Sebbene i principati russi fossero ancora formalmente obbligati a pagare tributi all’Orda d’Oro, questa era ormai l’ombra di sé stessa, al punto che aveva cominciato a frammentarsi in vari khanati successori, un processo al quale anche gli stessi russi avevano contribuito in modo importante, soprattutto a partire dalla Battaglia di Kulikovo.
Ma l’occasione per liberarsi definitivamente dal giogo mongolo arrivò per la Russia cento anni dopo la Battaglia di Kulikovo, nel 1480, col Grande Fronteggiamento sul Fiume Ugra, di cui parleremo oggi.
L’antefatto.

Il Grande Fronteggiamento sul Fiume Ugra in una miniatura del XVI secolo.
Come già detto, l’Orda d’Oro era ormai l’ombra di sé stessa, ma poteva ancora costituire una seria minaccia per i principati russi, che avevano allestito diverse linee difensive contro di essa. Quella principale correva lungo il fiume Oka da Kaluga ad est verso Nižnij Novgorod. A Kaluga l’Oka, che scorre verso nord, si piega bruscamente ad est, e la linea di difesa venne estesa verso ovest lungo il fiume Ugra. La terra a ovest e a sud di Kaluga era rivendicata dal Granducato di Lituania. In quel momento il Gran Principe Ivan III di Mosca stava unificando le terre a nord dell’Oka. Allo stesso tempo, l’Orda d’Oro si stava frammentando, e ciò che ne rimase nella steppa intorno alla vecchia capitale Saraj prese il nome di Grande Orda. Casimiro IV di Polonia si alleò con la Grande Orda, mentre la Russia si alleò con il Khanato di Crimea contro l’Orda. Nel 1472 Akhmat Khan, il sovrano della Grande Orda, fece irruzione oltre l’Oka ad Aleksin, ma venne scacciato.
Nel 1476 Ivan smise definitivamente di pagare i tributi annuali dovuti all’Orda d’Oro. Dato che l’Orda d’Oro non esisteva più, era la Grande Orda che avrebbe dovuto ricevere questi tributi, in quanto essa, dopo la secessione dei principati mongoli più importanti, sosteneva di essere la vera discendente dell’Orda d’Oro, pur non avendone né la potenza politica né quella militare. Akhmat, che ne era a capo, decise per il momento di non rispondere a questo affronto, soprattutto perché era impegnato a combattere contro il Khanato di Crimea. Alla fine del 1479 Ivan III litigò con i suoi fratelli, Andrej Bolšoj e Boris di Volokolamsk, che iniziarono a tessere intrighi con Casimiro IV. Questo conflitto interno potrebbe aver fatto pensare ad Akhmat Khan che questa era l’occasione giusta per attaccare la Russia.
La battaglia
Alla fine di maggio del 1480 la notizia dell’invasione di Akhmat raggiunse Mosca. Akhmat Khan radunò tutti gli uomini che riuscì a reperire fino a formare un esercito di grandi dimensioni, anche se non sappiamo quale fosse il numero esatto né delle truppe impiegate dalla Grande Orda né di quelle russe. Una parte dei comandanti russi suggerì di fuggire a nord, ma le loro rimostranze furono subito messe a tacere. Ormai era chiaro che il momento decisivo era arrivato, non ci poteva più essere alcuno spazio per tentennamenti di sorta. I mongoli andavano affrontati lì e in quel momento, così da porre finalmente termine alla disputa secolare con essi. A giugno Ivan inviò truppe a sud verso l’Oka: a Serpuchov mandò un distaccamento al comando del figlio Ivan il Giovane, un altro a Tarusa sotto il comando del fratello Andrej il Minore e Ivan III stesso andò a Kolomna. Comparvero presto squadre d’esplorazione tartare a sud dell’Oka. Gli avamposti russi riferirono che Akhmat si stava spostando a nord-ovest, quindi le truppe russe furono trasferite ad ovest verso Kaluga. Le forze del Principato di Tver si spostarono verso l’Ugra. Intorno al 30 settembre Ivan tornò a Mosca per incontrare i suoi vescovi e i boiardi e furono prese importanti decisioni. La disputa con i suoi fratelli fu risolta e le loro truppe iniziarono a muoversi verso l’Oka. Il tesoro di stato e la famiglia reale furono spostati a nord di Belozersk e alcune città furono evacuate. Il Principe Vasilij Nozdrovatij e il khan della Crimea in esilio Nur Devlet, che aveva trovato rifugio in Russia, furono mandati a est lungo l’Oka e il Volga per attaccare Akhmat Khan alle spalle. Nel frattempo, Akhmat si era spostato verso nord tra il Don superiore e l’Oka e in una data incerta si accampò a Vorotynsk, appena a sud della confluenza tra l’Ugra e l’Oka, sulla riva occidentale dell’Oka. Qui aspettò Casimiro IV, che non arrivò mai. Casimiro era rimasto bloccato a combattere le truppe del Khanato di Crimea in Podolia, anche se forse dietro il suo mancato arrivo potrebbero esserci stati altri motivi. Il 3 ottobre Ivan III si trasferì a Kremenskoe per osservare meglio il fronte e fare il quadro della situazione.

