Lo scorso 17 Novembre si sono tenute le elezioni parlamentari nella Repubblica di Bielorussia. Si votava per rinnovare i membri della Camera dei Rappresentanti; il meccanismo elettorale prevedeva un maggioritario secco in collegi uninominali.

I risultati sono stati i seguenti: su 110 seggi, 89 sono andati a candidati indipendenti, 11 al Partito Comunista di Bielorussia, 6 al Partito Repubblicano di Lavoro e Giustizia, 2 al Partito Patriottico della Bielorussia, 1 al Partito Liberal Democratico della Bielorussia e 1 al Partito Agrario Bielorusso. Altri otto partiti che si erano presentati alla competizione non sono riusciti ad ottenere nessun seggio.

A prima vista può sembrare sorprendente che sia stato eletto un numero così ampio di indipendenti nel parlamento e che i rappresentanti dei partiti, tutti sommati insieme, non raggiungano il 20% della rappresentanza complessiva. Si capisce meglio la situazione se si focalizza il fatto che l’attuale presidente della Repubblica, Aleksandr Lukashenko, è sostenuto non da un partito, ma da un cartello di associazioni che va sotto il nome di “Bela Rus” (il nome del paese, nella lingua locale, è esattamente “Belarus”) e quindi i membri di tali associazioni, una volta eletti, risultano formalmente come indipendenti; inoltre il meccanismo elettorale a collegi uninominali, in cui si vota il nome della persona e non un partito direttamente, tende a facilitare l’elezione di candidati non iscritti ad un partito.

Un approfondimento meritano però i partiti in lizza, anche se non sono risultati vincenti. L’affermazione del Partito Comunista (acronimo KPB) arrivato allo 10,62% è sorprendente se si considera la parabola che questo partito ha vissuto negli anni: dopo aver subito un risultato elettorale disastroso nel 1995, l’anno in cui fu eletto per la prima volta Lukashenko come presidente, in quanto il candidato comunista aveva raccolto uno striminzito 5% uscendo dalla competizione al primo turno, il KPB era rimasto ai margini della vita politica del paese, finché nel 2016 sempre alle elezioni parlamentari era riuscito a raggiungere il 7,4% eleggendo una truppa di 8 parlamentari; fino al risultato di quest’anno in cui, come s’è visto, i voti sono cresciuti e i suoi parlamentari si sono incrementati di ulteriori tre unità. Il KPB non ha espresso, durante le ultime elezioni presidenziali, un suo candidato ma ha accordato il proprio sostegno a Lukashenko.

Il Partito Repubblicano di Lavoro e Giustizia (acronimo RPTS) è risultato il secondo più votato con il 6,75%. Si tratta di un partito socialdemocratico: ha stretti rapporti con il partito “Russia Giusta” della Federazione Russa, anch’esso socialdemocratico di centro-sinistra, e con analoghe formazioni di Ucraina e Kazakhstan. E’ una formazione datata, che risulta attiva fin dai primi anni ’90. Nel suo programma include l’integrazione del paese nell’ambito dell’Unione Economica Eurasiatica e si è espressa favorevolmente al progetto di Stato Riunito con la Federazione Russa. Anche il RPTS non ha presentato un proprio candidato alle presidenziali.

Il Partito Patriottico Bielorusso (BPP) ha ottenuto il 1,43% riuscendo tuttavia a “piazzare” un paio di parlamentari. Si tratta di un partito che si ispira ai principi del “socialismo patriottico”, quindi area di centro-sinistra. Alle elezioni presidenziali ha sempre presentato un proprio candidato, che all’ultima tornata elettorale per la massima carica dello stato era il proprio segretario Nikolaj Ulakhovic, sebbene con risultati modesti (nel 2015, Ulakhovich aveva raccolto il 1,7% dei consensi).

Il Partito Liberal Democratico della Bielorussia (LDPB) ha raccolto il 5,36% dei consensi ottenendo un eletto. A dispetto del nome, che nell’accezione occidentale ha tutt’altro significato, si tratta di una formazione di estrema destra profondamente nazionalista, panslavista e statalista in economia: al fine di inquadrare le sue posizioni politiche, basti sapere che è il “cugino” del Partito Liberaldemocratico Russo di Vladimir Zhirinovskij. Anche il LDPB alle presidenziali ha sempre portato un proprio candidato, il segretario Sergej Gaidukevich, che all’ultima elezione si era piazzato terzo con il 3,33% dei consensi – pertanto il voto del 17 Novembre ha segnato un suo lieve incremento di suffragi.

