Gli scenari politici e mediatici della Russia e dell’Occidente osservati dal punto di vista degli Italiani residenti in Russia
Articolo di Cesare Corda
Prendo spunto da un dato statistico abbastanza anomalo, eppure decisamente consolidato, ovvero dal fatto che la quasi totalità degli Italiani (e degli altri cittadini UE) che vivono in Russia si fidano molto di più delle notizie trasmesse dai media russi, piuttosto che di quelle trasmesse dai media occidentali, per sviluppare alcune considerazioni sul sistema politico e sui mezzi di comunicazione in Russia e nell’Occidente.
Quali sono le ragioni per cui numerosi cittadini italiani ed europei – che conoscono la Russia in modo abbastanza approfondito – ripongono molta più fiducia in Putin che nei leader dei loro paesi e ascoltano più volentieri i notiziari russi che quelli del loro paese d’origine?

Gli Italiani di Russia (in particolare gli Italiani di Crimea) sono una minoranza etnica riconosciuta dalla Federazione Russa. Si tratta di circa 500 discendenti degli italiani (prevalentemente pugliesi) che nel XIX Secolo migrarono in Crimea dal Regno delle Due Sicilie. Non furono mai riconosciuti dal Governo Ucraino ma, dopo l’annessione della Crimea alla Russia, sono stati invece ufficialmente riconosciuti dal Governo Russo. In questa foto un momento informale dell’incontro di Yalta del 12-09-2015, che sancì il riconoscimento. Presenti Putin e, in veste privata, Berlusconi.
Premesso che non è mia intenzione studiare il comportamento dei Russi e degli Europei dal punto di vista dell’antropologia, ma solo da quello dell’interazione tra geopolitica e stili di comunicazione, libero subito il campo anche da ogni possibile motivazione di natura etica: i media russi non sono più credibili perché i russi sono più onesti, più amanti della verità e meno inclini alla menzogna. Come millenni di Storia ci hanno insegnato, l’inganno è stato utilizzato a tutte le latitudini da popoli e governi di ogni razza, religione e ideologia politica senza eccezioni. Se i Russi, in questo particolare frangente storico, mentono di meno degli occidentali, e risultano più credibili, le ragioni sono altre.
Per rendere più chiara possibile l’esposizione di queste ragioni dividerò le argomentazioni in cinque capitoli che, paragonando la realtà odierna della Russia a quella degli Stati dell’Occidente, avranno come scopo quello di individuare quali siano le condizioni minime perché un sistema politico e un apparato mediatico possano godere di quella dose di pluralismo indispensabile perché le informazioni trasmesse da giornali e TV non divergano in modo irrimediabile dalla realtà dei fatti.
1- LA GUERRA DELL’INFORMAZIONE: UN DUELLO COMBATTUTO CON ARMI INEGUALI
Sul piano più puramente mediatico il confronto tra Occidente e Russia è decisamente impari.
L’Occidente possiede una forza di fuoco mediatica formidabile a livello globale e in grado di arrivare in ogni angolo del pianeta. La lingua inglese è studiata in tutto il mondo fin dai primi anni di scuola. Quanti sono i Russi che hanno la possibilità di ascoltare notiziari e leggere giornali in lingua inglese? Decine di milioni. E quanti sono invece gli occidentali che ascoltano notiziari e leggono giornali in lingua russa? Decine di migliaia. Il rapporto é di 1000 : 1.

Una scena tratta da “Il barbiere di Siberia” («Сибирский цирюльник»), film del 1998 di Nikita Sergeevič Michalkov. Forse uno dei rarissimi film russi che qualche italiano é riuscito a vedere.
