L’intervento potrebbe essere allettante, soprattutto dopo che un aereo civile è stato costretto ad atterrare per arrestare un giornalista, ma si consiglia la massima cautela.
Il leader bielorusso Alexander Lukashenko che ha costretto all’atterraggio un volo commerciale internazionale per arrestare un giornalista dell’opposizione sembra indicare una crescente disperazione. Da quando le elezioni altamente sospette dello scorso anno [entrambi i link in inglese] hanno riconfermato Lukashenko al potere, egli ha dovuto affrontare ripetute proteste di piazza, che la considerevole repressione della polizia non è riuscita ad interrompere.
La prima risposta di Stati Uniti ed Europa deve ovviamente essere quella di imporre sanzioni appropriate alla Bielorussia. La domanda su cosa sia “appropriato” dovrebbe tuttavia essere condizionata dal ricordo che nel 2013, Washington e i suoi alleati europei hanno costretto l’aereo che trasportava il presidente boliviano Evo Morales a tornare indietro per atterrare a Vienna [in inglese], dove la polizia austriaca ha cercato l’informatore statunitense Edward Snowden. Questo incidente ha causato proteste simili da parte dei paesi dell’America Latina, della Russia e della Cina che l’Occidente sta ora dirigendo contro la Bielorussia. Dovrebbe essere un’altra lezione affinché Washington eviti di creare precedenti di infrazione del diritto internazionale, a meno che non voglia che altri paesi seguano l’esempio.
Al di là della domanda immediata su come rispondere all’ultima mossa di Lukashenko, ne incombe una molto più ampia: se le proteste in Bielorussia dovessero intensificarsi e il regime dovesse cadere, rovesciato dai manifestanti o estromesso con un colpo di Stato da funzionari della sicurezza scontenti — come dovrebbero reagire Washington e l’Occidente?
Soprattutto, l’Occidente deve evitare di ripetere l’esito della rivoluzione del 2014 in Ucraina: guerra civile, intervento russo, declino economico rapido e prolungato, una società amaramente divisa e un paese bloccato in una sospensione permanente e in semi-paralisi tra Russia e Occidente. Quindi, se il vertice proposto tra i presidenti Biden e Putin sarà confermato il mese prossimo, stabilire regole di base reciproche per la gestione della crisi bielorussa dovrebbe essere all’ordine del giorno.
Da un lato, gli Stati Uniti dovrebbero opporsi alla repressione violenta del regime di Lukashenko, ottenere un’intesa con Mosca che dovrebbe anche scoraggiare una dura repressione e cercare di aprire la strada ad una maggiore democrazia reale in Bielorussia. D’altra parte, qualsiasi strategia degli Stati Uniti che non riconosca sia gli interessi vitali dello stato russo in Bielorussia sia la necessità per Minsk di mantenere stretti legami economici e sociali con Mosca rischierà un fallimento catastrofico e un tradimento degli interessi del popolo bielorusso.
I rapporti tra Lukashenko e Putin sono stati spesso tesi, e non hanno alcun affetto personale l’uno per l’altro. Non sembra probabile [in inglese] che Mosca voglia fare grandi sacrifici per salvare il governo Lukashenko in quanto tale. Né sarebbe incline a sostenere una feroce repressione per salvare quel regime fine a sé stessa. La questione è piuttosto diversa quando si tratta di impedire alla Bielorussia di diventare un alleato occidentale contro la Russia.
Uno sguardo alla mappa e la minima conoscenza della storia dovrebbero rendere evidenti le ragioni della posizione della Russia. Il confine bielorusso dista solo 480 chilometri da Mosca, e la Bielorussia è stata la principale rotta per le invasioni occidentali della Russia a partire dal 16° secolo. Sarebbe come se il Canada minacciasse di aderire ad un’alleanza militare anti-statunitense.
Il governo russo ha chiarito [in inglese] che questa è una linea rossa assoluta, con la chiara implicazione che, in ultima istanza, la Russia è disposta a ricorrere alla forza armata per impedire che la Bielorussia segua l’Ucraina nella dipendenza militare, economica e geopolitica dall’Occidente. E se la Russia interverrà militarmente, non sarà possibile per Mosca separare pezzi di Bielorussia, come nel caso dell’Ucraina nel 2014. La geografia politica bielorussa non lo consente. L’esercito russo dovrà occupare l’intera Bielorussia, e marciare fino ai confini dei paesi della NATO, Lituania e Polonia.
