La controversa visita del presidente Trump nel Regno Unito è terminata con la sua partenza per la Normandia per celebrare il 75° anniversario dello sbarco del D-Day. Trump si è riunito con altri leader occidentali per la solita foto, senza i leader di Russia e Cina, che non erano nemmeno stati invitati, nonostante i loro paesi abbiano subito rispettivamente 27 milioni e 20 milioni di morti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel suo discorso Trump [in inglese] ha celebrato il sacrificio e l’eroismo dei soldati Alleati che hanno contribuito a liberare la Francia dal controllo Nazista. Ha ringraziato gli alleati occidentali americani affermando “il nostro legame è indissolubile”. Non ha fatto menzione dell’alleato sovietico dell’America. L’Unione Sovietica fece enormi sacrifici e diede un contributo decisivo alla sconfitta della Wehrmacht durante l’estate del 1944.
L’incapacità di Trump di riconoscere il ruolo dell’Unione Sovietica si accorda con la narrativa occidentale secondo cui gli sbarchi del D-Day hanno svolto il ruolo fondamentale nel provocare la sconfitta della Germania Nazista, ignorando completamente il ruolo dell’Armata Rossa sovietica.
Narrative in competizione sull’importanza del D-Day
Questo racconto è esemplificato nell’articolo di Ian Carter dell’Imperial War Museum di Londra, Perché il D-Day è stato così importante per la vittoria degli Alleati. Carter fa la grandiosa e storicamente inaccurata affermazione che l’invasione alleata della Normandia abbia giocato un ruolo di vitale importanza nella sconfitta della Germania Nazista:
“L’esercito tedesco subì una catastrofe maggiore di quella di Stalingrado, della sconfitta in Nord Africa o anche della massiccia offensiva estiva sovietica del 1944”.
Lo storico americano Peter Kuznick, professore di storia alla American University e co-autore, con Oliver Stone, de La Storia non Raccontata degli Stati Uniti, ha recentemente commentato la narrazione secondo la quale sono stati gli sbarchi del D-Day a spezzare la schiena al Fascismo tedesco. In un’intervista con The Real News Network del 9 giugno, Kuznick ha commentato:
“Per gli americani, la guerra inizia a Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941. E poi ci sono alcune battaglie in Nord Africa e nel ventre molle dell’Europa, e in Italia. Ma la vera guerra per gli americani inizia il 6 giugno 1944, con l’invasione della Normandia con il D-Day. Poi gli americani hanno sconfitto i tedeschi da soli e hanno marciato direttamente su Berlino. E gli americani vincono la guerra in Europa. Questo è un mito molto, molto sfortunato e pericoloso che è stato perpetrato. E se ascoltate le parole di Trump, di nuovo, in Inghilterra, egli sta ancora rinforzando quel mito sugli americani che aprono la strada verso la liberazione dell’Europa. Questa non è la realtà. La realtà è che il successo in Normandia è in gran parte dovuto al fatto che i tedeschi erano già indeboliti a quel punto, perché stavano prendendo batoste e stavano ritirandosi in tutta Europa davanti all’esercito russo, davanti all’immensa Armata Rossa, che stava già liberando i campi di concentramento”.
In netto contrasto con questa narrativa filo-americana, la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Marija Zacharova [in inglese], ha rilasciato la seguente dichiarazione sul 75° anniversario dello sbarco del D-Day:
“Come notano gli storici, lo sbarco in Normandia non ha avuto un impatto decisivo sull’esito della Seconda Guerra Mondiale e sulla Grande Guerra Patriottica. Era già stato predeterminato a seguito delle vittorie dell’Armata Rossa, principalmente a Stalingrado (alla fine del 1942) e a Kursk (a metà del 1943)”.
Prima di procedere ecco la mia premessa. Mio nonno combatté in Nord Africa e in Italia con l’8a Armata britannica, quindi questo articolo non cerca di sminuire il contributo dei soldati alleati, ma cerca semplicemente di dare un equilibrio storico alla narrativa altamente politicizzata su chi inflisse il colpo decisivo alla Germania Nazista durante il 1944.