Analizziamo, per fare un esempio, i dati dell’industria cinematografica, che è notoriamente un arma di propaganda occulta di straordinaria efficacia:
In Italia nel 2013 sono stati trasmessi film prodotti nelle seguenti Nazioni:
USA – 46%
Italia – 38%
Altri paesi europei – 13%
Altri paesi extra europei – 3%
Negli USA nel 2013 sono stati trasmessi film prodotti nelle seguenti Nazioni:
USA + Canada – 79%
Altri paesi anglosassoni (UK, Australia, NZ) – 15%
Europa – 5%
Resto del mondo – 1%
In Russia 2013 sono stati trasmessi film prodotti nelle seguenti Nazioni:
Russia ed altri paesi ex URSS – 52%
USA e altri paesi anglosassoni – 33%
Europa – 10%
Resto del mondo – 5%
Osservando questi dati si nota che, mentre la Russia è aperta alla proiezione di film provenienti dal blocco occidentale (rappresentano quasi la metà del totale), in Occidente si guardano esclusivamente film prodotti nell’Occidente stesso, e preferibilmente negli USA, e non c’è spazio alcuno per produzioni provenienti dal resto del Mondo.

Un’immagine di Adriano Celentano e Ornella Muti tratta dal film “Il Bisbetico Domato” («Укрощение строптивого» in russo). In Russia invece il cinema italiano non é soggetto a censura, e i telespettatori russi conoscono decine di film italiani.
Ora, poiché l’industria cinematografica russa ha una tradizione e un livello qualitativo d’eccellenza, ed esistono centinaia e centinaia di film di produzione russa che potenzialmente potrebbero interessare e piacere al pubblico occidentale, risulta palese la decisione di natura politica di escludere tali proiezioni dalla visione del pubblico europeo e nord-americano.
In Italia, ad esempio, se invece di guardare un 46% di film americani e uno 0% di film russi, venissero proiettati anche solo un 36% di film americani e un 10% di film russi (è anche poco, rispetto alla qualità del cinema russo) la percezione generale che la popolazione italiana ha della Russia cambierebbe radicalmente.
La conseguenza di questa situazione è che i media russi devono sempre fare i conti con una seconda verità (che di veritiero poi spesso ha ben poco): quella trasmessa dai media occidentali. Raccontare balle troppo grosse sarebbe controproducente per i media russi, perché queste balle sarebbero facilmente smentibili dalla seconda fonte. I media russi sono di fatto costretti ad essere sinceri e verosimili.
I media occidentali non hanno questo problema. La possibilità di andare a verificare la correttezza delle notizie trasmesse in Occidente aggiornandosi su media russi, cinesi, indiani o arabi è preclusa alla quasi totalità della popolazione occidentale, che attinge da un’unica fonte. Fare diventare il bianco nero e il nero bianco in queste condizioni è molto più facile.
2- MATURITA’ E CONDIZIONABILITA’ DELL’OPINIONE PUBBLICA
Ad integrazione di quanto scritto finora, va considerato il fatto che l’opinione pubblica russa è molto più matura e critica di quella occidentale, e molto meno condizionabile dalla propaganda.

Capitan America da una bella lezione a Hitler. La propaganda in Occidente inizia già dai fumetti. Sebbene durante la Seconda Guerra Mondiale gli americani siano intervenuti sul fronte europeo solo a guerra virtualmente conclusa e di fatto già vinta dall’URSS, e solo con lo scopo utilitaristico di occupare militarmente l’Europa Occidentale (che occupano ancora oggi), l’abile macchina di propaganda americana é riuscita ad appropriarsi, agli occhi della maggioranza degli europei, del merito principale della vittoria alleata.
Anche in questo caso non sto sostenendo che i Russi siano più intelligenti, istruiti e riflessivi degli occidentali. Non è questo il punto. Semplicemente i Russi hanno vissuto sulla propria pelle, in epoca molto, recente un cambio di regime traumatico. Da un giorno all’altro tutto ciò che era “vero” è diventato “falso” e tutto ciò che era “falso” è diventato “vero”. Questo avvicendamento improvviso di sistema politico e di stile e messaggi comunicativi ha creato nelle nuove generazioni russe dei forti anticorpi e una notevole propensione critica e autocritica, a volte anche esagerata.
