Battle_of_Rostov

Il sito web del canale televisivo russo “Tvzvezda” ha pubblicato una serie di articoli sulla Grande Guerra Patriottica del 1941-1945 dello scrittore Leonid Maslovsky, basati sul suo libro “Russkaya Pravda”, uscito nel 2011.

In questi articoli d’autore, Maslovsky rivela “i miti di un nemico immaginario, la Russia, e gli eventi della Grande Guerra Patriottica che mostrano la grandezza della nostra vittoria”. L’autore dice poi che nei suoi articoli “svelerà l’inutile ruolo tenuto dagli Stati Uniti nei preparativi tedeschi per la guerra contro l’Unione Sovietica”.

Una riunione solenne il 6 Novembre e la parata sulla Piazza Rossa il 7 Novembre 1941.

Tutto il paese, col fiato sospeso, si preoccupava della Battaglia di Mosca. Il più difficile fu il mese di Ottobre. Il volto severo della nostra capitale nell’autunno del 1941 evocava amore e orgoglio nella maggioranza del popolo russo. Mosca era chiusa, con le vetrine dei negozi barricate con sacchi di sabbia, palloni di sbarramento nel cielo, sirene che urlavano, colonne di militari e miliziani dirette al fronte, la tetra Piazza Rossa e il Cremlino rimarranno semplicemente per sempre nella memoria e nel cuore di ogni persona che ha visto i documentari di Mosca nell’autunno del 1941.

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Stalin decise di celebrare il 24° anniversario della grande rivoluzione socialista di Ottobre nello stesso modo in cui veniva celebrato dal 1918 – riunione cerimoniale il 6 Novembre e parata sulla Piazza Rossa il 7 Novembre. Durante questi giorni Stalin apparve spesso nelle strade di Mosca. Disse: “Sarà il nostro festival di strada!” E al capo della sicurezza, Vlasik, che era preoccupato di possibili bombardamenti, disse: “Vlasik, non si preoccupi. Le nostre bombe non sopravvivranno a noi”.

A quel tempo Mosca era il centro culturale e industriale più grande non solo dell’URSS ma anche del mondo. Era una città operaia, che produceva grandi quantità di prodotti – sia d’alta tecnologia che delle industrie leggera e alimentare. I prodotti delle imprese moscovite erano caratterizzati dall’alta qualità e venduti in tutte le città dell’Unione Sovietica.

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Oggi probabilmente Mosca lavora ancora più duro, ma pur essendo una città tanto grande non produce quasi niente. Il 15 ottobre venne presa la decisione di far partire da Mosca i Commissariati del Popolo (i Ministeri). La gente di Mosca (2 milioni di persone) continuò ad essere evacuata, così come le opere d’arte e altri oggetti preziosi, e perfino il sarcofago col corpo di Lenin venne inviato nella lontana Tomsk.

A tal proposito, c’è un fatto interessante che mostra la differenza tra gli stati nazionali, liberali e quello Sovietico. Quando Stalin, ad un incontro, chiese ai rimanenti Commissari del Popolo e membri del Politburo “Come vanno le cose a Mosca?”, Aleksej Shakhurin disse che in una fabbrica i lavoratori erano in tumulto per il mancato pagamento degli stipendi, che il direttore dell’impianto aveva portato via. Ma a causa dell’evacuazione non c’era abbastanza denaro nella banca di stato. “Dov’è Zverev?” – chiese Stalin a Molotov. “A Kazan'”, disse Molotov. “Che porti immediatamente del denaro con un aereo”, ordinò Stalin. E il tutto fu fatto quando il nemico era vicino Mosca.

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All’epoca ci furono casi di arresto di autorità statali per partenze illegali da Mosca, furto di prodotti dai negozi e altre accuse che indicavano il panico, ma non ci fu molto panico a Mosca. Nonostante l’evacuazione di un numero significativo di persone, il lavoro riprese rapidamente in tutte le sfere della vita urbana, anche quando le orde nemiche erano vicine alla città.

A Mosca c’erano il comando supremo del Comitato di Difesa dello Stato (GKO) e l’amministrazione minima necessaria per il funzionamento degli apparati di partito, governativi e militari del paese e dell’esercito. L’evacuazione fu causata dal fatto che, secondo Stalin, i Tedeschi erano di fronte a noi e avevano portato con loro riserve per sfondare il fronte nei pressi di Mosca. La minaccia a Mosca era reale, ma penso ancora che i Tedeschi sarebbero stati sconfitti nelle battaglie strada per strada.