Il Partito Agrario è ritornato in parlamento con un eletto (0,89% complessivo) dopo che nel 2016 non era riuscito ad ottenere alcun rappresentante. Tenuto presente che, sebbene l’economia del paese sia fondamentalmente industriale, l’agricoltura riveste ancora un ruolo importante nei bilanci locali, non deve sorprendere che vi sia ancora una porzione, seppur ridotta, di elettorato che rivolge la propria preferenza al partito. Anche questa formazione si colloca idealmente nell’ambito di centro-sinitra.

Vi erano anche altri partiti che non hanno ottenuto parlamentari. Vale la pena analizzarne i principali.

Il Partito dell’Unione Civile della Bielorussia (AGPB) ha ottenuto il 1,37% dei voti e non ha avuto eletti in parlamento, mentre nel 2016 era riuscito ad ottenere un seggio. E’ un partito liberale di centro-destra. A livello internazionale, è un partito osservatore del Partito Popolare Europeo (lo stesso di Forza Italia) e affiliato all’Unione Democratica Internazionale, la federazione internazionale che ospita i cristiano-democratici tedeschi e i repubblicani francesi.

Il Partito Fronte Popolare della Bielorussia (“Partija BNF” in lingua originale) è una formazione ispirata al nazionalismo bielorusso, conservatrice,  europeista e filo-NATO, affiliata all’Unione Democratica Internazionale. A questa tornata ha raccolto il 1,56% dei consensi.

Il Partito Social Democratico Bielorusso Assemblea è una formazione di centro-sinistra che si ritiene il successore di una omologo partito fondato nel 1902. E’ iscritto all’Internazionale Socialista, promuove l’ingresso del proprio paese nell’Unione Europea e nella NATO. A questa tornata ha avuto il 1,61% dei consensi.

Vi erano inoltre in lizza anche altre associazioni partitiche minori, che non hanno raggiunto l’1%, tra i quali si cita il Partito Verde Bielorusso (ambientalista) che è rimasto fermo allo 0,2%.

I commenti della stampa occidentale, oltre ad avere ancora una volta stigmatizzato l’irregolarità del voto, hanno insistito sul tema dell’ “uscita dell’opposizione dal parlamento”. Secondo la tesi occidentale, mentre nel parlamento eletto nel 2016 vi erano due membri dell’opposizione (uno del AGPB e uno indipendente) nella Camera dei Rappresentanti scaturita dalle urne di quest’anno non vi sarebbero oppositori. La realtà, come traspare dalla descrizione di cui sopra, è che un’opposizione in parlamento esiste eccome; tuttavia, sono rimasti esclusi i partiti di ispirazione apertamente europeista e pro-NATO. In pratica, in occidente non vengono considerati oppositori tutti coloro che sono fautori di una strategia di indipendenza della Bielorussia dalle strutture sovranazionali europeo-americane, con particolare riferimento all’ Alleanza Atlantica. Ora, se una critica del genere può possedere alcune basi per i partiti che alle presidenziali hanno appoggiato Lukashenko – Partito Comunista e il RPTS – è platealmente fasulla per altri partiti, come il Partito Patriottico Bielorusso e il Partito Liberal Democratico, che hanno sempre presentato alle presidenziali i propri candidati e i propri programmi in aperta competizione con l’attuale presidente.

Ma questa opposizione esiste e, tenuto presente che il 17 Novembre i partiti sono complessivamente avanzati di alcuni seggi rispetto alla precedente configurazione della Camera, non è da escludere che in futuro possano ottenere affermazioni più incisive. La semplificazione puerile della geografia politica bielorussa che viene propagandata alle nostre longitudini è finalizzata a banalizzare una situazione ben più articolata di quello che si vuole far credere, e a fornire al nostro pubblico l’immagine della Bielorussia come di un “grigio feudo” politicamente omogeneo, quando invece, già ad una prima osservazione superficiale, si nota una realtà molto più viva e complessa.

***

Articolo di Marco Trombino per Saker Italia

Condivisione: