La franca e generalmente costruttiva discussione che ha avuto luogo al summit di Ginevra del 16 giugno 2021 durante l’incontro fra i presidenti Vladimir Putin e Joseph Biden si è conclusa con l’accordo di aprire un dialogo sostanziale sulla stabilità strategica, riaffermando la premessa cruciale che la guerra nucleare è inaccettabile. Le due parti hanno anche raggiunto un’intesa sull’opportunità di impegnarsi in consultazioni sui temi della sicurezza cibernetica, sulle operazioni delle missioni diplomatiche, sul destino dei cittadini russi e americani in prigione, su alcuni conflitti regionali.

Il leader russo ha chiarito, anche nelle sue dichiarazioni pubbliche, che trovare un equilibrio di interessi a base strettamente paritaria è l’unica via per percorrere ognuno di quei temi. Durante i colloqui non ci sono state obiezioni. Tuttavia, nel seguito immediato di essi, funzionari statunitensi, inclusi quelli che hanno partecipato alle riunioni di Ginevra, hanno cominciato ad asserire quel che sembrano princìpi scontati, perorando di “aver messo in chiaro” con Mosca, di “averla avvertita, e di “averle esplicitato le loro domande”. In più, tutti questi avvertimenti erano mano nella mano con le minacce: se Mosca non accetta in qualche mese il “codice stradale” messo a punto a Ginevra, finirà sotto nuove pressioni.

Naturalmente si dovrà vedere come procederanno le consultazioni per definire specifici modi per rispettare, come menzionato più sopra, le intese di Ginevra. Come ha detto Vladimir Putin durante la sua conferenza stampa seguìta ai colloqui, “abbiamo un sacco di cose su cui lavorare”. Detto questo, è sintomatico il modo in cui sia stata espressa l’inestricabile posizione di Washington subito dopo i colloqui, specie da quando le capitali europee hanno immediatamente prestato attenzione al sentimento del Grande Fratello accordandosi al suo ritmo con molto gusto e piacere. Il succo delle loro dichiarazioni è che essi sono pronti a normalizzare le loro relazioni con Mosca ma solo dopo il cambio del suo comportamento.

È come se un coro si sia accordato in precedenza per accompagnare una canzone della voce solista. Sembra sia questo lo scopo della serie di eventi occidentali di alto livello avvenuti durante la preparazione dei colloqui Russia-Stati Uniti: il summit del G7 in Cornovaglia, il summi NATO a Bruxelles, l’incontro di Joseph Biden con il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e con il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Questi incontri sono stati preparati in modo da non lasciare dubbi sul messaggio chiaro che si voleva lanciare: l’Occidente è unito come non mai e negli affari internazionali farà ciò che gli pare giusto, costringendo gli altri, soprattutto Russia e Cina, a seguire la sua guida. I documenti adottati ai summit in Cornovaglia e a Bruxelles cementano il concetto di un ordine mondiale basato sulle regole come contrappeso ai princìpi universali della legge internazionale la cui fonte primaria è lo Statuto delle Nazioni Unite.

Nel fare questo, l’Occidente rifugge deliberatamente dal sillabare le regole che afferma di seguire, proprio come si astiene dallo spiegare il perché queste regole siano necessarie. Dopo tutto, ci sono già migliaia di universali strumenti legali internazionali che definiscono chiari impegni nazionali e trasparenti meccanismi di verifica. Quando qualcuno agisce contro il volere dell’Occidente, quest’ultimo risponde immediatamente con un’affermazione senza fondamento su “le regole sono state violate” (senza annoiarsi a presentare una qualsiasi prova) e dichiara il suo “diritto a chiederne conto al responsabile”. Meno specifiche sono le regole, più è facile portare avanti le pratica arbitraria di impiegare tattiche sporche come mezzi di pressione verso i competitori. Durante i cosiddetti “selvaggi anni ‘90” in Russia, noi ci riferivamo a tali pratiche come sdraiarsi sulla legge.

Ai partecipanti ai summit del G7, della NATO, dell’incontro Stati Uniti-Unione Europea, questa serie di eventi ad alto livello ha segnalato il ritorno degli Stati Uniti negli affari europei e il consolidamento restaurato del Vecchio Mondo sotto le ali della nuova amministrazione a Washington. La maggior parte dei membri della NATO e dell’Unione Europea hanno salutato questa giravolta con commenti entusiastici piuttosto che con appena un sospiro di sollievo. La fedeltà ai valori liberali come stella polare dell’umanità fornisce un sostegno ideologico per la riunificazione della “famiglia occidentale”. Senza nessuna falsa modestia, Washington e Bruxelles definiscono sé stessi “un’àncora per la democrazia, la pace e la sicurezza”, in opposizione all’ “autoritarismo in tutte le sue forme”. In particolare, essi proclamano il loro intento di usare le sanzioni per “sostenere la democrazia in tutto il globo”. A tale scopo, essi sono saliti sulla idea americana di tenere un Summit per la Democrazia. Non vi sbagliate, l’Occidente sceglierà i partecipanti a questo summit e ne definirà l’agenda in modo da rendere improbabile qualsiasi opposizione da parte dei partecipanti al summit che esso stesso ha scelto. Ci sono state voci su paesi esportatori di democrazia che hanno promesso un “impegno intensificato” per assicurare la fedeltà universale agli “standard democratici” e per inventare meccanismi di controllo per tali processi.

È degno di nota anche il revitalizzato Statuto Atlantico Anglo-Americano, approvato il 10 giugno 2021 da Joseph Biden e Boris Johnson al margine del summit del G7. È stato disegnato come una versione aggiornata del documento dallo stesso nome firmato nel 1941 da Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill. A quel tempo, giocò un ruolo importante per disegnare i contorni dell’ordine mondiale del dopoguerra.

Tuttavia, né Washington né Londra hanno menzionato un fatto storico essenziale: ottanta anni fa, l’Unione Sovietica e alcuni governi europei in esilio si unirono allo statuto del 1941, rendendolo uno dei pilastri concettuali della coalizione anti-hitleriana e uno dei progetti legali per lo Statuto delle Nazioni Unite.

Con lo stesso nome, il Nuovo Statuto Atlantico è stato disegnato come un punto di partenza per la costruzione del nuovo ordine mondiale, quello guidato solamente dalle “regole” occidentali. Le sue disposizioni sono impregnate d’ideologia. Essi cercano di allargare il solco fra le cosiddette democrazie liberali e tutte le altre nazioni, e di legittimare l’ordine basato sulle regole. Il nuovo statuto non menziona l’ONU o l’OSCE, mentre afferma senza riserve la fedeltà delle nazioni occidentali ai loro impegni come membri della NATO, vista de facto come il solo legittimo centro decisionale (almeno così ha descritto il ruolo della NATO il suo ex Segretario Generale Anders Fogh Rasmussen). È chiaro che la stessa filosofia guiderà la preparazione del Summit per la Democrazia.

Etichettate come “potenze autoritarie”, la Russia e la Cina sono state indicate come il maggior ostacolo all’implementazione dell’agenda discussa ai summit di giugno. Da una prospettiva generale, a esse si attribuiscono due gruppi di torti, grossolanamente definibili come esterni e interni. Nei termini degli affari internazionali, in un certo numero di regioni. È in questo modo che essi trattano la politica di Mosca mirata a contenere le aspirazioni ultra-radicali e neo-naziste presenti negli stati confinanti, dove sono soppressi i diritti dei russi, come quelli di altre minoranze etniche, e dove la lingua, l’educazione e la cultura russe sono sradicate. A essi non piace neanche il fatto che Mosca difenda i paesi caduti vittime delle scommesse occidentali, quelli attaccati dai terroristi internazionali e a rischio di perdere la propria sovranità, come è stato nel caso della Siria.

Eppure l’Occidente riserva le sue parole più pesanti agli affari interni dei paesi “non democratici” e il suo impegno a ridisegnarli per adattarli allo stampo occidentale. Ciò implica il portare le società ad essere conformi alla visione della democrazia predicata da Washington e Bruxelles. E questo arriva alle radici delle richieste che Mosca e Pechino, così come altre capitali, seguano le disposizioni occidentali sui diritti umani, sulla società civile, sul trattamento dell’opposizione e dei media, sul metodo di governo e sull’interazione fra le branche del potere. Mentre proclama il “diritto” di interferire negli affari interni di altri paesi allo scopo di promuovere la democrazia così come da esso intesa, l’Occidente perde istantaneamente tutto l’interesse quando avanziamo il proposito di rendere più democratiche le relazioni internazionali, inclusi il rinunciare a comportamenti arroganti e l’impegnarsi a rispettare i princìpi universalmente riconosciuti della legge internazionale invece che le “regole”. Quando espande le sanzioni e altre misure coercitive nei confronti di stati sovrani, l’Occidente promuove la regola totalitaria negli affari globali, assumendo un atteggiamento imperiale e neocoloniale nelle sue relazioni con i paesi terzi. A essi viene richiesto di adottare le regola democratica sotto il modello occidentalmente scelto, e di dimenticare la democrazia negli affari internazionali, in modo che qualcuno deciderà tutto per loro. Tutto quel che è richiesto a questi paesi terzi è di stare calmi o di affrontare le rappresaglie.