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Ma essi si erano preparati per ogni evenienza, adottando la decisione di costituire un bastione difensivo basato su tre linee: sul Distretto ferroviario, sul Distretto dei giardini e sul Distretto del boulevard. Stalin permise a Žukov di spostare il quartier generale del Fronte Occidentale lontano dalla linea del fronte, da Perkhushkovo a Mosca alla Stazione Bielorussia o ad Arzamas, e il militare rispose: “Il quartier generale rimarrà a Perkhushkovo e io rimarrò a Mosca. Addio.”

Il 17 Ottobre il Segretario del Comitato Cittadino di Mosca (MGK) del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (allora noto come VKP(b)), Aleksandr Shcherbakov, si appellò ai Moscoviti usando la rete radiofonica urbana, fece rapporto sulla situazione al fronte nei pressi di Mosca e dichiarò che Mosca avrebbe combattuto testardamente, ferocemente, fino all’ultima goccia di sangue. Portò anche all’attenzione dei Moscoviti il fatto veramente significativo che contribuì alla stabilizzazione della situazione in città: la presenza di Stalin a Mosca.

Dopo questo messaggio i Moscoviti non ebbero più molta paura delle divisioni panzer di Guderian e Hoth, posizionate vicino a Mosca, e andarono a combattere come volontari nella milizia, lavorando giorno e notte per proteggere la capitale. Chiunque dice che Mosca avrebbe potuto essere lasciata al nemico non capisce che nel 1941 era la capitale dell’URSS, che, in caso di cattura, Hitler aveva promesso di spazzarla via dalla faccia della terra assieme alla gente che la abitava.

Nel 1812 la capitale dell’Impero Russo era San Pietroburgo, e gli accenni alla decisione di spostarla a Mosca, adottata nel 19° secolo, non corrispondono alle realtà esistenti in epoche diverse.

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Stalin, come sempre, era a suo agio, calmo ed esigente. Dopo aver ricevuto il rapporto di Žukov secondo il quale i Tedeschi avevano subito gravi perdite, erano stati costretti a raggrupparsi e rifornire le loro forze, e poi a ritirarsi, e perciò non potevano avanzare oltre, Stalin prese la decisione di tenere un incontro solenne e una parata. L’adozione di questa decisione fu facilitata dal fatto che stavolta, vicino a Mosca, i nostri aerei non erano inferiori di numero a quelli tedeschi, e insieme alle difese aeree potevano garantire che nessun aereo tedesco avrebbe attaccato la Piazza Rossa.

La proposta di Stalin di tenere una parata scioccò molti ufficiali; Il Comandante del Distretto Militare di Mosca Tenente Generale P.A. Artemyev si espresse contro la parata, ma il GKO era appoggiato da Stalin, e la decisione finale venne presa in favore della sua organizzazione.

Per l’incontro solenne il 6 Novembre 1941 venne preparata una stanza con duemila posti a sedere nella stazione della metropolitana “Majakovskaja”. I membri del Comitato di Difesa dello Stato (GKO) arrivarono con la metropolitana. In tutto il paese la radio dichiarò: “Parla Mosca! Diffondete la notizia dell’incontro solenne dei Soviet di Mosca…” Il paese sentì che Mosca stava ancora resistendo e stava combattendo il nemico.

Venne fatta una relazione da Stalin; parlò delle enormi perdite di vite e territori e disse che il piano tedesco di blitzkrieg, ovvero di guerra lampo, doveva, secondo le intenzioni di Hitler e Göring distruggere il popolo russo e altri popoli slavi, come affermava l’appello del comando tedesco ai soldati affinché esercitassero estrema violenza nei confronti degli abitanti dell’URSS.

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Stalin disse: “Questa gente, priva di coscienza e onore, gente dotata della morale degli animali, ha l’audacia di chiedere la distruzione della grande nazione russa, la nazione di Plechanov e Lenin, di Belinskij e Černyševskij, di Puškin e Tolstoj, di Glinka e Čajkovskij, di Gor’kij e Čechov, di Sečenov e Pavlov, Surikov, Suvorov e Kutuzov! Gli invasori tedeschi vogliono una guerra di sterminio col popolo dell’Unione Sovietica. Bene, se i Tedeschi vogliono una guerra di sterminio, l’avranno. Ora il nostro compito… sarà sterminare ogni singolo Tedesco che si è fatto strada nel territorio della nostra Madrepatria come occupante. Nessuna pietà per gli invasori tedeschi! Morte agli invasori tedeschi! La nostra causa è giusta – la vittoria sarà nostra!”

Il 7 Novembre 1941, alle 8 del mattino, Stalin, il partito e il governo salirono sul Mausoleo per la storica parata sulla Piazza Rossa a Mosca. La parata iniziò due ore prima del solito. Sulla piazza c’erano fanti di marina, cadetti della scuola d’artiglieria, marinai, truppe dell’NKVD, unità della milizia, della cavalleria, dell’artiglieria, e carri armati tutti in linea. La parata venne diretta dal Comandante del distretto militare di Mosca, Generale P.A. Artemyev, che allo stesso tempo era a capo della zona di difesa di Mosca.

La mattina del 7 Novembre, Stalin si svegliò presto, prima dell’alba. A causa dell’oscuramento notturno i lampioni non erano accesi, e non si potevano vedere i fiocchi di neve trasportati dal vento lungo la strada, ma solo sentire il suo sibilo e percepire il gelo fuori dalla finestra. Stalin pensò ai soldati che sopportavano tutte le privazioni nelle trincee congelate. Spuntò l’alba, il vento cessò. Stalin e Vlasik andarono sulla Piazza Rossa. Stava nevicando. La neve coprì la Torre Spasskaya, le mura del Cremlino, i ciottoli della Piazza Rossa, e con quella coltre bianca l’atmosfera era ancora più bella.

Non volevano credere che in quel momento ci fosse una guerra e che vicinissimo a Mosca i cannoni stessero sparando sui carri tedeschi in avanzata, e un giovane e audace tenente con indosso un cappello di pelliccia stesse ordinando: “Fuoco!” Solo un orologio a cucù sa quanto tempo rimase da vivere a questo tenente, ma giace muto in questa foresta pietrificata e ghiacciata, e non conosceremo mai il destino del tenente.

In quel momento nei campi innevati vicino Mosca le mitragliatrici e i cannoni d’assalto dell’artiglieria sparavano senza sosta. Era la battaglia sacra per la nostra Patria, per i nostri figli, per le nostre mogli e madri, fratelli e sorelle, per la vita delle future generazioni.

Il combattimento aveva ucciso i migliori uomini russi, uomini, molti dei quali non erano ancora diventati padri, non avevano mai conosciuto la felicità dell’essere amati, la luce di gioia proveniente dal toccare le piccole delicate mani di un bambino e sentire la parola “papà”. E il popolo che vive sulla terra che loro hanno difeso, non dovrebbe mai dimenticare, per almeno mille anni, il loro sacrificio e il loro eroismo. Se ci dimenticheremo di loro, essi moriranno. Questa è la legge della vita.

Nel mio poema “Nove Maggio” ci sono queste righe: “E la Russia senza di loro era vuota, e la terra gemeva di lacrime, e la preghiera della Chiesa oltrepassava le nobili betulle russe. Vissero per raggiungere Berlino e per prendersi la vendetta sulla Germania nella battaglia per i loro fratelli e figli deceduti, e col cordoglio nei loro occhi”.

Solo il popolo che resiste in combattimento fino alla morte ha il diritto di vivere sul territorio della Russia. Gente del genere non dimenticherebbe mai i suoi compatrioti che sono morti per la libertà e l’indipendenza del loro paese. E se li dimenticherete, perderete il diritto di vivere, e sareste deboli e indifesi contro il nemico in avanzata. Ed è per via dei soldati Sovietici che spararono con le mitragliatrici e rovesciarono fuoco sul nemico con i fucili, che Mosca visse.

Alle otto del mattino si sentì il suono dello scampanio del Cremlino. Con l’ultima spinta alle porte della Torre Spasskaya, il Maresciallo dell’Unione Sovietica Budënnyj partì a cavallo. Quella parata, con la partecipazione di Semën Michajlovič Budënnyj, come in passato prima della guerra, rafforzò la fede nella potenza dell’Unione Sovietica.

Il Tenente Generale P.A. Artemyev, che, come menzionato prima, comandava la parata, fece rapporto sulla prontezza delle truppe per la parata in onore del 24° anniversario della grande rivoluzione socialista di Ottobre. Budënnyj stava ispezionando le truppe e si stava congratulando con gli ufficiali e i soldati in licenza. I nostri soldati risposero all’unisono e urlarono ardentemente : “Urrà!” Per mostrare la loro determinazione e la volontà di combattere e sacrificarsi per la Madrepatria pronunciarono la parola russa per Urrà.

Il morale dei soldati, la loro sincerità, la giovinezza, la generosità e la fede nella loro capitale passarono ai Moscoviti, a coloro che erano ospiti della capitale, ai membri del partito e del governo. Poi una fanfara suonò il segnale “Ascoltate!” Secondo la tradizione, si supponeva che Budënnyj parlasse alla parata, ma fu Stalin a prendere la parola. All’inizio, per motivi di sicurezza, venne pianificato di trasmettere la parata solo su Radio Mosca, ma all’ultimo minuto Stalin cambiò idea e chiese di trasmettere la parata in tutta l’Unione Sovietica e in tutto il mondo.

Parlò dalla tribuna del Mausoleo, riferendosi agli abitanti del paese: “Compagni, uomini dell’Armata Rossa e della Marina Rossa, Comandanti e istruttori politici, operai e operaie, contadini delle fattorie collettive, lavoratori, intellettuali, fratelli e sorelle alle spalle del nostro nemico, temporaneamente caduti sotto il giogo dei briganti tedeschi, i nostri gloriosi partigiani e guerriglieri stanno distruggendo le retrovie degli invasori tedeschi!”

Nel suo discorso, Stalin ricordò la Guerra Civile e disse: “L’industria del nostro paese, il cibo e i materiali grezzi sono diverse volte più ricchi di 23 anni fa… Il Nemico non è così forte come qualcuno lo ritrae, come gli intellettuali impauriti. Non sono i diavoli che vengono descritti… Gli invasori tedeschi stanno sollecitando troppo le loro ultime forze. Non ci sono dubbi che i Tedeschi non possono sopportare questo sforzo a lungo. Qualche mese, sei mesi, forse un anno, e la Germania Hitleriana crollerà sotto il peso dei suoi crimini” – (esattamente un anno dopo, nel Novembre 1942, cominciò a Stalingrado la vittoriosa offensiva dell’Armata Rossa che sarebbe terminata a Berlino).

Disse con fiducia che l’Armata Rossa avrebbe presto liberato l’Europa e i popoli oppressi dell’Europa e che il mondo intero vedeva i nostri soldati “Come la forza capace di distruggere le orde predatorie degli invasori tedeschi”, e continuò, rivolgendosi ai partecipanti alla dimostrazione: “La grande missione della liberazione richiede che voi facciate la vostra parte. Siate degni di questa missione!

La guerra, che voi conducete, è la guerra di liberazione, una guerra giusta. Che il coraggioso esempio dei nostri grandi antenati vi ispiri in questa guerra – Aleksandr Nevskij, il Principe Dimitri di Russia, Dmitrij Požarskij, Kuz’ma Minin, Aleksandr Suvorov, Michail Kutuzov! Che la vittoriosa bandiera del grande Lenin vi protegga con la sua ombra!”

La parata cominciò. La divisione orchestrale che prende il nome di Dzeržinskij, il cui direttore era l’Intendente Militare di 1° Rango Vasily Agapkin, compositore della famosa marcia “Addio di Slavianka”, suonò le marce militari. I suoni di queste marce presero posto sulla Piazza Rossa assieme alla 2a Divisione Fucilieri di Mosca, alla cavalleria, all’artiglieria, ai carri armati e ad altre truppe. La maggior parte dei partecipanti alla parata partì dalla Piazza Rossa per andare direttamente al fronte.

L’orchestra tacque, per lungo tempo la marcia russa “Addio di Slavianka” risuonò nei cuori di coloro che stavano tornando da una parata di cittadini e membri del partito e del governo. Davanti ai loro occhi c’era gente disponibile, gentile, coraggiosa che partiva per il fronte del grande paese tenuto dai suoi nobili figli. Madri, mogli, sorelle, bambini cantarono sul fronte le chiare strofe della marcia “Addio di Slavianka”, in una terribile battaglia con l’odiato nemico dei loro figli, mariti, fratelli e padri! Milioni.

Le onde radio di grandi e piccole stazioni radiofoniche vennero invase dai suoni della gloriosa marcia russa. Grazie a lui, Agapkin, ci inchiniamo a tutti coloro il cui cuore ricorda e onora quei tempi difficili di dure sfide e grandi vittorie. Il nostro intero paese, il mondo intero sa che Mosca non si è arresa, che la Russia era viva e determinata a sconfiggere il crudele e potente nemico. Il popolo Sovietico ascoltò in estasi le parole di Stalin e la notizia della parata e dell’incontro solenne a Mosca! La banda di criminali di Hitler, sentendo delle celebrazioni sulla Piazza Rossa, si infuriò! I conquistatori tedeschi rabbrividirono di paura quando sentirono le parole di Stalin: “Morte agli invasori tedeschi!”

Continua…

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Pubblicato da FortRuss il 22 Febbraio 2016
Tradotto in Italiano da Raffaele Ucci per SakerItalia.it

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