Ivan III caccia gli emissari di Akhmat Khan presentatisi a corte per chiedere il tributo alla Grande Orda.
Il 6–8 ottobre Akhmat Khan trasferì le sue truppe sull’Ugra. I combattimenti iniziarono all’una dell’8 ottobre e continuarono per quasi quattro giorni. Tutti i tentativi della Grande Orda di attraversare il fiume fallirono, soprattutto a causa dell’efficacia delle nuove armi da fuoco di cui si erano estesamente dotate le forze russe, e perché il fiume era abbastanza largo da rendere inutili le frecce tartare, che a differenza delle pallottole degli archibugi russi cadevano in acqua prima di poter raggiungere la riva opposta. Il campo di battaglia si estendeva per cinque chilometri lungo l’Ugra dalla sua foce verso ovest. Akhmat si ritirò due chilometri più a sud in un luogo all’epoca chiamato Luza. Cercò quindi di spostare in segreto le sue truppe in un altro posto di cui oggi non si conosce la posizione, chiamato “Opachov”, ma i suoi movimenti vennero scoperti, e il tentativo di attraversamento bloccato. Ivan iniziò dei negoziati con Akhmat Khan che non portarono da nessuna parte, ma diedero a Ivan III il tempo di far arrivare altre truppe. Iniziò qui il fronteggiamento vero e proprio, quando le due parti in causa trascorsero il mese successivo a osservarsi guardinghe dalle due rive del fiume.
L’autunno stava finendo, l’inverno si avvicinava, ed entrambi gli avversari sapevano che una volta che il fiume si fosse congelato, non sarebbe più stato una barriera. Akhmat a quel punto avrebbe potuto concentrare le sue forze e spezzare la sottile linea russa in qualsiasi momento. Il miglior piano che Ivan aveva a disposizione era di ritirarsi e concentrare le sue forze. Il 26 ottobre Ivan III iniziò a spostare truppe dall’Ugra a nord-est, verso Kremenskoe, e poi ad est verso Borovsk. Qui godeva di una buona posizione difensiva per proteggere Mosca e poteva colpire in qualsiasi direzione se Akhmat Khan avesse scelto di avanzare. Ma poi avvenne l’incredibile e l’inaspettato: invece di avanzare, l’8 novembre Akhmat iniziò a ritirarsi. La notizia della ritirata raggiunse Ivan l’11 novembre. Durante la sua ritirata, Akhmat Khan fece irruzione in 12 città lituane, tra cui Mcensk. Suo figlio Murtaza razziò alcuni villaggi a sud dell’Oka fino a quando i russi non lo respinsero. Il 28 novembre Ivan III poté finalmente tornare a Mosca vittorioso.
Una ritirata inspiegabile

I soldati russi che parteciparono alla battaglia avevano più o meno questo aspetto. A sinistra: archibugiere moscovita. A destra: archibugiere delle forze feudali russe. Inginocchiato: arciere appiedato delle forze feudali russe.