Il risultato sarebbe una nuova e immensa crisi tra la Russia e l’Occidente, che probabilmente comporteebbe il ridispiegamento di un numero molto considerevole di truppe statunitensi in Europa e il completo isolamento economico della Russia dall’Occidente. Una simile crisi comporterebbe anche una possibilità notevolmente maggiore di scontri e collisioni accidentali tra aerei e navi russi e della NATO. Niente di tutto questo servirebbe lontanamente gli interessi di Washington, per non parlare della classe media americana a cui l’amministrazione Biden ha apparentemente dedicato la sua politica estera. Allo stesso modo, difficilmente si può immaginare una serie più ampia di doni geopolitici alla Cina.
Soprattutto, l’amministrazione Biden deve onestamente riconoscere che la NATO non entrerà in guerra con la Russia per la Bielorussia più di quanto non abbia fatto la guerra per la Georgia nel 2008 o per l’Ucraina nel 2014. Ciò significa che la Russia avrà sempre il vantaggio militare sugli Stati Uniti e la NATO in Bielorussia, per il semplice motivo che, in ultima istanza, la Russia combatterà e noi no. La politica degli Stati Uniti deve essere modellata di conseguenza.
Un’altra importante serie di motivi per cui gli Stati Uniti mostrino cautela è la storia, la società e la cultura della stessa Bielorussia. Ancor più dell’Ucraina, la Bielorussia è stata divisa lungo linee regionali. La Bielorussia occidentale ha fatto parte della Polonia tra il 1919 e il 1939, e molta della sua popolazione appartiene alla tradizione religiosa Uniate affiliata alla Chiesa Cattolica. I bielorussi orientali, al contrario, tendono ad essere affiliati alla Russia e all’Ortodossia russa. La differenza con l’Ucraina è che l’identità etnica bielorussa è più debole, e una percentuale maggiore della popolazione bielorussa storicamente ha guardato verso est.
Il regime di Lukashenko ha tratto grandi vantaggi da questa divisione; e in particolare dall’esperienza della Seconda Guerra Mondiale, quando la Bielorussia soffrì peggio di qualsiasi altra regione d’Europa. A parte lo sterminio di una delle più grandi popolazioni ebraiche in Europa e gli effetti della carestia, più di 600 villaggi bielorussi furono distrutti e la loro intera popolazione uccisa [in inglese] nel corso delle operazioni tedesche contro i guerriglieri sovietici.
Per quanto riguarda il duraturo impatto politico locale di questa storia, è necessario comprendere che molte di queste atrocità sono state commesse dalla polizia ausiliaria locale [in inglese] che combatteva per i Nazisti, per lo più reclutata nella Bielorussia occidentale. Queste divisioni nella società bielorussa sono svanite tra i giovani bielorussi istruiti, e sono state oscurate dalla crescente esasperazione con Lukashenko in diverse regioni della Bielorussia. Sarebbe tuttavia estremamente imprudente e avventato credere che non possano riemergere in forma disastrosa dopo la caduta di Lukashenko.
L’ultimo fattore che dovrebbe indurre Washington alla cautela dovrebbe essere la consapevolezza delle conseguenze economiche di una rottura economica rapida e radicale con la Russia, come quella avvenuta in Ucraina. La Russia è il mercato per il 42 percento delle esportazioni bielorusse [in inglese] e la fonte del 48,4 percento dei suoi investimenti esteri (anche di più se si aggiungono le società offshore russe a Cipro). Non dovrebbe essere difficile immaginare le conseguenze dell’instabilità politica e della violenza bielorussa di una combinazione di declino economico radicale con una lotta interna per la successione a Lukashenko, nonché una lotta per procura per l’influenza tra Russia e Occidente.
