Giano Bifronte”.
Lo zelo dell’autore per la causa novorussa è comprensibile e condivisibile,
ma credo pecchi seriamente di ingenuità affermando che la Russia
non sta facendo nulla di concreto per sostenere le repubbliche di Donetsk e Lugansk…
E’ infatti un segreto di Pulcinella che senza l’apporto sostanziale di volontari e consiglieri militari russi il Donbass non sarebbe assolutamente in grado di difendersi così efficacemente o addirittura di contrattaccare
(come fanno ogni qual volta da Mosca arriva “luce verde”…).
Quanto al riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche ed il loro appoggio politico aperto in sede internazionale, si tratta di una carta strategica troppo pesante per buttarla lì così, in un momento di grande confusione, in cui non si sa ancora a che gioco voglia giocare Trump…
Vladimir Vladimirovic, da grande scacchista qual’è, sa bene fino a che punto si possono rischiare dei pezzi tutto sommato “minori” – con licenza del termine – per arrivare allo scacco matto…
Il che non significa certo che voglia giocare con le vite dei poveri civili novorussi;
ho infatti la sensazione che a breve questi ricominceranno a suonarle sul serio all’armata brancaleone ukronazi…
(sempre che non venga fermata prima da Washington…).
Ci vogliono nervi saldi in questo gioco.
Non escluderei che il popolo del Donbass si sia “seduto” sulla convinzione che la propria difesa sarà sempre assicurata da zio Vladimiro ,a tutti i costi.
Penso invece che Putin sia in attesa che il Donbass “insorga o risorga” dalle sue sofferenze con le armi in pugno e non stia a guardare e rispettare il confine fasullo in cui gli accordi di Minsk lo ha rinchiuso,; dovrà attrezzarsi in una guerriglia in avanti e poi ricoprirsi entro il LImes stabilito due anni or sono.
E’ inoltre del tutto evidente che nel transitorio di questi tre mesi dall’insediamento di Trump,si vedrà se la Russia dovrà far da sé o dovrà concertare con l’Occidente se dovrà cedere e riaprire le porte alla superbia dell’imperialismo dell’Ovest o dovrà combattere strenuamente per la propria esistenza.
Intanto bisognerebbe avere notizie vere di cosa sta accadendo in Siria e Libia( chi vince e perde e per che cosa , poi potremo azzardare la possibile evoluzione dei rapporti interni all’Occidente e quelli esterni fra Est ed Ovest.
Riporto parole non mie: Se Putin riconoscesse il Donbass,l’Ucraina ,in pace,potrebbe subito,entrare in europa e nato.
Chi avrebbe vinto? I missili sarebbero a qualche centinaio di km,la nato idem.
Aspettando il collasso tutta l’Ucraina potrebbe tornare a casa.