La ritirata dei russi e quella dei mongoli furono indipendenti l’una dall’altra. I motivi che spinsero Ivan a ritirarsi sono chiari, la sua fu una ritirata strategica, ma le motivazioni di Akhmat sono tutt’oggi oggetto di congetture. Chiaramente un motivo importante fu la mancata comparsa di Casimiro IV in suo aiuto. Un fattore importante potrebbe essere stato la notizia della fine della disputa di Ivan III con i suoi fratelli e l’arrivo di truppe aggiuntive in favore dei russi derivato da questo evento. L’imminente arrivo dell’inverno russo era un altro punto a sfavore di Akhmat Khan. I russi avevano il tempo dalla loro parte, quanto più a lungo sarebbe durato lo stallo, tante più truppe Ivan avrebbe potuto radunare, mentre le riserve di Akhmat erano poche e lontane. I cavalli dei tartari e le pecore che essi portavano con loro ricavarne cibo, stavano gradualmente consumando il foraggio locale. Alcune fonti riferiscono dello scoppio di epidemie nell’esercito della Grande Orda. Infine, Akhmat Khan potrebbe aver pensato che la ritirata di Ivan III fosse uno stratagemma per trascinarlo in un’imboscata, una tattica comune fra i combattenti della steppa. Forse aveva perfino capito che non ci sarebbe stata alcuna imboscata, e che avrebbe dovuto combattere contro un esercito in una posizione preparata, o tentare di aggirarlo. I tartari preferivano le incursioni “mordi e fuggi” e Akhmat potrebbe non aver voluto attaccare un esercito concentrato. Per risolvere questo problema avrebbe potuto cercare di superare le linee russa spostandosi verso ovest, ma non lo fece. In fin dei conti, perciò, la sua ritirata potrebbe essere stata dettata dalla saggezza, saggezza che però molti, soprattutto fra i suoi seguaci, scambiarono per codardia.
Le conseguenze

Altra miniatura del XVI secolo che ritrae la battaglia.
Il 6 gennaio 1481, Akhmat Khan fu ucciso in uno scontro con i Nogai di Ibak Khan, un principe del Khanato di Sibir. Nel 1502, il Khanato di Crimea distrusse la Grande Orda, rimuovendo così quello che ormai era solo uno stato cuscinetto tra la Russia e la Crimea, portando alla fine a una serie di guerre russo-crimeane che durarono fino al 1784.
Forse il risultato più importante dell’alleanza russo-crimeana in questa battaglia fu il suo effetto sul Granducato di Lituania. Nel 1480-1515, la Russia si espanse dalla sua culla tra l’Oka e il Volga a ovest verso Smolensk e a sud-ovest oltre l’Ugra e lungo la riva occidentale dell’Oka fino all’attuale Novhorod-Siverskyj, fatto che portò ad una serie di guerre contro la Polonia e la Lituania.
Comunque sia, il giogo mongolo era ormai terminato. Nessun’altra invasione sarebbe più arrivata da est, ma i russi si ripromisero comunque di non permettere mai più che si verificasse qualcosa di simile all’occupazione dell’Orda d’Oro. L’unico modo per fare questo era mettere quanta più distanza possibile tra i mongoli e la Russia. Sebbene ad est fosse ancora in piedi qualche stato successore dell’Orda d’Oro, questi non erano affatto paragonabili al grande impero dal quale derivavano. La Siberia era ora disponibile ai russi, la cui spinta verso est si sarebbe fermata solo una volta arrivati sull’Oceano Pacifico.
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Articolo di Raffaele Ucci per Saker Italia.
Russia, non invano esisti avendo attraversato la tua Storia… per arrivare all’Oggi così come Dio stesso preparò il pur duro tragitto…
Ora Tu sei il Futuro di 350 milioni di Europei orfani, sbandate masse di individui mondializzati e singolarizzati dal mondialismo individualista e senza più casa etica della Tradizione e… senza patrie, perchè solo Tu Russia oramai sei rimasta ultima fedele custode della bimillenaria “Casa Occidente”.
Solo tu, Russia, in tutto l’universo sei chiamata “Madre Russia” nessun’altra patria così è chiamata e sentita dal proprio popolo.
L’odio che ricevi come ultimo impaccio testardo al successo definitivo di dominio universale del Male, è Medaglia d’Oro innanzi alla Gloria di Dio.
Stanno arrivando anni terribili, terribili e durissimi per tutti, ma Colui che a Te diede il compito di frenare il Male, non ti abbandonerà… perché è più forte!
Sempre Ti amerò, Madre, Madre Vera!!
Di tutta evidenza la Storia dei Russi è la Storia della Russia che è Madre dei popoli che tramandano alle generazioni successive, la loro cultura ed il senso dell’amor di Patria, che è la Famiglia/Comunita dei Russi.
In Occidente, la Patria/le Patrie è/ sono stata/ state saccheggiata/e da interessi individuali e dunque quando essi proveranno a saccheggiare la Russia verranno fatti sparire dal Pianeta; verranno estinti anche coloro che favoriranno teorie politiche in favore di governi controllati da privati (le democrazie)che opprimono i popoli, tramite marionette politiche senza amor di Patria.