Un conflitto del genere sarebbe molto negativo per gli Stati Uniti, l’Europa e la Russia, e una catastrofe assoluta per il popolo bielorusso. Ancora una volta, l’unico posto dove tutto questo sarebbe benvenuto sarebbe Pechino. Questo da solo dovrebbe essere un motivo sufficiente per l’amministrazione Biden per osservare grande cautela nel suo approccio alla Bielorussia.
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Articolo di Anatol Lieven pubblicato su Responsible Statecraft il 25 maggio 2021
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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“La crescente disperazione di Lukashenko”
“Elezioni sospette”
“Ripetute proteste di piazza”
“Violenta repressione della Polizia”
Questo e altre infinite sciocchezze in un articolo senza uno straccio di analisi.
questo Lieven autore (un ebreo americano?) non si preoccupa certo di denunciare le manovre Usa di distruzione della bielorussia per isolare ancora di più la russia … suggerisce ai sui padroni solo di essere prudenti!
Ma a che scopo pubblicate articoli del genere?
–,quello che è rilevante di questo articolo ,che cerca d’essere equidistante dagli interessi geopolitici in campo, sembra essere quello di affermare che buona parte degli europei sa che, per quanto inseriti nella Nato, non intendono fare alcuna guerra contro Lukascenko perché significherebbe ,nei fatti, farla alla Russia.
Gli USA lo sanno ,ed anche che la Nato è nei fatti un gigante dai piedi di argilla militare, che distribuisce stipendi ed assicura profitti al complesso militare-economico degli USA.
Un po’ troppo ” oggettivo” questo testo…..tra l’altro manca la valutazione della quasi autonomia politica nell’iniziativa dei paesi trimarium o anche ue che se comunque destabilizzano sarebbe sempre meglio
Falsificazione della realtà da parte di questo pseudo giornalista ,che sarebbe più corretto chiamare servitore del sistema finanziario-militarista mondiale.
Boh! Stó Lieven mi sembra “Alice nel paese delle meraviglie” manca completamente della nozione base: gli Stati Uniti hanno una politica di malafede, non dicono mai il vero, e disprezzano tutto ciò che non sia “americano”
Mi ha colpito che il ministro degli esteri cinese , di solito composto e misurato nel parlare, abbia riconosciuto che Pechino sia rimasta molto colpita dalle affermazioni di Putin sulla caduta degli imperi e sulla strada simile a quella percorsa dall’URSS su cui sono gli USA…. è per noi motivo di profonda riflessione.
Il senso generale che si ha è che al Cremlino siano proprio su un altra categoria, su un altro pianeta di appropriatezza della analisi strategica, mentre gli USA arrancano nella tattica violenta giornaliera di barcamenarsi nella sopravvivenza.
Bielorussia? Ucraina? Ossezia? Medio Oriente?
Occasioni di sconfitta per gli USA.
La Russia storica, quella eterna, che va dalla Polonia al Pacifico, dalla Carelia al Caucaso, dall’Artico al Caspio e alla Mongolia… quella Russia ha avuto 10 anni di sbandamento pauroso, ma in altri 20 soltanto ha ricuperato, è la cosa più importante è di avere assunto uno slancio progressivo di superiorità culturale, scientifico-tecnica, militare, politica da renderla un punto di riferimento per tutti i Popoli.
Ieri su IZVESTIA c’erano 3 articoli che mi hanno commosso:
la roccia Russia ha tratto profitto dalle sanzioni, svegliando un tumulto di efficiente riorganizzazione amministrativa della società, della scienza e della tecnologia, della economia, nelle università persino i prof. sono stupiti della vivacità intellettuale e creativa dei futuri giovani scienziati!
Lo sapete che Putin ha varato una legge di tutela degli oltre 300 popoli nativi – taluni ridotti a poche centinaia di persone, con l’obbligo di insegnamento delle loro lingue, con libri scolastici bilingue?
Il tutto organizzato da una struttura governativa che sta intervenendo per portare strade, internet, e strutture sanitarie sparse nella immensa Siberia?
L’altra notizia… entro il 2021 saranno commercializzati i pc di uso comune con sistema operativo russo e… CHIP RUSSO!
E l’America affonderà nella propria violenza interna. L’America cadrà su se stessa.
L’ho già scritto e sempre lo riscriverò: la nostra generazione vedrà la fine dell’America.