In Occidente, purtroppo, questi anticorpi e questo senso critico sono quasi totalmente assenti. L’ultimo cambio di regime in Europa è avvenuto più di 70 anni fa. Da allora è dilagato un “pensiero unico” (mascherato abilmente da una finta pluralità politica e da un’ alternanza solo di facciata) che ha convinto quasi tutti i cittadini europei e nordamericani del fatto che la democrazia, la libertà, la giustizia sociale ecc. siano patrimonio quasi esclusivo della “civiltà occidentale”, mentre tutti gli Stati che si sono opposti politicamente all’Occidente negli ultimi decenni sono stati dipinti come dittatoriali, arretrati, cupi, retti da tiranni sanguinari (oltre il limite della comicità, per fare un solo esempio, le informazioni che ci vengono rifilate sulla Corea del Nord, con ministri, parenti ed ex fidanzate di Kim Jong-Un che a turno vengono dati in pasto ai cani o uccisi a cannonate, salvo poi resuscitare sempre, ovviamente nel silenzio dei nostri media che diffondono la panzana, ma non la smentita…)
E’ un dato di fatto che in Occidente è stato possibile fare digerire ad una considerevole percentuale dell’opinione pubblica anche frottole colossali (dalla versione ufficiale sulle Torri Gemelle, all’esecuzione del fantomatico Bin Laden con conseguente lancio delle spoglie nell’Oceano, fino a tutte le recenti falsità riguardo all’ISIS … e la lista potrebbe durare pagine intere).
Questa progressiva e inarrestabile degenerazione dei messaggi trasmessi dai media occidentali è dovuta anche all’assenza di un’opinione pubblica con capacità critica, ma è pur sempre un sintomo di eccessiva sicurezza nel proprio potere di comunicazione globale, apparentemente illimitato.
3- ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE POLITICA CREDIBILE IN OCCIDENTE
Un altro fattore chiave che può favorire un’informazione a senso unico è l’eventuale mancanza di un’opposizione politica forte e organizzata, che faccia da contraltare alle forze di governo.
Per quanto noi in Occidente siamo abituati a sentirci raccontare che i sistemi politici occidentali sono democratici e basati sulla regola dell’alternanza, la realtà è ben lontana (anzi, oserei dire proprio opposta) rispetto a quella che cercano di farci credere.
L’Italia, e tutti i Paesi d’Europa, sono Paesi a sovranità fortemente limitata dal “socio di maggioranza” dell’alleanza militare di cui facciamo parte: gli USA, a loro volta controllati da determinate lobbies assai circoscritte e immutabili negli anni.
L’alternanza politica alla quale siamo abituati è di pura facciata, tra partiti o gruppi di potere che sono soliti darsi battaglia su problematiche locali e marginali e trascurare invece di consultare il popolo sulle questioni strategiche: nessuno ci ha mai chiesto né ci chiederà mai se vogliamo o meno uscire dalla NATO, se accettiamo o meno i parametri di Maastricht, se vogliamo o meno mantenere una moneta-debito come l’Euro che, solo in interessi, ci costa svariate decine di miliardi ogni anno.
I nostri governanti sono dei semplici esecutori, a prescindere dal partito a cui appartengono: quando in Europa un partito politico e il suo leader si trovano al governo del proprio Paese, la loro possibilità di manovra è praticamente nulla ed è completamente delegata a Washington per quanto riguarda difesa e politica estera, e a Bruxelles e ad altre organizzazioni internazionali (FMI, BM) per quanto riguarda la politica economica.
Quando invece gli stessi partiti (o “nuovi” partiti e movimenti, nati dalla protesta popolare verso quelli “vecchi”) e gli stessi leaders si trovano all’opposizione (e tanto più lontani sono dall’eventuale accesso alla stanza dei bottoni), allora si lasciano andare a folcloristiche prese di posizione contro questa o quella istituzione euro-atlantica, ben sapendo che quando dovessero vincere le elezioni non potrebbero mantenere quanto a suo tempo promesso.
