Braccare l’orso è una tecnica di caccia in cui una muta di cani tallona un orso fino al suo sfinimento totale, momento in cui entra in scena il cacciatore che, a sua volta, uccide la preda. Ed è così che Karen Shakhnarazov, un noto regista russo di origini armene, ha descritto l’attuale condizione geopolitica russa.
L’esempio dell’orso, per quanto riguarda la Russia, è un’immagine artificiosa e spesso dispregiativa, usata per descrivere tutto quanto di barbarico c’è al di là dell’Occidente. Ci sono radici storiche profonde, come si può vedere dagli esempi letterari ed artistici, ma questa è anche una similitudine valida dal punto di vista metaforico. Essendo una grande potenza continentale, estesa su buona parte dell’Eurasia ( comprese le zone più fredde del pianeta) e disponendo di armi nucleari, la Russia è assai simile ad un orso. Infatti, molti Russi, di loro spontanea volontà, si sono riappropriati di questa similitudine. Anche il Presidente Vladimir Putin se ne è servito in un certo numero di occasioni.
Ne ho dato un esempio al cosiddetto Valdai Club, quando ho menzionato il nostro simbolo più famoso, l’orso, che sta a guardia della nostra taiga. Continuando con questa analogia, alle volte mi chiedo se il nostro orso non dovrebbe starsene tranquillo invece di andare per la taiga a caccia di maiali e maialini, mangiando bacche e miele. Forse allora lo lascerebbero in pace. Ma non lo lasceranno in pace, perchè cercheranno sempre di mettergli le catene. Appena saranno riusciti ad incatenarlo gli strapperanno i denti e gli artigli. Nel contesto odierno questa è la deterrenza nucleare. Nel momento in cui, Dio non voglia, questo dovesse accadere e non ci fosse più bisogno dell’orso, allora si prenderebbero tutta la taiga.
Negli ultimi anni, dal momento in cui la Russia ha fatto il suo ritorno nell’arena globale, il numero di questi episodi di “caccia all’orso” è aumentato in maniera drammatica. Sono diventati ancora più frequenti negli ultimi due mesi, quando un attentato dinamitardo terroristico ha fatto esplodere un Airbus russo nei cieli della Penisola del Sinai. Questi episodi possono differire per motivazioni e scala di grandezza, possono interessare diversi settori, dallo sport all’informazione, fino all’abbattimento di un bombardiere russo da parte del governo turco. Alcuni sono stati premeditati, altri sono stati usati in maniera opportunistica, a fatto compiuto, per fini propagandistici, ma la maggioranza (di questi episodi) fa parte di quella strategia generale di contenimento ed indebolimento di quello che è stato chiamato il “risorgimento della Russia”.
Perchè la Russia è percepita come una minaccia?
Come mai la Russia odierna minaccia così tanto l’attuale situazione politica internazionale? Certamente non è più comunista (se proprio vogliamo credere alle argomentazioni ufficiali dell’Occidente sulla pericolosità di questa filosofia), per cui non sta cercando di promuovere una particolare ideologia nel resto del mondo. C’è poi da dire che questa nazione non gode di piena sovranità, sopratutto a causa dell’indirizzo economico di tipo liberale, ereditato dagli anni ’90, indirizzo che, grazie ai “consigli” del Fondo Monetario Internazionale, aveva portato all’iperinflazione. Anche la sua costituzione è basata sui modelli occidentali dello stesso periodo.
La Russia comunque ha abbastanza sovranità per sfidare l’egemonia globale di Washington, difendendo il diritto alla multipolarità, nei suoi aspetti internazionali e locali, avendo, oltre a tutto, il coraggio di dirlo e farlo pubblicamente. Per questo il Pentagono, nella sua strategia militare, considera la Russia una delle più grosse minacce per gli Stati Uniti. (Al contrario, la dottrina militare russa fa riferimento a minacce generiche, compresa la NATO, ma non parla di singole nazioni). Dopo tutto, creare uno stato di tensione fra Russia ed Europa giustifica la presenza americana in questo continente e la stessa esistenza della NATO, che sembrava essere in dubbio dopo la fine della Guerra Fredda. La Federazione Russa è anche un territorio molto esteso e ricco di risorse, molto attraente per i capitali stranieri, che però però pensano più ai loro particolari interessi piuttosto che a quelli dei cittadini russi. Alcune di queste risorse vengono poi vendute alla Cina, il maggior concorrente degli Stati Uniti.
E qual’è l’attuale ordine mondiale? E’ uno in cui Washington, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ha ricoperto l’unico ruolo dominante, espandendosi in parte per inerzia e imponendosi con le buone o con le cattive su vassalli e alleati riottosi (la cosiddetta comunità internazionale) e su nazioni poco disposte alla cooperazione. Tutto questo per poter mantenere il prestigio della propria (auto-imposta) leadership globale, a volte anche messianica, e continuare a considerarsi la “nazione indispensabile”, un paradiso fiscale (protetto dagli oceani) in mezzo ad un crescente dilagare di caos e instabilità. Instabilità in gran parte dovuta alla stessa politica estera di Washington, creata per distogliere l’attenzione dal proprio, inimmaginabile debito di 18 trilioni di dollari, per non parlare delle vendite di armi legate alle guerre e ai contratti per la ricostruzione che ne conseguono.