L’importanza delle sconfitte tedesche durante il 1943
Gli Stati Uniti entrarono nella Seconda Guerra Mondiale il 7 dicembre 1941 in seguito all’attacco giapponese alla base navale americana a Pearl Harbor. Già nel giugno 1942 l’Unione Sovietica aveva esortato i suoi alleati americani e britannici ad aprire un secondo fronte in Europa occidentale. Gli Stati Uniti e il Regno Unito impiegarono altri due anni per lanciare finalmente l’invasione della Francia. Nel frattempo, l’Armata Rossa subì il peso della potenza militare tedesca e milioni morirono nella guerra di sterminio condotta dai Nazisti sul fronte orientale.
Nel giugno 1944 la sconfitta finale della Germania Nazista era già stata stabilita dalle vittorie dell’Armata Rossa a Stalingrado (agosto 1942-febbraio 1943) e Kursk (luglio-agosto 1943) nel 1943. A Stalingrado aveva perso la Sesta Armata e quattro armate alleate, costituite da oltre 400.000 uomini. Inoltre a Kursk aveva perso 30 divisioni (oltre 500.000 uomini) di cui 7 divisioni Panzer equipaggiate con i nuovi carri armati Panther e Tiger, 1.500 carri armati, 3.000 cannoni e 3.500 aerei da guerra.
Sia i generali tedeschi che quelli sovietici che scrivono dopo la guerra concordano sulle conseguenze catastrofiche delle sconfitte della Wehrmacht nel 1943. Il Colonnello Generale Heinz Guderian, che divenne Capo dello Stato Maggiore nel 1944, ammise che entro la fine del 1943 la Wehrmacht “aveva subito la sconfitta decisiva… Da quel momento il nemico fu in possesso indiscusso dell’iniziativa”.

Truppe della 49a Armata durante la cattura di Mogilev il 28 giugno 1944.
Il Feldmaresciallo von Manstein fece eco alla valutazione di Guderian sulle conseguenze catastrofiche delle sconfitte tedesche durante il 1943. Nelle sue memorie notò che entro la fine del 1943 la Wehrmacht:
“…Si trovò a condurre una lotta difensiva che non poteva essere altro che un sistema di improvvisazioni e ripieghi… Mantenerci sul campo, e così facendo, abbattere al massimo le capacità offensive del nemico, diventò l’essenza della lotta”.
Il Maresciallo Zhukov, vicecomandante dell’Armata Rossa, osservò in seguito la natura decisiva delle sconfitte inflitte alla Wehrmacht tedesca nel 1943:
“Non solo i raggruppamenti scelti e più potenti dei tedeschi vennero distrutti qui, ma anche la fede dell’esercito tedesco e del popolo tedesco nella leadership Nazista, e la capacità della Germania di resistere alla crescente potenza dell’Unione Sovietica vennero irrimediabilmente distrutte”.
Gli storici americani David Glantz e Jonathan House, nel loro racconto sul fronte orientale Quando i Titani si scontrarono: Come l’Armata Rossa fermò Hitler, dichiararono che il 1943 fu un periodo rovinoso e fatalmente distruttivo per l’esercito tedesco:
“Organicamente, la Wehrmacht era chiaramente in declino verso la fine del 1943. Oltre alla fine della Sesta Armata e di diverse armate alleati, anche le forze corazzate il trasporto aereo tedeschi erano stati distrutti ripetutamente. Centinaia di divisioni di fanteria ordinarie vennero ridotte a due terzi della loro forza, con una mobilità in declino e difese anticarro inadeguate”.
“In effetti, dopo Kursk si instaurò un circolo vizioso. Ogni nuova battuta d’arresto costringeva i tedeschi ad impegnare le loro truppe sostitutive appena reclutate e le loro unità corazzate rinnovate per combattere più rapidamente e con meno addestramento. Le truppe scarsamente addestrate subivano perdite abnormemente elevate ancora prima di apprendere la dura realtà del combattimento. Queste vittime, a loro volta, significavano che i comandanti dovevano fare appello alla successiva ondata di rincalzi in una fase ancora precedente della loro formazione”.
Nell’estate del 1944 la Wehrmacht non era in grado di condurre un’offensiva generale su un ampio fronte. Si stava riprendendo dalle enormi perdite inflitte dalla campagna invernale dell’Armata Rossa del 1943-44, che aveva portato alla distruzione di vaste porzioni di Prima, Sesta, Ottava e Diciassettesima Armata Panzer. 16 divisioni tedesche comprendenti oltre 50.000 uomini erano state completamente distrutte, mentre altre 60 divisioni erano state ridotte a frazioni delle loro precedenti forze.