Per fare alcuni esempi che chiariscano il meccanismo, tutti ricordiamo quanto anti-americane e anti-atlantiche fossero le dirigenze e le basi elettorali del vecchio PCI e del vecchio MSI in Italia. Questi partiti, relegati all’opposizione per quasi mezzo secolo, continuarono ad intercettare il voto di decine di milioni di italiani che erano contrari al perdurare dell’appartenenza dell’Italia alla NATO. Quando poi, negli Anni Novanta, improvvisamente e in rapida sequenza, l’ex-PCI e l’ex-MSI arrivarono a governare il Paese, adottarono subito un approccio alla politica estera talmente filo-americano e filo-atlantico, da superare in servilismo persino la vecchia DC.
Non potevano fare altro. Se non avessero accettato le “regole del gioco” non sarebbero mai stati ammessi al potere, che da noi è un potere di pura forma e nulla sostanza, come quello dei viceré coloniali.
Pur sapendo di danneggiare gli interessi del proprio paese, il governo D’Alema (Ministro della Difesa Mattarella), accettò nel 1999 di bombardare la Serbia.
Allo stesso modo, il governo Berlusconi (Ministro della Difesa La Russia), nel 2011 procedette al bombardamento della (alleata) Libia, pregiudicando il ruolo geopolitico dell’Italia nella zona, la sua stabilità economica e persino la sua reputazione di alleato, ancora una volta infedele.
E ciò non succede solo in Italia. Senza stare a soffermarci troppo sul recente tragicomico voltafaccia di Tsipras, che in campagna elettorale aveva promesso di liberare la Grecia dal ricatto della Troika e, pervenuto al governo, ha fatto esattamente l’opposto, anche Paesi Europei con un peso specifico ben maggiore del nostro, come Francia e Germania, nulla possono contro i voleri di Washington. Solo due anni fa Merkel e Hollande hanno accettato, assai mal volentieri, di imbarcarsi nella funesta avventura ucraina, pur conoscendo benissimo la ricaduta negativa che i loro paesi avrebbero subito da tale scellerata decisione. E la Merkel si è ripetuta, altrettanto mestamente, pochi mesi dopo riguardo alla oggi caldissima questione immigrati.
Risulta dunque evidente che nessun regime change, nessuna “rivoluzione colorata” e anche nessun cambiamento pacifico e democratico di alleanze, di politica estera o di politica economica è possibile attualmente in Europa. Nessun paese che sia entrato nella NATO o nell’Euro ha mai avuto la possibilità di uscirne, né mai la avrà. Perché tali cambiamenti si rendano un giorno possibili non basterà mai l’azione di un partito o di un movimento politico interno, neanche se supportato dalla maggioranza della popolazione (come potrebbe eventualmente un giorno accadere in Francia al FN, che è oggi forse l’unico partito di opposizione europeo che abbia mostrato un minimo di credibilità e coerenza, seppur ancora mai attestate dalla prova del governo) ma è indispensabile una forte spinta dall’esterno.
La verità è che la politica come noi la conosciamo in Europa è un teatrino: la presunta alternanza è una mera finzione e tutto il grande carro politico-mediatico, con i suoi zelanti viceré, i partiti, i dibattiti, i talk show, i girotondi, le alleanze e le risse si riducono ad un ben riuscito Truman Show.
Risulta chiaro, dunque, che, in assenza di un’opposizione vera e credibile, sia assente anche ogni possibilità di controinformazione (almeno sui media tradizionali) e che la comunicazione sia monopolio esclusivo delle élites che da 70 anni hanno il controllo dell’Occidente: non esistendo nessun centro di potere veramente alternativo, non esistono neanche media ad esso collegati, e l’informazione è inevitabilmente a senso unico.
4- PRESENZA DI UN’OPPOSIZIONE POLITICA ORGANIZZATA IN RUSSIA
Ben diversa è la situazione in Russia, come in tutti gli altri paesi che non facciano parte del sistema di alleanze imperniato sugli USA (basti citare i recenti tentativi americani di rovesciare Dilma Rousseff in Brasile e la manovra, purtroppo riuscita, per porre fine all’era Kirchner in Argentina).
In Russia una opposizione organizzata e radicale esiste veramente. E, sebbene tale opposizione abbia un seguito abbastanza trascurabile tra la popolazione e l’elettorato, gode comunque del sostegno incondizionato dell’Occidente, che da tempo sogna una grande Maidan russa e un cambio di potere che porti all’allontanamento dell’odiato Putin.