I maggiori esportatori di armi nel 2014. Fonte: AFP.
Come si può indebolire la Russia?
Storicamente la Russia, una nazione grande ed omogenea, è stata praticamente impossibile da conquistare nella maniera tradizionale, se si può imparare qualcosa dalle rovinose invasioni di Napoleone e Hitler. C’è da sottolineare però che i cambi di regime si sono verificati quando le contraddizioni interne e le azioni di un’élite debole, credulona o traditrice avevano raggiunto il punto di rottura, come agli inizi del 1600 con il regno della Confederazione Polacco-Lituana, la Rivoluzione di Ottobre nel febbraio 1917 o il collasso dell’URSS nel 1991. Dal momento che la capacità di rappresaglia nucleare impedisce una guerra convenzionale, negli ultimi anni contro la Russia sono state usate tattiche ibride. Allo scopo di indebolire questa nazione si è cercato di creare, nella società e nelle élites di potere, uno scontento sufficiente a danneggiare o deviare l’attuale indirizzo politico, sopratutto nella persona di Putin e del suo enturage.
Sbranando a piccoli morsi
Esaminiamo alcuni dei più importanti casi di guerra ibrida (quella che abbiamo chiamato “braccare l’orso”) applicata alla Russia.

Le illustrazioni della Grande Guerra Europea Nr.1. Un Atlante Umoristico del Mondo. Ryozo Tanaka (attribuito). 1914
Media
Questa è la più evidente delle diverse tecniche anti-russe. Solo con la descrizione degli attacchi contro questa nazione e la sua leadership da parte dei media mainstream occidentali, ci si potrebbe facilmente scrivere un libro, anche se non c’è necessità di approfondire ulteriormente l’informazione distorta che riguarda gli eventi riportati più in basso. Lo scopo di questa narrativa iperbolica e mendace è quello di influenzare l’opinione pubblica per sostenere certe decisioni dei governi occidentali. Tant’è che alcuni commentatori hanno descritto la situazione attuale come persino peggiore di quella al tempo della Guerra Fredda.
Questo modo di agire da parte dei media è il risultato di un giornalismo di infima qualità, tipico della stampa scandalistica, portato avanti da personaggi senza il background accademico, la proprietà di linguaggio o l’esperienza sul campo per poter parlare della Russia. Questo, per quanto riguarda le sue caratteristiche nichiliste, è anche in parte un aspetto della post-modernità.

Un esempio delle copertine di giornali e riviste dai media che si auto-proclamano liberi.
Facendo ricorso ad un manicheismo fumettistico, il capo della nazione viene dipinto come un pazzo, Darth Vader, un capo mafioso o anche solo un genocida, mentre i suoi concittadini sono considerati una massa inerte di schiavi, privi della facoltà di pensare (perchè mai dovrebbero seguire Darth Vader?). Qui c’è il paradosso: più accessibile diventa la Russia (in confronto all’Unione Sovietica, tutta chiusa in sè stessa), più facile diventa ottenere informazioni attendibili tramite Internet (invece di essere limitati alla stampa e alla narrativa ufficiale dell’era pre-Internet), peggiori diventano gli attacchi.
Atletica
Nel 2015 ci sono stati due grossi scandali nel mondo dello sport che hanno coinvolto la Russia. Uno riguardava l’accusa di corruzione nella FIFA, l’organo di controllo del calcio internazionale e l’altro lo scandalo del doping, basato sulle accuse dell’Agenzia Mondiale per l’Anti-Doping (WADA). Naturalmente queste denunce sono arrivate sulla scia di un’altra campagna mediatica, volta ad infangare i Giochi Olimpici di Sochi, ben oltre ogni ragionevole forma di critica.
Riguardo alla prima accusa, la decisione del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di perseguire legalmente la FIFA è, come minimo, curiosa, se si pensa che, in questa nazione, la cultura calcistica è solo agli albori. E la cosa è anche più strana considerando il fatto che il Dipartimento di Giustizia sta indagando, praticamente alla vigilia del torneo, sulla legittimità della sede per i Mondiali del 2018, che, guarda caso, dovrebbero tenersi in Russia. L’indagine va indietro di almeno vent’anni, ma sembra non prendere in considerazione i Mondiali del 1994, tenutisi, lo avete indovinato, proprio negli Stati Uniti, quando questa nazione non aveva assolutamente alcun interesse nel gioco del calcio. E se le indagini coprono veramente due decenni, allora vuol dire che c’è stato tutto il tempo necessario per architettare dei casi di corruzione anche dove prima non ce n’erano. Oltre a discreditare la Russia, lo scandalo della FIFA ha anche messo in luce il ruolo servile dell’Europa, che ormai ha completamente delegato la sua sovranità a Washington. Anche la Svizzera, nota storicamente per la sua neutralità, si è adeguata in fretta alle richieste americane, chiedendo l’estradizione dei dirigenti della FIFA.
Vale la pena esaminare anche lo scandalo del doping. Le accuse hanno portato alla sospensione degli atleti russi da parte dell’Associazione Internazionale delle Federazioni Atletiche (IAAF). Questo divieto farà si che i Russi non potranno partecipare ai prossimi Giochi Olimpici o patrocinare eventi internazionali come i Campionati Mondiali Giovanili del 2016. Tutti coloro che seguono gli eventi sportivi sanno che i casi di doping sono abbastanza comuni, compresi quelli di atleti famosi a livello mondiale, come Lance Armstrong o degli atleti americani delle discipline olimpiche.
Nel caso delle attuali accuse alla Russia da parte della WADA, supponiamo pure che la verità non stia più o meno a metà, come spesso succede, ma che queste accuse di doping siano vere al 100%. In questo caso è necessario punire quegli atleti che hanno infranto le regole. Ma questo non è ciò che sta accadendo. La IAAF sta invece impartendo una punizione collettiva alla Federazione Atletica di Tutta la Russia (ARAF), compresi quegli atleti che non hanno mai fatto uso sostanze che esaltassero le loro prestazioni. Inoltre questa sospensione, resa pubblica a meno di un anno di distanza da quello che è il più importante evento sportivo, i Giochi Olimpici, solleva molti dubbi sulla sua tempistica.
Ucraina, Donbass e Crimea
L’Ucraina è stata un punto di pressione, o un “perno” geopolitico, per citare Zbigniew Brzezinski, usato contro la Russia fin dal 1991, anche se alcuni analisti potrebbero dire che questa strategia ha inizio con il sostegno dato, in modi diversi, ai Banderisti Galiziani dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dal momento che non è stato difficile lavorare con il corrotto gruppo dirigente della nazione, Washington, da parte sua, ha ufficialmente investito 5 miliardi di dollari nella creazione di quella che ha chiamato la “società civile”, un’intera classe di opinionisti e personalità mediatiche ostili alle radici storiche e alle tradizioni nazionali condivise con la Russia. Usare l’Ucraina come progetto anti-russo non ha solo il significato di tagliare fuori la Russia dall’Unione Europea, ma anche quello di danneggiare la maggior parte dei settori manifatturieri e commerciali (delle due nazioni), storicamente collegati fra loro fin dai tempi dell’Unione Sovietica.

Sebastopoli celebra i risultati del referendum in Crimea, incentrato sull’unione con la Russia, il 16 Marzo 2014. Fonte: Petr Kassin/Kommersant, Getty Images.
In ogni caso, il cambio di regime voluto dall’Occidente non è andato completamente a buon fine, dal momento che la Repubblica Autonoma di Crimea, a maggioranza russa e in posizione strategica nel Mar Nero, si è riunificata con la Russia tramite un referendum. Nello stesso tempo nel Donbass, anch’esso a maggioranza russa, ci sono state fortissime proteste che il governo di Kiev, con l’aiuto finanziario e militare dei suoi sostenitori occidentali, ha tentato di reprimere per oltre un anno e mezzo. La guerra è stata usata non solo come arma di discredito nei confronti della Russia, ma ha anche comportato sanzioni economiche (di cui parleremo dopo) ed un continuo stillicidio finanziario a causa del milione e più di profughi che la Russia ha dovuto accogliere, per non parlare dell’indispensabile e ininterrotto flusso di aiuti umanitari.
Certo, gli accordi di Minsk-2, garantiti da Russia, Francia e Germania, anche se non hanno riportato la pace completa, hanno almeno ridotto la portata dei combattimenti. Questo ha lasciato il governo ucraino e i suoi sostenitori americani senza argomentazioni valide per giustificare il collasso economico interno (che non può più essere cancellato con una guerra) e senza opzioni per poter usare il progetto ucraino contro la Russia. Poi è arrivato il blocco della Crimea, che ha fatto più danni al commercio ucraino che a quello della stessa penisola e l’atto terroristico del sabotaggio dei tralicci dell’energia elettrica da parte dei “nazionalisti” ucraini, tacitamente sostenuti dal governo ( nonostante la Russia avesse continuato a fornire regolarmente il gas per tutto lo scorso inverno). Come risultato di questa azione, 2 milioni di Crimeani e centinaia di migliaia degli stessi Ucraini sono rimasti al buio per giorni interi.
Per complicare ulteriormente le cose, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha cambiato le proprie regole per poter continuare a far prestiti all’Ucraina, dato che la nazione è sull’orlo del fallimento. Questo cambio delle regole da parte del Fondo ha, in parte, permesso a Kiev di non onorare i propri debiti nei confronti di Mosca; in un secondo tempo l’FMI ha poi confermato che si trattava di un debito sovrano. Questo non migliorerà la situazione per la maggior parte degli Ucraini, perchè è sopratutto un mezzo per far pressione sulla Russia. Questa decisione del Fondo Monetario Internazionale (di cui gli Stati Uniti sono il principale sottoscrittore con il 72%) è arrivata praticamente in contemporanea con la visita in Ucraina per un altro giro di consultazioni, la quarta dal cambio di regime del 2014, del vicepresidente americano Joe Biden.