Gli obiettivi per le offensive estive sovietiche del 1944
Considerazioni geo-politiche più estese entrarono nelle direttive del comando dell’Armata Rossa quando elaborarono gli obiettivi per la campagna estiva del 1944. L’invasione della Francia e l’apertura del secondo fronte, da tempo ritardate, erano un pensiero fisso di Stalin. Era consapevole che la forza a guida americana che sarebbe sbarcata in Normandia avrebbe iniziato una corsa con l’Armata Rossa per arrivare prima a Berlino. Nel 1943 Stalin incontrò Churchill e Roosevelt alla Conferenza di Teheran, per iniziare a progettare il futuro dell’Europa postbellica, che prevedeva la divisione della Germania in zone di influenza. Stalin era determinato a far sì che l’Armata Rossa arrivasse per prima a Berlino, ed essere così nella posizione per dividere la Germania e assicurarsi che l’Europa dell’Est diventasse una zona cuscinetto satellite dell’Unione Sovietica.
Nel marzo 1944 il Comitato per la Difesa dello Stato guidato da Stalin e dallo Stato Maggiore dell’Armata Rossa iniziò l’analisi delle opzioni per l’offensiva estiva. Alla fine fu deciso che l’Armata Rossa avrebbe attaccato e distrutto il suo nemico più feroce: il Gruppo Armate Centro, che era concentrato in Bielorussia. La liberazione della Bielorussia avrebbe fatto arrivare l’Armata Rossa in Polonia, e l’avrebbe posizionata lungo la rotta più diretta per Berlino, con in più il vantaggio aggiuntivo di lasciare il Gruppo Armate Nord tagliato fuori dalle linee di rifornimento e incapace di ritirarsi.
La campagna estiva avrebbe coinvolto cinque diverse offensive che correvano da nord a sud, e sarebbero state scaglionate lungo un fronte di 3.200 chilometri. L’Operazione Bagration prese il nome dal generale russo che fu ferito a morte nella Battaglia di Borodino, nel 1812. La partenza era prevista per il 22 giugno, quasi due settimane dopo l’offensiva contro la Finlandia, progettata per far uscire questo alleato tedesco dalla guerra.
L’Armata Rossa eseguì una massiccia ridistribuzione delle truppe in un rigoroso segreto, che faceva parte dell’inganno che portò l’Alto Comando tedesco ad aspettarsi che le offensive principali fossero dirette contro il Gruppo d’Armate Sud e il Gruppo d’Armate Nord.
A metà giugno, l’Armata Rossa aveva eseguito l’erculeo compito di posizionare insieme 14 armate combinate, insieme ad 1 armata corazzata, 118 divisioni di fucilieri, 4 armate aeree e 2 corpi di cavalleria. Questa enorme forza comprendeva 1.254.300 uomini, 2.715 carri armati, 24.363 pezzi di artiglieria appaggiati da 2.306 lanciarazzi Katyusha e 5.327 aerei da combattimento, appoggiati da 700 bombardieri della Forza da Bombardamento a Lungo Raggio.
La logistica coinvolta nella preparazione dei quattro fronti dell’esercito coinvolti nell’operazione Bagration dà un’idea della portata imponente dell’attacco imminente. I quattro fronti dell’esercito erano appoggiati da 70.000 camion e 90-100 treni al giorno, che portavano carburante e munizioni sulle linee di partenza dell’imminente offensiva.
Iniziano le offensive estive
Tre giorni dopo gli sbarchi del D-Day, il 9 giugno, quasi 1.000 aerei da combattimento aprirono l’offensiva che avrebbe buttato la Finlandia fuori dalla guerra. Ebbe anche l’ulteriore vantaggio di tenere distratto il Gruppo d’Armate Centro dalla principale spinta sovietica che stava iniziando con cautela di fronte alle difese tedesche.
Operazione Bagration 23 giugno – 19 agosto 1944
Il 19 giugno i partigiani sovietici fecero esplodere più di 10.000 cariche da demolizione che distrussero le linee ferroviarie, le rotabili, i raccordi e gli incroci tedeschi sul fronte centrale. Nelle successive 4 notti 40.000 cariche sparsero distruzione nella rete di trasporti tedesca.

Fonte: WWII Database. Qui, una versione più dettagliata.
Infine, il 23 giugno, quasi nel terzo anniversario dell’invasione della Wehrmacht dell’Unione Sovietica, l’Armata Rossa lanciò il suo massiccio attacco a sorpresa contro il Gruppo d’Armate Centro.
L’Operazione Bagration ottenne una sorpresa tattica completa, e ben presto il Gruppo d’Armate Centro iniziò a vacillare. L’Alto Comando tedesco sembrava del tutto inconsapevole della catastrofe imminente che stava rapidamente avvolgendo le sue forze. Hitler negò il permesso per qualsiasi tipo di difesa flessibile che implicasse ritirate tattiche da parte delle unità tedesche, e non era disposto ad inviare alcun rinforzo importante al Gruppo d’Armate Centro.
Già il 24 giugno il Gruppo d’Armate Centro stava affrontando una seria minaccia alla sua stessa esistenza. John Erickson, nel suo magistrale resoconto del fronte orientale, La Strada per Berlino: La Guerra di Stalin con la Germania Vol.2, commenta:
“Da questo momento in poi, il Gruppo d’Armate Centro rimase bloccato in una situazione impossibile, e progressivamente inondata dal fuoco russo, gli venne negato qualsiasi grado di flessibilità, e venne privato di rinforzi efficaci… La situazione della Terza Armata Panzer e della Quarta Armata era seria: per la Nona Armata a sud divenne rapidamente catastrofica”.
Una settimana dopo il lancio dell’Operazione Bagration il sistema difensivo tedesco era crollato. I quattro fronti dell’Armata Rossa avevano liberato Vicebsk, Orsha, Moghilev e Bobruisk, e proseguivano verso Minsk. Uccisero oltre 130.000 soldati tedeschi, ne presero 66.000 prigionieri e distrussero 900 carri armati tedeschi e migliaia di veicoli. Le perdite dell’Armata Rossa furono così alte che il 2° Fronte bielorusso fu costretto a ritirarsi per recuperare. Nonostante le sue pesanti perdite, l’Armata Rossa non mostrò segni di rallentamento del ritmo della sua offensiva.
Le tre armate tedesche che comprendevano il Gruppo d’Armate Centro erano in disordine e in ritirata. Fu loro ordinato di seguire una politica di terra bruciata che non lasciava risorse per l’avanzata dell’Armata Rossa, che si imbatté in numerosi crimini di guerra tedeschi. John Erickson ha notato che:
“Minsk, con le fabbriche demolite e le installazioni distrutte, si ergeva per lo più in rovina; per la maggior parte della Bielorussia le truppe sovietiche avanzarono attraverso villaggi bruciati e città distrutte, il bestiame scomparve e la popolazione si assottigliò spaventosamente. Più di una volta le unità dell’Armata Rossa si imbatterono in carri carichi di bambini destinati alla deportazione nel Reich”.
Minsk, capitale della Bielorussia, cadde il 3 luglio, e l’Armata Rossa si mosse per circondare e distruggere la Quarta Armata tedesca, la cui forza era ormai scesa a circa 105.000 uomini.
40.000 soldati tedeschi morirono cercando di uscire dall’accerchiamento sovietico. L’11 luglio i resti della Quarta Armata, senza munizioni e carburante, si arresero.
L’Armata Rossa aveva raggiunto un totale successo tattico e strategico e penetrato per 400 chilometri nel fronte tedesco, lasciando il Gruppo d’Armate Centro con solo otto divisioni a sua disposizione.
Le stime delle sconcertanti perdite tedesche suggeriscono che il Gruppo d’Armate Centro perse 25-28 divisioni, oltre 450.000 uomini, mentre altri 100.000 caddero sui fronti meridionale e settentrionale.
Le vittime sovietiche furono altrettanto orrende, con l’Armata Rossa che subì oltre 230.000 morti e 800.000 feriti.
Durante le tremende offensive dell’Armata Rossa della fine di giugno e luglio del 1944, gli Alleati occidentali lottarono per uscire dalla loro testa di ponte in Normandia. L’Operazione Bagration e le offensive che l’accompagnarono portarono l’Armata Rossa nella periferia orientale di Varsavia, superando i suoi obiettivi iniziali e spezzando la schiena del più forte gruppo dell’esercito tedesco, lasciando il regime di Hitler a guardare in faccia la sconfitta.
Valutazioni dell’Operazione Bagration
Le valutazioni dell’impatto dell’Operazione Bagration concordano sul fatto che essa inflisse un colpo devastante e catastrofico alle capacità militari del Fascismo tedesco.
Gli storici americani David M. Gantz e Jonathan House hanno notato le terribili conseguenze dell’Operazione Bagration per la Wehrmacht tedesca:
“La distruzione di oltre 30 divisioni e la carneficina avvenuta in una miriade di divisioni sopravvissute, accompagnata da un’avanzata sovietica di oltre 300 chilometri, aveva decimato il Gruppo d’Armate Centro, il più forte gruppo dell’esercito tedesco, scosso duramente il Gruppo d’Armate Sud in Ucraina e portato l’Armata Rossa ai confini del Reich”.
John Erickson nella sua valutazione dell’importanza storica dell’Operazione Bagration ha commentato:
“Quando gli eserciti sovietici distrussero il Gruppo d’Armate Centro, ottennero il loro più grande successo militare sul fronte orientale. Per l’esercito tedesco sul fronte orientale fu una catastrofe di proporzioni incredibili, più grande di quella di Stalingrado…”
Questa valutazione è confermata dai generali tedeschi e sovietici.
Secondo lo storico militare tedesco, il Generale von Buttlar, l’Operazione Bagration lasciò la Wehrmacht nello scompiglio, e distrusse la sua capacità di creare un’efficace resistenza all’Armata Rossa. Osservò che “la rotta del Gruppo d’Armate Centro mise fine alla resistenza organizzata dei tedeschi in Oriente”.
Il Maresciallo Zhukov nelle sue memorie fornì una valutazione dettagliata delle ramificazioni militari e geopolitiche dell’Operazione Bagration:
“In due mesi, le truppe sovietiche avevano sbaragliato due grandi raggruppamenti strategici tedeschi, liberato la Bielorussia, completato la liberazione dell’Ucraina e liberato una parte considerevole della Lituania e della Polonia orientale. In queste battaglie, il 1°, 2° e 3° Fronte bielorusso e il 1° Fronte del Baltico sbaragliarono 70 divisioni. Trenta divisioni vennero messe in rotta dal 1° Fronte ucraino nelle regioni di Leopoli-Sandomierz… la sconfitta dei Gruppi Ucraina Centro e Nord, la cattura di tre teste di ponte principali sulla Vistola e l’arrivo a Varsavia portarono i nostri fronti d’assalto vicino a Berlino, ora a soli 600 Km di distanza… La Romania e l’Ungheria erano prossime al ritiro dall’alleanza tedesca.
Nel giugno-luglio 1944 l’Operazione Bagration spezzò la schiena della più forte formazione militare nella Wehrmacht e inflisse un colpo mortale al Fascismo tedesco, da cui non fu in grado di riprendersi. La narrativa americana che il D-Day ha inflitto il colpo mortale al Fascismo tedesco non regge ad un esame accurato.
Gli storici militari americani Glantz e House hanno osservato che “…Nonostante la necessità dei tedeschi di dirigere nuove divisioni e attrezzature verso est, durante giugno e luglio la Wehrmacht fu ancora in grado di contenere la testa di ponte alleata in Normandia”.
Il 17 luglio 1944 57.000 prigionieri di guerra tedeschi, catturati durante l’Operazione Bagration, furono fatti sfilare per le strade di Mosca. Il motivo era mettete a tacere tutti i discorsi che l’Armata Rossa non aveva svolto il ruolo decisivo nel distruggere le capacità militari della Wehrmacht tedesca.
Lo storico militare John Erickson ha notato come:
“I russi erano irritati dal fatto che le truppe tedesche fossero state trasferite dalla Bielorussia verso ovest per combattere gli eserciti alleati: la sfilata dei prigionieri era in parte pensata per soffocare discorsi “senza senso” di questo tipo. Il principale fronte di battaglia, e qui i commentatori sovietici citavano direttamente le grida di angoscia tedesche, era nell’est, dove infuriavano battaglie di dimensioni “apocalittiche””.
Nota di chiusura
Sono trascorsi 75 anni dagli eventi epocali sul fronte orientale durante l’estate del 1944, che hanno spezzato la schiena al Fascismo tedesco e l’hanno lasciato a guardare la sconfitta in faccia. Dovremmo celebrare questa vittoria e ricordare gli enormi sacrifici fatti dall’Armata Rossa.