Questa opposizione russa, poco significativa dal punto di vista numerico e in palese combutta con lo straniero, è rappresentata in prima battuta dalla schiera di oligarchi filo-occidentali del periodo eltsiniano e può servirsi della possente macchina da guerra mediatica dell’Occidente per divulgare il proprio messaggio, trovandosi di fatto ad avere una eco mediatica del tutto sproporzionata rispetto al proprio misero peso politico reale. Basti solo pensare agli spazi che hanno a disposizione guastatrici come le Pussy Riot e le Femen (in entrambi i casi creature di Soros)
I cambiamenti che questa “opposizione russa” vuole promuovere nello stato non sono le riforme farlocche e di facciata che ogni nuovo governo europeo lancia quando sale al potere (ogni rifermento al “rottamatore” Renzi, diventato Presidente del Consiglio con la promessa di riformare radicalmente il modo di fare politica degli italiani e poi impegnatosi per due anni solo nella leziosa manfrina di sostituire il “porcellum” con il quasi uguale “italicum” è … casuale). L’opposizione russa ha come obiettivo quello di trasformare radicalmente il tessuto politico, economico e sociale della Russia, di allinearla in politica internazionale al carro anglo-americano, di cancellare 3 lustri di riforme putiniane e di riportare il paese indietro ai tempi di Eltsin.
L’operazione sognata null’altro sarebbe se non una copia in grande stile del Colpo di Stato di Maidan in Ucraina e non potrebbe avvenire senza un inevitabile spargimento di sangue e senza un altrettanto prevedibile frammentazione della Federazione Russa.
Esistendo dunque in Russia un’opposizione autentica e decisamente aggressiva, che persegue i propri fini anche a rischio di una disgregazione dello stesso spazio geopolitico russo, esiste una fonte continua di contro-informazione, anche abbastanza spregiudicata e feroce, con la quale i canali di informazione governativi non possono fare a meno di confrontarsi.
5- LIVELLO DI RESPONSABILITÀ DEI LEADER VERSO LA NAZIONE E VERSO LA COMUNITÀ MONDIALE
In questa ultima sezione cercherò di arricchire il ragionamento con un esempio abbastanza illuminante che chiarisca definitivamente il doppio standard morale occidentale e gli enormi rischi a cui si sottopone chi osi sfidarlo.
Di recente Tony Blair, Premier britannico dal 1997 al 2007, ha candidamente ammesso che lui e Bush, al momento di dichiarare guerra all’Iraq fecero un errore, che le motivazioni allora cavalcate per iniziare la guerra (armi di distruzione di massa ecc…) erano sostanzialmente false, che le intelligence occidentali avevano fatto un errore di valutazione, che le conseguenze della guerra sono state tragiche e che il fanatismo islamico e l’ISIS stesso vanno annoverate tra queste conseguenze nefaste.
“I’m sorry” … Certo Tony, chi non ti capisce! A chi non è mai successo di dichiarare una guerra in modo illegale dal punto di vista delle norme di politica internazionale (senza il consenso dell’ONU), adducendo ragioni palesemente false e create ad arte per giustificare l’aggressione ai danni di uno stato sovrano, di causare oltre 1 milione di vittime e 10 milioni di profughi e poi di poterlo raccontare seduto comodamente davanti al caminetto domestico … Dicci la verità, Tony: quando rievochi placidamente questo piccolo passo falso nella tua brillante carriera di statista internazionale, non ti senti un po’ come Roberto Baggio che commenta a distanza di decenni il rigore fallito nella finale del Mondiale del 1994? Tutti possono sbagliare … “I’m sorry”.
Magari un giorno, tra 10-15 anni, anche un attempato Sarkozy, seduto in qualche salotto con a fianco la moglie Carla Bruni, ammetterà: “Assassinare Gheddafi e radere al suolo la Libia è stato un errore … Je regrette.”. Oppure persino il Premio Nobel per la Pace Obama si spingerà a riconoscere: “É vero, sulle rivoluzioni colorate e sui regime change mi sono fatto prendere la mano da Soros, e anche sull’ISIS non ho la coscienza pulita …”.
Cose che succedono, insomma.
Peccato che alcuni degli spietati e disumani dittatori che l’ Occidente ha rimosso e trucidato (o tentato di rimuovere e trucidare) negli ultimi anni, da Milošević a Gheddafi ad Assad, abbiano sulla coscienza molte meno vittime di quante il solo erroruccio della guerra dell’Iraq (senza considerare tutti gli altri interventi occidentali per “esportare democrazia”) abbia causato.
Peccato che al processo di Norimberga sedessero tra gli imputati persone (penso all’ammiraglio Karl Dönitz, a Konstantin von Neurath, allo stesso Rudolf Hess e probabilmente ad altri) che furono condannate per molto meno.
Ho ricordato questo particolare per mostrare come i leaders occidentali di oggi siano completamente deresponsabilizzati rispetto alle proprie azioni (anche le più criminali) e rispetto a ciò che ci raccontano.
Grazie al corretto uso dell’arma mediatica la falsa notizia (“Saddam ha armi di distruzione di massa”) riceve un risalto smisurato, tale anche da giustificare una guerra, mentre la tardiva smentita (“Saddam non aveva armi di distruzione di massa, la guerra era immotivata” e perché no, aggiungerei io “le armi di distruzione di massa le avevamo noi e le abbiamo usate per radere al suolo l’Iraq”) passa quasi inosservata.
Non dovendone sopportare le conseguenze, i capi di stato occidentali possono tranquillamente rifilarci qualsiasi tipo di menzogna, sicuri che saranno adeguatamente coperti dalla macchina di disinformazione che li supporta, che non ne pagheranno mai le conseguenze e che al limite, nel giro di pochi anni, potranno anche ribaltare la propria “verità” come ha fatto Blair, e come Orwell aveva previsto quando scrisse “1984” e immaginò tanti impiegati come il povero Winston Smith con il compito di riscrivere la storia ogni volta che la contingenza lo rendesse necessario.
Per il leader della Russia, come per quelli di ogni altro paese non allineato all’Impero Anglo-Americano, questa possibilità non c’è. E’ già tanto se riescono a sfuggire alle accuse fasulle che il sistema mediatico occidentale confeziona per screditarli (“Putin è responsabile dell’omicidio della Politkovskaja”, “Putin è dietro all’abbattimento del volo malese”, ecc…) figurarsi se hanno la forza mediatica di fare accettare le loro, di bugie.

Putin come é descritto dalla propaganda dei media occidentali: una minaccia per la pace in Europa e nel Mondo.
La responsabilità di questi capi di stato e, in questo frangente storico, in primo luogo di Putin, verso le Nazioni che rappresentano è una responsabilità reale e assai gravosa. E ogni errore rischia di essere pagato in modo esageratamente caro.
Anche da questo punto di vista si può dedurre che il sistema informativo della Russia odierna è forzatamente più sincero di quelli dell’Occidente. Non ha la possibilità di non esserlo.
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Spero di avere spiegato in modo sufficientemente chiaro perché tutti noi “Italiani di Russia” facciamo il tifo per Putin e abbiamo una opinione della politica e dei media italiani molto più scettica e disillusa rispetto a quella di tanti nostri connazionali che sono rimasti in Italia.
Volendo poi estendere il giudizio al sistema politico-mediatico di ogni singolo paese del mondo, possiamo schematizzare le seguenti regole:
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Perché esista un livello minimo accettabile di libertà di informazione in un paese, è necessario che in quel determinato paese ci sia pluralità politica (reale e non fittizia come in Europa e Nord America oggi).
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Perché esista pluralità politica in un determinato paese, è necessario che ci sia una pluralità di blocchi politici contrapposti a livello globale. Nessun paese, di questi tempi. è in grado di compiere un cambio di regime senza un supporto esterno. Le “rivoluzioni colorate” funzionano nei paesi che si oppongono all’Occidente perché l’Occidente le organizza, le finanzia, e le scatena, mentre non esisterà nessuna possibilità di rivoluzione colorata o di cambio (più o meno pacifico) di regime in Occidente fino a quando non dovesse sorgere un blocco globale in grado di fronteggiare politicamente e militarmente il blocco euro-atlantico da pari a pari.
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Se un giorno un’alleanza militare dovesse avere definitivamente la meglio su tutte le altre e arrivasse ad imporre un “Governo Mondiale”, questo otterrebbe il monopolio dell’informazione e potrebbe usarla a suo piacimento proprio come nelle peggiori previsioni di Orwell.
Per concludere, il fatto che oggi in Occidente i media abbiano raggiunto un livello di disinformazione impensabile solo pochi decenni fa è conseguenza diretta del vantaggio strategico globale che il blocco euro-atlantico ha ottenuto un quarto di secolo fa dalla dissoluzione del suo rivale più temibile, l’Unione Sovietica.

Negli studi di RT – Russia Today, il canale satellitare russo visibile in tutto il Mondo che si propone di essere una parziale risposta al controllo globale americano della comunicazione.
Come il filosofo e dissidente sovietico Aleksandr Zinovev argomentò approfonditamente, l’apprezzabile grado di benessere e di libertà di cui le popolazioni occidentali beneficiarono per alcuni decenni nel secondo Dopoguerra era conseguenza diretta dell’esistenza dell’Unione Sovietica. A prescindere da ogni giudizio che si voglia dare sul sistema politico sovietico, la semplice esistenza di un blocco contrapposto a quello occidentale obbligava quest’ultimo a concedere ai propri cittadini un livello di prosperità e di democrazia sufficienti a non invogliarli ad appoggiare il blocco opposto.
Non è un caso, dunque, che il peggioramento delle condizioni economiche e sociali, la graduale compressione delle libertà individuali e la rapida perdita di credibilità dei media occidentali abbiano avuto inizio subito dopo la disgregazione dell’URSS.
Se l’URSS era dunque il garante della nostra libertà e del nostro benessere, non possiamo che augurarci per il futuro che qualche altra alleanza politica tra Nazioni possa tornare a fare da contraltare al blocco euro-atlantico, in modo da mitigarne gli aspetti più deleteri che abbiamo avuto occasione di osservare negli ultimi decenni.
Certo, volendo applicare il Postulato dell’Entropia anche alla Geopolitica, prima o poi la fine dei blocchi contrapposti e l’avvento di un Governo Mondiale sarà inevitabile. Non ci resta dunque che sperare che ciò avvenga il più tardi possibile.
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Articolo di Cesare Corda per SakerItalia.it
“Prendo spunto da un dato statistico abbastanza anomalo, eppure decisamente consolidato, ovvero dal fatto che la quasi totalità degli Italiani.. ”
Salve. Qual è la fonte di questa statistica? Cerco in rete ma non trovo niente.
Grazie.
Buongiorno Giulio,
Si tratta di esperienza personale dell’autore del brano,
facilmente verificabile accedendo ai gruppi social di italiani residenti in Russia.
Cari saluti
TL SakerItalia
Articolo eccellente perchè affronta argomenti complessi spiegandoli con una semplicità comprensibile a tutti 🙂
Pezzi cosi dovrebbero girare nelle scuole, davvero …
Per parte nostra penso ci rimanga il solito dilemma che tanti in passato hanno dovuto affrontare: che fare ?
Dobbiamo limitarci alla mera testimonianza arrendendoci all’effimera speranza di un futuro liberatore esterno che ci ridia quel poco di quella libertà politica perduta o invece c’è ancora qualcosa che possiamo fare in qualità di semplici cittadini più o meno organizzati ?
Che poi parlare di questo argomento qui è anche un po’ … ironico ?
Dico ironico perchè a suo tempo lo stesso Saker mi era sembrato abbastanza poco nostalgico della visione internazionalista della fu Russia Sovietica .. ora però forse ci si sta lentamente rendendo conto che quella visione “internazionale” della Russia di un tempo non era poi cosi ingiustificata 🙂