Alcuni commentatori russi hanno ironizzato, dicendo che le regole del mercato erano state cambiate dalla mano invisibile del mercato. Il Fondo Monetario Internazionale ha dato definitivamente prova di essere uno strumento non economico, ma politico. Si è inoltre ulteriormente delegittimizzato, usando un certo tipo di regole per la Grecia e il Portogallo e un altro (completamente diverso) per l’Ucraina. Inoltre, anche se il debito di Kiev, attualmente in discussione con Mosca, è di tre miliardi di dollari, la Russia, dal 1991, ha elargito alla nazione aiuti finanziari, in forme diverse, per un totale di circa 200-300 miliardi di dollari. L’Unione Europea, a sua volta, ha contribuito con circa 19 miliardi di dollari. La maggior parte di questi soldi, come ha ammesso anche Bloomberg, sono finiti nelle tasche degli oligarchi.
Sanzioni economiche, rublo ed energia
La riunificazione della Crimea con la Russia e la guerra in Ucraina, entrambe risultato delle stesse azioni dell’Occidente, sono state usate come pretesto per punire la Russia con sanzioni, o meglio, misure economiche unilaterali. Il termine “sanzioni” è naturalmente una designazione erronea, dal momento che solo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può ordinarle. Lo scopo di queste misure economiche è quello di abbassare lo standard di vita del cittadino medio, spaventare la classe dirigente creando tensioni sociali e, a tempo debito, trasferire il comando della nazione a personaggi più malleabili.
Queste misure sono state emanate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, insieme ad un certo numero di altre nazioni, come il Canada, allo scopo di colpire i settori dell’economia, della difesa e dell’energia, insieme anche a singoli individui. Alcune società russe non possono più contare sul credito occidentale, una misura volta a colpire specificamente la già menzionata dipendenza della nazione dal modello economico liberale. Joe Biden non ha avuto difficoltà nell’ammettere di aver fatto pressioni sull’Europa per la loro attuazione. L’Unione Europea era abbastanza riluttante, perchè convinta che queste misure avrebbero causato, cosa che è poi puntualmente avvenuta, gravi danni economici alle singole nazioni dell’Unione. Successivamente le sanzioni sono state rinnovate con il falso pretesto del rispetto degli accordi di Minsk-2 sull’Ucraina, di cui però la Russia non è parte in causa, ma solo garante. In ogni caso, queste sanzioni potrebbero anche durare decenni, quelli che le hanno emanate decideranno di abolirle solo quando non vedranno gli effetti sperati ma unicamente il danno prolungato che esse arrecano a loro stessi, come è successo con la Cina.
Inoltre, la quotazione del rublo è calata in maniera significativa, in parte come risultato della diminuzione del prezzo del petrolio. Dobbiamo notare che anche l’economia americana è danneggiata da questo fenomeno. Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che quella che ora è una guerra commerciale fra Russia ed Arabia Saudita possa essere stata causata dalla manipolazione del prezzo del greggio da parte di quest’ultima. Una delle principali cause che entrano in gioco qui è il fatto che queste due nazioni sono in guerra per il (controllo) del mercato cinese.
Comunque la Russia non è una “stazione di rifornimento”, come piacerebbe a certi commentatori. Le sue esportazioni di gas e petrolio non eccedono il 16% del PIL. Naturalmente la questione è molto più complessa, perchè questo dato non comprende le industrie correlate. In ogni caso, secondo alcuni esperti occidentali, non sono le sanzioni, ma il prezzo del petrolio ad influenzare negativamente l’economia russa.

La relazione tra il prezzo del greggio (in rosso) contro il rublo (in verde), dal 3 al 22 Dic 2015. Fonte : finam.ru, Russian Central Bank.
Essi ammettono anche che l’economia russa è in condizioni assai migliori rispetto alla dichiarazione di Obama di averla ridotta “a pezzettini”. Al contrario, l’inflazione può significare maggiori esportazioni per la Russia e la ristrutturazione del mercato interno, allo scopo di rimpiazzare le merci sanzionate, può beneficiare i produttori nazionali. Se si può dar credito alle dichiarazioni di Putin, la situazione non è certo ideale, ma il peggio della crisi è ormai alle spalle. Sopratutto sembra che la motivazione principale delle cosiddette sanzioni, creare disordini sociali, sia completamente fallita, dato che la popolarità del presidente, con la nazione stretta attorno a lui, rimane altissima.