Detto ciò, non dovremmo compiacerci della sconfitta del Fascismo tedesco. Le condizioni che hanno contribuito a far nascere il Fascismo stanno cominciando a riemergere, e un enorme stimolo verrà dato dalla prossima crisi economica globale.
Bertolt Brecht ci avvertì, quando scrisse dopo la Seconda Guerra Mondiale:
“Non gioite della sua sconfitta, uomini. Perché anche se il mondo si è alzato e ha fermato il bastardo, la cagna che lo ha generato è di nuovo in calore”.
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Articolo del Dr. Leon Tressell pubblicato su Global Research il 23 giugno 2019.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
Dio benedica il Maresciallo Zhukov e tutta l’Armata Rossa e il popolo russo per i secoli a venire fino alle fine del mondo
*commento censurato*
Nota della redazione:
Sgascia lei è bannato, può scrivere quanto vuole ma non passerà una sola parola. Leggerla è uno spasso ma preferiamo essere i soli a farlo.
Ha troppo tempo libero e le consigliamo di spenderlo diversamente perchè non ci interessano le sue risposte, i suoi insulti e le varie cattiverie quotidiane, verso chiunque siano dirette. In questo blog non c’è più posto per lei, come in altri del resto.
lo sbarco in normandia avvenne quando angloamericani raggiunsero la sicurezza della debolezza della wehrmacht che solo in Italia combatteva contro angloamericani… il che significa.
1. che quella debolezza fu ottenuta altrove, da altri, ossia dalla Armata Rossa a est;
2. che le ripetute richieste di stalin di aprire un secondo fronte erano vane perchè gli occidentali erano sicuri del logorio tremendo e della fine delle risorse tedesche esaurite dalla lenta m,a sicura macina vittoriosa russa;
3. senza normandia, sovietici avrebbero conquistato berlino comunque ma con qualche mese di ritardo, e dunque tutta la Germania e fino a Parigi. Il cedimento tedesco sulla Vistola aprì la pianura germanica.
Brecht evidentemente non ha considerato che non è “il mondo” ad alzarsi e fermare un bastardo: sono sempre congreghe di altri bastardi.
Nulla da dire sull’importanza storica della Russia nel combattere il nazionalsocialismo, ma è stato ed è troppo comodo, da parte dei vincitori della guerra, auto-celebrarsi come i grandi eroi che hanno sconfitto il “male assoluto”. Questo vale per gli americani tanto quanto per i russi, nonostante l’apporto risibile dei primi rispetto agli ultimi.
Insopportabile poi (ma ormai ci siamo purtroppo abituati) l’uso del termine “fascismo” per denotare ogni tipo di nazionalismo, autocrazia o dittatura. Il Fascismo è un fenomeno esclusivamente italiano, e non conosco uno storico che abbia usato questo termine in senso così lato da comprendere le più disparate forme di organizzazione sociale e statale, e che lo abbia fatto con convincente coerenza e consistenza.
L’uso giornalistico del termine “fascismi” è dunque null’altro che un luogo comune – privo di vera rilevanza analitica.
Noto infine che come al solito c’è chi ripete la solita filastrocca del “benedetti coloro che hanno sconfitto Hitler”, come se avessero salvato l’Europa da chissà quale catastrofe. Barzellette da scuola media, purtroppo diffusissime. I fatti purtroppo oggi ci mostrano un’Europa che, alla sconfitta del nazifascismo, ha completamente rinunciato alla sua sovranità e indipendenza dalle altre super-potenze mondiali, Usa in primis, e langue nella decadenza della pseudo-democrazia… situazione non meno sgradevole di un continente a guida nazional-socialista (soprattutto per l’Italia, che avrebbe vinto la guerra invece di perderla con atteggiamento doppiogiochista e inaffidabile).
Purtroppo mancano i commenti sulla liberazione da parte della Russia di abitanti che poi si trovarono sotto l’influenza
dei comunisti russi. Vorrei ricordare che sotto la spinta di questi paesi, oggi nell’orbita della UE, il parlamento europeo ha equiparato Il Comunismo al Nazismo.Cosa chiaramente taciuta in Italia, che invece di prenderne atto ha fatto stanziare con una legge 400.000 € per festeggiare i 100 anni del PCI con i soldi dei contribuenti.
Tornando al tema odierno vorrei ricordare che una buona lettura sugli aiuti USA alla Russia non sarebbe male farla ogni tanto.