La creazione di una divisione artificiale fra Russia ed Unione Europea, costantemente ribadita dai media mainstream, è di grande beneficio per Washington. La Russia e l’Unione Europea hanno legami commerciali in diversi settori che vanno oltre le risorse energetiche. Ma è quest’ultimo il fattore più importante: gli Stati Uniti hanno in progetto di vendere gas liquefatto all’Europa nel 2016 e per questo stanno cercando di estromettere la Russia da quello che è uno dei suoi principali mercati. Questo è il motivo per cui alcune nazioni europee stanno sabotando il progetto Nord-Stream-2 , cercando di costringere la Russia ad una ulteriore dipendenza dall’Ucraina per i diritti di transito.
Non è una coincidenza che i pensatoi americani (ad esempio Stratford) ritengano che l’allentamento dei rapporti fra Germania e Russia debba essere uno dei principali obbiettivi strategici di Washington: l’industria e la tecnologia tedesca insieme alle risorse energetiche russe, un classico in geopolitica, creerebbero infatti un’alleanza di una forza economica tale da poter sfidare l’egemonia di Washington. E non è una coincidenza che il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP)(i cui negoziati, per quanto concerne l’opinione pubblica, sono stati avvolti nel mistero) sia una misura protezionistica degli Stati Uniti, volta ad eliminare i concorrenti, come Cina e Russia. La stessa cosa vale per il Parternariato Trans-Pacifico, il blocco commerciale protezionistico in Asia. Non male per dei sostenitori del libero mercato.
Turchia, medio Oriente e terrorismo
La complessa situazione del Medio Oriente è simile ad una torta multistrato, in cui le rivalità geopolitiche si intrecciano con gli interessi nazionali e le differenze di religione. Ci sono diversi centri di potere, includendo Stati Uniti, Israele, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e Iran. Di recente a questa lista si è aggiunta la Russia, con il suo legittimo coinvolgimento nella lotta al terrorismo in Siria (dove centinaia dei suoi stessi cittadini hanno aderito al Daesh, lo Stato Islamico, da cui potrebbero ritornare in patria), che in questo modo difende anche i suoi interessi nazionali nella zona del Caspio. Non dobbiamo sottovalutare la capacità di alcune nazioni mediorientali di agire in modo autonomo, nonostante le loro alleanze a vari livelli con Washington, come ci mostra il caso dell’ingresso della Turchia in Iraq, che non necessariamente fa il gioco degli Stati Uniti.
Considerando che è la Turchia il paese con cui, dopo l’abbattimento del bombardiere Su-24, la Russia si sta confrontando apertamente, focalizziamoci su di essa. Le aspirazioni neo-ottomane del governo di Recep Erdogan sono limitate dalla realtà politica della regione, dove la Turchia riesce ad esercitare la sua influenza, militare e non, in Iraq e Siria solo perchè queste ultime due sono nazioni indebolite e devastate dalla guerra.
Le relazioni della Turchia con la Russia sono state amichevoli solo nell’ultimo decennio, sopratutto per ragioni economiche, dopo una lunga serie di conflitti, la maggior parte dei quali persi dalla Turchia, o sarebbe meglio dire, dall’Impero Ottomano. Il coinvolgimento russo nel conflitto siriano, su invito del legittimo governo, ha minato alla base le aspirazioni espansionistiche turche e il contrabbando petrolifero dei terroristi attraverso il confine siriano, in particolar modo dopo che Putin aveva svelato, proprio ad Antalya, il coinvolgimento in questo traffico di alcuni paesi appartenenti al G20. Solo pochi giorni dopo questa rivelazione c’è stato l’abbattimento in Siria del bombardiere russo Su-24. Non dimentichiamo poi il precedente di alcuni noti terroristi del Caucaso del Nord che ricevevano addestramento e cure mediche in Turchia.

Assalto alla Izmail ottomana (all’esterno dell’odierna Odessa) nel 1790. Dipinto di Danilevskii e Sibiriskii, 1973. La Russia otteneva allora la Crimea.
La Turchia non è l’unico stato nella regione con collegamenti al terrorismo. Gli analisti sostengono che l’incredibilmente ricco Qatar, e l’Arabia Saudita siano stati che sponsorizzano il terrorismo ed esportatori di Wahabismo, cosa assai importante nel conflitto siriano, e non solo in quello. Questo rende assai sospetta la loro partecipazione alla (illegale) coalizione americana anti-Daesh e il loro massiccio coinvolgimento europeo, e anche il loro ingresso nella recente alleanza contro il terrorismo islamico, patrocinata dalla stessa Arabia Saudita.
Quello che la Turchia del giorno d’oggi ha in comune con l’Ucraina del dopo-golpe è la grande importanza della posizione strategica che, recentemente, entrambe le nazioni hanno venduto al miglior offerente come base di partenza per le azioni contro la Russia. Noi, gente comune, non conosceremo probabilmente mai (o forse fra molti anni, dalle memorie di qualche generale) i particolari esatti della provocazione turca nei confronti del bombardiere russo e la successiva uccisione di uno dei loro piloti in Siria da parte del figlio di un ex-maggire turco e membro della formazione dei Lupi Grigi. Chi ne tragga vantaggio è una domanda più difficile di quello che potrebbe sembrare.
Da una parte, un importante disaccordo fra Turchia e Russia gioverebbe a Washington, perchè le due nazioni sprecherebbero risorse, confrontandosi a vicenda in un crescendo di rivalità, come con l’embargo decretato dalla Russia o l’introduzione del visto di viaggio obbligatorio. Uno dei progetti più importanti della regione è quello del Turkish Stream (dopo che la piccola Bulgaria è stata forzata ad abbandonare la proposta del South Stream), che però minaccia la politica di Washington, in quanto continuerebbe a tenere aperti i rifornimenti energetici della Russia verso l’Europa continentale. L’abbandono del Turkish Stream favorirebbe altre vie di approvvigionamento, come il Trans-Anatolian, il Trans-Adriatico ed altri gasdotti che arrivano dal Medio Oriente (Arabia Saudita e Qatar) in Europa attraverso l’Azerbaijan e la Turchia, mettendo in scacco sia Russia che Iran. Non è una coincidenza che, subito dopo la visita a Baku del Primo Ministro turco Ahmet Davotoglu (che ha affermato che l’Azebaijan potrebbe partecipare a progetti energetici comuni, se l’Armenia si ritirasse dai territori che “occupa”), l’Azerbaijan ha cannoneggiato il Nagorno-Karabakh per la prima volta dal cessate il fuoco del 1994.
Washington ha molti modi per far pressioni sulla Turchia. La prospettiva di una instabilità interna, per mezzo della minaccia curda, sarebbe certamente tenuta in grande considerazione da chi ha una grande esperienza di rivoluzioni colorate. Sopratutto, non è affatto verosimile che la Turchia, un membro della NATO, possa aver portato a termine una gesto così spudorato, il primo abbattimento di un aereo militare russo (o sovietico) in 60 anni, senza nessuna comunicazione con l’Alleanza.
D’altro canto la Turchia è una grossa potenza regionale e la sua dirigenza, come detto prima, ha aspirazioni neo-ottomane. E’ in una eccellente posizione strategica, quella del vecchio Impero Bizantino, fra Europa e Medio Oriente, controlla gli stretti e, recentemente, il flusso di rifugiati verso l’Europa le ha dato un enorme potere contrattuale, tre miliardi di Euro dall’Unione Europea, per essere precisi. Durante la Guerra Fredda, questa nazione usava la sua posizione geostrategica per ospitare i missili atomici americani Jupiter, puntati contro l’Unione Sovietica. I progetti sovramenzionati di transito energetico, che metterebbero in scacco Russia ed Iran, sono invece assai vantaggiosi per la Turchia stessa.
Attualmente, l’appartenenza alla NATO fa sì che il governo Erdogan si senta protetto e di conseguenza possa agire di propria iniziativa. La reazione iniziale della NATO all’abbattimento del Su-24 è stata comunque ambigua. Si può capire come le cose non siano andate come (i Turchi) speravano, dall’incidente, avvenuto in acque greche, in cui un cacciatorpediniere russo ha sparato colpi di avvertimento contro un peschereccio turco in rotta di collisione, dopo che erano falliti tutti i tentativi di comunicazione, e la cosa fa tornare alla mente l’attentato allo USS Cole (https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_allo_USS_Cole). Questa mancata provocazione, verificatasi subito dopo le rivelazioni sui collegamenti con il contrabbando di petrolio in Siria e l’abbattimento dell’aereo, è un chiaro segno che la Turchia sta cercando di cambiare la sua percezione da parte dell’Occidente, assumendo la parte della vittima.
L’espansione della NATO
E che dire della NATO? Sappiamo che questa alleanza militare si è avvicinata sempre di più ai confini della Russia fin dal 1991, nonostante le assicurazioni date a Mikhail Gorbachev. Molti commentatori, come Richard Sakwa, hanno fatto notare che, anche se il Patto di Varsavia non esiste più da molto tempo, la NATO continua ad espandersi: “esiste per gestire il rischio creato dalla sua stessa esistenza”. Indubbiamente, in un tale contorcimento orwelliano, questa organizzazione multinazionale, dominata da Washington, progettata per “tenere i Russi fuori, gli Americani dentro e i Tedeschi sotto” considera sè stessa come super-entità onnipresente quando usa termini come “i confini della NATO”. L’alleanza tiene spudoratamente esercitazioni militari nei Paesi Baltici, a 300 metri dai confini della Russia e allo stesso tempo la accusa di essere un aggressore.
Ed hanno ragione. La motivazione che la recente espansione della NATO sia una risposta “all’aggressione russa in Ucraina” è senza senso, dal momento che l’ingresso nell’alleanza degli Stati Baltici o di nazioni come Romania e Bulgaria risale agli anni 2002-2004. “L’aggressione russa” non spiega neanche il ritiro unilaterale dagli accordi per la non proliferazione delle armi atomiche, come il trattato ABM, abbandonato dagli Stati Uniti nel 2002. Un’altra curiosità è il fatto che gli Stati Uniti mantengono armi nucleari in Europa, armi che dovrebbero proteggere questo continente dall’Iran, anche dopo aver firmato un accordo sul nucleare con quest’ultima nazione. E tutto l’equipaggiamento militare portato in Europa dagli Stati Uniti per addestrare e premiare la lealtà degli alleati NATO, che avrebbe dovuto essere “una dimostrazione ben visibile degli Stati Uniti” sul territorio europeo? E’ rimasto sul continente anche dopo il termine degli addestramenti.
Che cosa può fare la Russia?
Non c’è una ricetta segreta per un rapido successo, solo lavoro duro e coerente in ogni settore, da quello militare ai media. In breve, la Russia deve continuare a fare ciò che ha fatto fino ad ora, e nello stesso tempo imparare dai propri errori.
Uno dei più grossi, almeno così sembra, è il modo con cui sono state affrontate certe crisi, reattivo piuttosto che proattivo. Nello scenario ucraino, per esempio, i segnali dell’imminente disastro erano evidenti fin dal 1991, con la storia che veniva riscritta e il divieto di usare la lingua russa. Ma, a differenza di Washington che si era assicurata la collaborazione degli opinion-leaders, la dirigenza russa aveva preferito lavorare solo con le elites, sopratutto sovvenzionando il settore energetico. Avrebbe invece dovuto sviluppare i forti legami storici e culturali esistenti fra Ucraina e Russia, rivolgendosi alla gente comune attraverso le varie istituzioni culturali. C’è da dire che, per la maggior parte di questo periodo, la Russia è sempre stata debole e sappiamo quello che si dice del senno di poi.
Ci sono stati anche dei notevoli successi. Uno è stato la presentazione, da parte di Almaz Antey della sua indagine sull’abbattimento del volo MH17 , che, nella stessa giornata, ha preceduto di poco la versione censurata del Dutch Safety Board, privando quest’ultima di ogni autorevolezza. Il disastro era stato usato per danneggiare, politicamente ed economicamente, la Russia con una campagna mediatica concertata, già poche ore dopo l’incidente, anche se esistevano prove concrete che coinvolgevano il governo ucraino, dal momento che il fatto era avvenuto nella zona sotto il suo controllo. In questa occasione, occupare per primi lo spazio mediatico internazionale e dettare un’agenda basata su prove empiriche, trasparenti e facilmente verificabili, è stata la cosa giusta da fare.
Nelle situazioni più pericolose, la Russia non deve rispondere alle provocazioni, che possono crescere a dismisura attorno ai suoi confini, Asia Centrale compresa, e anche all’interno, nel Caucaso del Nord.
Deve sfruttare tutti i consessi internazionali, anche quelli a lei meno favorevoli, per promuovere il suo punto di vista. Quando poi si tratta di Washington e dei suoi alleati, solo una consistente dimostrazione di forza, come il recente successo della campagna siriana, può portare ad accordi diplomatici, e ne è un esempio la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, approvata dagli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’economia, la Russia deve continuare il suo graduale sganciamento dal dollaro, con modalità differenti, p.e. usando le valute locali per le transazioni commerciali con i propri partners. Deve anche cambiare l’indirizzo economico liberale ereditato dal governo di Alexei Kudrin, facendo calare il quantitativo di Buoni del Tesoro americani da lei detenuti.
Un’altra sfida è quella intensificare tutte quelle misure, peraltro già definite, volte a far crescere e diversificare il mercato interno in risposta alle sanzioni dell’Occidente. A livello internazionale la Russia deve far parte di tutte quelle istituzioni che si pongono in alternativa all’ordine corrente, come la Banca Asiatica di Investimento per le Infrastrutture. Indubbiamente la Russia, all’interno dell’organizzazione dei BRICS, al di là di ogni campagna mediatica, può riuscire a trasformare la Nuova Banca di Sviluppo in una credibile alternativa a strutture come il FMI.
Fra gli aspetti più importanti della strategia russa, in praticamente quasi tutti i campi d’azione, ci sono diplomazia e potenza persuasiva (soft power), che, insieme, costituiscono quello che è il tipico “marchio di fabbrica” russo. In particolare, questa nazione deve cercare di aumentare gli scambi culturali nei settori tradizionalmente importanti: arte e letteratura. Questo non deve limitarsi ai classici (Tolstoy, Dostoyevsky, Tchaikovsky, e Rakhmaninov), ma deve comprendere anche esempi moderni, come i personaggi dei cartoni animati Masha e l’orso, incredibilmente popolari in 100 nazioni e tradotti in 25 lingue.

Masha e Orso – fonte: mashabear.com
Per quanto riguarda la presenza nei media, nel prossimo futuro sarà Davide contro il Golia dell’informazione mainstream occidentale. Anche se i crescenti attacchi contro i mezzi di informazione russi in lingua straniera, come RT e Sputnik, sono la prova della bontà di questo percorso e indicano che bisogna continuare il più possibile a sviluppare l’agenda mediatica.
Quello che la Russia deve fare prossimamente nel campo dell’informazione è abbastanza semplice: deve rendere disponibile la programmazione nazionale, come gli eccellenti documentari geopolitici settimanali del canale Rossiia, al pubblico internazionale, magari con i sottotitoli, ma in tempi brevi. Questo le permetterebbe di diffondere maggiormente il proprio punto di vista e consentirebbe ad un audience straniera, politicamente evoluta, una valutazione autonoma dei contenuti, basata sui fatti documentati e riportati nei filmati.
La cosa più importante è dare l’esempio. A differenza della vecchia Unione Sovietica e degli Stati Uniti di oggi, la Russia non cerca di promuovere una singola ideologia globale, cercando adesioni in tutto il resto del mondo. Quello che propugna è la sovranità nazionale in un contesto multipolare, dove ci sia il rispetto delle regole comuni e le leggi internazionali vengano dibattute in apposite sedi, come le Nazioni Unite. Il gruppo dirigente della nazione è anche riluttante ad esportare il proprio concetto di moralità a chi differisce per cultura e tradizioni. Anche all’interno, la Russia deve dare l’esempio, diventando una nazione in cui è desiderabile vivere (e questo vuol dire controbattere le campagne di disinformazione). Per alcuni la Russia può diventare un modello di nazione di stampo conservatore, con una struttura statale di tipo secolare che rispetta le religioni popolari, dall’Ortodossia a tutto il resto, un’alternativa all’edonismo e al relativismo morale dell’Occidente.
Anche se i suoi sempre più stretti legami con la Cina sono una soluzione di reciproco vantaggio, (la Russia) deve ritrovare un punto d’incontro con l’Europa continentale, perchè quest’ultima, con cui condivide economie e legami storici, è il suo partner naturale, nonostante i continui tentativi di Washington di seminare discordia. Uno dei settori dove si può sviluppare ulteriormente questa collaborazione è la lotta comune al terrorismo mondiale, sopratutto alla luce degli attacchi di Parigi e di Bruxelles. Questo tipo di cooperazione può migliorare le relazioni e portare a progetti comuni in altri settori.
La saggezza popolare è sempre valida perchè è semplice e precisa. Molti proverbi russi ribadiscono che per ottenere dei risultati occorre un lavoro lento e costante: “le favole si raccontano in fretta, ma i lavori si fanno piano” o “non puoi pescare un pesce senza metterci un po’ di fatica”. E proprio come in questi proverbi, l’Orso Russo deve difendere la sua taiga in modo appassionato e persistente. Solo così gli abitanti della taiga potranno continuare giustamente a gustarne i frutti, che in fondo sono i loro.
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Articolo di Nina Kouprianova pubblicato da FortRuss il 24 Dicembre 2015
Tradotto in Italiano da Mario per SakerItalia.it
Splendida esposizione dei fatti, di cui tutti siamo testimoni, ma pochi con giudizio retto e severo nei confronti di queso Occidente, o meglio direi accidente, che sotto il vessillo salvifico del cristianismo più becero e apostatato si maschera da “civile agnello liberatore” pur essendo il lupo infernale che rappresenta il turpe sionismo internazionale, ormai giunto alle sue ultime gravi tentate aggressioni.
Questo mostro disumano e barbaro, che ha creato il Nazismo per devastare l’Europa e che alla fine dell’ultimo conflitto mondiale si è reso ancora genocida in Asia, sganciando due bombe termonucleri sul Giappone nonchè contaminando l’Africa con l’AIDS, ha ingrassato per ben sette decenni i suoi devoti cittadini e scannato tutti quelli che non l’hanno assecondato, ciò nella sua “pace” apparente.
Un Occidente lercio ed assassino che ha dimostrato ingerenze parassite in tutto il pianeta, essendo parassitato a sua volta dal sionismo criminale che sogna il dominio globale attraverso l’ultimo atto della tragedia, la guerra nucleare controllata, cosa matematicamente impossibile, scatenando in sette decenni tragedie irrimediabili che i peggiori dittatori della storia mai si sarebbero permessi,
dall’innesco di lotte etnico-religiose alla distruzione sistematica dei territori in ogni modo possibile, mediante guerre devastanti o semplicemente inquinamenti industriali dettati dal capitalismo sfrenato che ha infettato anche l’Oriente negli ultimi due decenni attraverso l’emigrazione industriale.
Ora il suo pernicioso male non gli lascia scampo, i suoi popoli beoti cominciano a battere cassa per l’evidente crisi generata da questo sistema sucida, pertanto insieme ai suoi sciacalli è costretto a stringere i tempi, cercando di azzannare l’Orso nella sua tana, l’idea peggiore che potesse avere, tenendo conto che l’Orso e i suoi alleati d’Oriente hanno finora pazientato e cercato di evitare uno scontro frontale. L’immagine dell’Ogidente zotico e prepotente e la stessa dei suoi corrotti cittadini.