Politici dalla mente lucida, in Europa e in America si rendono conto che questa politica senza compromessi non porta da nessuna parte e stanno cominciando a pensare pragmaticamente, sebbene non in pubblico, che il mondo ne ha più d’una di civilizzazioni. Essi stanno cominciando a riconoscere che Russia, Cina e altre maggiori potenze hanno una storia lunga un millennio, e seguono le proprie tradizioni, valori e stili di vita. I tentativi di stabilire quali sono i valori migliori e quali i peggiori sembrano vani. Invece, l’Occidente deve semplicemente riconoscere che ci sono altri modi di governo, diversi dall’approccio occidentale, e accettare ciò come un fatto reale. Nessun paese è immune dal problema dei diritti umani. Quindi, perché tutta quest’arroganza col sopracciglio alzato? Perché i paesi occidentali assumono di poter gestire meglio questi problemi, poiché sono democrazie, mentre gli altri paesi devono ancora arrivare a questo livello e hanno bisogna dell’assistenza che l’Occidente offre generosamente?

Le relazioni internazionali stanno attraversando cambiamenti fondamentali che interesseranno tutti senza eccezione, cercare di prevedere dove ciò ci porterà è impossibile. Eppure c’è una domanda: tenendo da parte le aspirazioni messianiche, qual’è la forma di governo più efficace per  affrontare ed eliminare le minacce che trascendono i confini e toccano tutte le persone, indipendentemente da dove vivono? Gli scienziati della politica stanno cominciando a confrontare gli strumenti disponibili usati dalle cosiddette democrazie liberali e dai “regimi autocratici”. In questo contesto, è significativo che sia stato suggerito il termine “democrazia autocratica”, sebbene timidamente.

Queste sono considerazioni utili, e i politici seri attualmente al potere devono prestarvi attenzione. Analizzare e riflettere su quel che ci sta attorno non ha fatto mai male a nessuno. Il tentativo di ignorare questa realtà, asserendo di essere l’unico centro decisionale legittimo, difficilmente porterà soluzioni reali ma solo sfide forzate. Invece, ciò che ci vuole è il dialogo mutualmente rispettoso fra le maggiori potenze accompagnato da un doveroso riguardo per gli altri membri della comunità internazionale. Ciò implica un impegno senza condizioni al rispetto delle norme e princìpi, universalmente accettati, della legge internazionale, inclusi il rispetto dell’uguaglianza sovrana degli stati, della non interferenza nei loro affari interni, nella risoluzione pacifica dei conflitti e nel diritto all’autodeterminazione.

Preso come un insieme, l’Occidente storico ha dominato il mondo per cinquecento anni. Tuttavia, non ci sono dubbi che adesso senta la fine di questa era mentre rimane attaccato allo status di cui godeva e frena artificialmente l’obiettivo processo dell’emersione di un mondo policentrico. Questo porta al tentativo di fornire una base concettuale alla nuova visione del multilaterismo. Per esempio, la Francia e la Germania hanno cercato di promuovere un “multilaterismo efficace” radicato negli ideali e azioni dell’Unione Europea, un modello utilizzabile da chiunque, piuttosto che promuovere il multilaterismo inclusivo delle Nazioni Unite.

Imponendo il concetto di un ordine basato sulle regole, l’Occidente cerca di spostare la discussione degli aspetti chiave sulle piattaforme da esso preferite, quelle dove non ci sono voci dissidenti. È così che emergono i vari “appelli” e i gruppi di persone con opinioni simili. Ciò consiste nel coordinare le prescrizioni e far sì che siano seguite da tutti gli altri. Fra gli esempi si possono includere un “appello per la fiducia e la sicurezza nel ciberspazio”, un “appello umanitario all’azione”, e un “partenariato globale per la protezione dei media”. Ognuna di queste piattaforme raccoglie solo qualche decina di nazioni, il che è lontano da una maggioranza quando si parla di comunità internazionale. Il sistema delle Nazioni Unite offre piattaforme inclusive per i negoziati su tutti questi soggetti sopra menzionati. Si capisce che ciò dà origine a punti di vista alternativi che debbono essere presi in considerazione durante la ricerca di un compromesso, ma tutto quel che vuole l’Occidente è imporre le proprie regole.

Nel frattempo, l’Unione Europea sviluppa regimi orizzontali di sanzioni per ognuno dei suoi “gruppi con la stessa opinione”, ovviamente senza degnare di uno sguardo lo Statuto delle Nazioni Unite. Così è come funziona: quelli che si uniscono a questi “appelli” o “partenariati” decidono, fra loro, chi viola i requisiti europei in una certa sfera e l’Unione Europea impone sanzioni sui trasgressori. Com’è conveniente! Essi possono sia accusare che punire tutti senza neanche la necessità di passare dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Hanno perfino tirato fuori una ragione razionale per questo comportamento: poiché abbiamo un’alleanza dei più efficaci multilateristi, noi possiamo insegnare agli altri come migliorare in queste pratiche. A chi ritenga non democratico tutto ciò oppure in contrasto con la visione del genuino multilaterismo, il Presidente della Francia Emmanuel Macron ha offerto una spiegazione nel suo discorso dell’11 maggio 2021: il multilaterismo non vuol dire necessità di arrivare all’unanimità, e la posizione di coloro “che non vogliono avanzare  non deve poter fermare… un’ambiziosa avanguardia” della comunità mondiale.

Non facciamo errori: non c’è nulla di sbagliato nelle regole di per sé. Al contrario, la Carta delle Nazioni Unite è un insieme di regole, ma queste regole sono state approvate da tutti i paesi del mondo, piuttosto che da un gruppo chiuso in un accogliente incontro.

Un dettaglio interessante: in russo, le parole “legge” e “regola” derivano da una singola radice. Per noi, una regola genuina e giusta è inseparabile dalla legge. Questo non è il caso delle lingue occidentali. Per esempio, in inglese, le parole “legge” e “regola” non condividono alcuna somiglianza. Vedete la differenza? “Regola” non riguarda tanto la legge, nel senso di leggi generalmente accettate, quanto le decisioni prese da chi regola o governa. Vale anche la pena notare che “regola” condivide la stessa radice di “righello”, con i significati di quest’ultimo, incluso il dispositivo comune per misurare e disegnare linee rette. Si può dedurre che attraverso il suo concetto di “regole” l’Occidente cerchi di allineare tutti intorno alla sua visione o di applicare lo stesso metro a tutti, in modo che tutti cadano in un’unica fila.

Riflettendo sulla linguistica, la visione del mondo, il sentimento e il modo in cui variano da una nazione o cultura all’altra, vale la pena ricordare come l’Occidente abbia giustificato l’espansione senza riserve della NATO a est, verso il confine russo. Quando indichiamo le assicurazioni fornite all’Unione Sovietica che ciò non sarebbe avvenuto, sentiamo che si trattava solo di promesse pronunciate e non c’erano documenti firmati in tal senso. C’è una tradizione secolare in Russia di fare accordi con stretta di mano senza firmare nulla e tenendo la propria parola come sacrosanta, ma sembra improbabile che possa mai prendere piede in Occidente.

Gli sforzi per sostituire il diritto internazionale con “regole” occidentali includono una politica immanentemente pericolosa di rivedere la storia e gli esiti della Seconda Guerra Mondiale e dei verdetti dei processi di Norimberga come fondamento dell’ordine mondiale di oggi. L’Occidente rifiuta di sostenere una risoluzione delle Nazioni Unite, sponsorizzata dalla Russia, nella quale si proclama che glorificare il nazismo è inaccettabile e si respingono le nostre proposte per discutere la demolizione dei monumenti a coloro che hanno liberato l’Europa. Vogliono anche condannare all’oblio importanti sviluppi del dopoguerra, come la Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1960 sulla concessione dell’indipendenza ai paesi e ai popoli ex-coloniali, avviata dal nostro paese. Le ex potenze coloniali cercano di cancellare questa memoria sostituendola con rituali frettolosamente inventati come inginocchiarsi prima delle competizioni sportive, al fine di distogliere l’attenzione dalla loro responsabilità storica per i crimini dell’era coloniale.

L’ordine basato sulle regole è l’incarnazione di due pesi e due misure. Il diritto all’autodeterminazione è riconosciuto come una “regola” assoluta ogniqualvolta può essere utilizzato a vantaggio. Questo vale per le Isole Malvinas, o le Falkland, a circa 12.000 chilometri dalla Gran Bretagna, per i remoti ex territori coloniali che Parigi e Londra conservano nonostante le molteplici risoluzioni e sentenze delle Nazioni Unite da parte della Corte Internazionale di Giustizia, così come il Kosovo, che ha ottenuto la sua “indipendenza” in violazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Tuttavia, se l’autodeterminazione è contraria agli interessi geopolitici occidentali, com’è successo quando il popolo della Crimea ha votato per la riunificazione con la Russia, questo principio viene messo da parte, condannando la libera scelta del popolo e punendolo con sanzioni.

Oltre a invadere il diritto internazionale, il concetto di “regole” si manifesta anche nel tentativo di invadere la stessa natura umana. In un certo numero di paesi occidentali, gli studenti imparano a scuola che Gesù Cristo era bisessuale. I tentativi da parte di politici ragionevoli per proteggere le giovani generazioni dalla propaganda LGBT aggressiva suscitano proteste bellicose dall’”Europa illuminata”. Tutte le religioni del mondo, il codice genetico delle principali civiltà del pianeta, sono sotto attacco. Gli Stati Uniti sono in prima linea nell’interferenza dello stato negli affari della chiesa, cercando apertamente di inserire un cuneo nel mondo ortodosso, i cui valori sono visti come un potente ostacolo spirituale per il concetto liberale di permissività illimitata.

Colpisce l’insistenza e persino la testardaggine dimostrata dall’Occidente nell’imporre le sue “regole”. Naturalmente, la politica interna è un fattore, con la necessità, durante ogni ciclo elettorale che dura due anni negli Stati Uniti, di mostrare agli elettori quanto sia ferma la vostra politica estera quando si tratta di “nemici autocratici”.

Eppure, è stato anche l’Occidente a coniare il motto “libertà, uguaglianza, fraternità”. Non so se il termine “fraternità” sia politicamente corretto nell’Europa di oggi da una “prospettiva di genere”, ma finora non ci sono stati tentativi di invadere l’uguaglianza. Come accennato in precedenza, mentre predica l’uguaglianza e la democrazia nei loro paesi e chiede che altri seguano il suo esempio, l’Occidente si rifiuta di discutere di modi per garantire l’uguaglianza e la democrazia negli affari internazionali.

Quest’approccio è chiaramente in contrasto con gli ideali di libertà. Il velo della sua superiorità nasconde la debolezza e la paura di impegnarsi in una conversazione franca non solo con gli accondiscendenti e quelli desiderosi di allinearsi, ma anche con avversari con credenze e valori diversi, non neoliberisti o neoconservatori, ma quelli appresi al ginocchio della madre, ereditati da molte generazioni passate, tradizioni e credenze.

È molto più difficile accettare la diversità e la competizione delle idee nello sviluppo del mondo che inventare prescrizioni per tutta l’umanità all’interno di una ristretta cerchia di persone che la pensano allo stesso modo, libere da qualsiasi disputa su questioni di principio, il che rende quasi impossibile l’emergere della verità. Tuttavia, le piattaforme universali possono produrre accordi molto più solidi, sostenibili e possono essere soggette a verifica obiettiva.

Questa verità immutabile lotta per arrivare fino alle élite occidentali, consumate come sono dal complesso dell’eccezionalismo. Come ho già detto in precedenza in quest’articolo, subito dopo i colloqui tra Vladimir Putin e Joseph Biden, i funzionari dell’Unione Europea e della NATO si sono precipitati ad annunciare che nulla è cambiato nel modo in cui trattano la Russia. Hanno anche affermato di essere pronti a vedere le loro relazioni con Mosca deteriorarsi ulteriormente.

Inoltre, è una minoranza russofoba aggressiva che imposta sempre di più la politica dell’Unione Europea, come confermato dal vertice europeo a Bruxelles il 24 e 25 giugno 2021, dove il futuro delle relazioni con la Russia era all’ordine del giorno. L’idea espressa da Angela Merkel ed Emmanuel Macron di tenere un incontro con Vladimir Putin è stata uccisa prima che vedesse la luce del giorno. Gli osservatori hanno notato che il vertice Russia-Stati Uniti d’America a Ginevra equivaleva a un via libera degli Stati Uniti per avere questo incontro, ma gli stati baltici, schierandosi con la Polonia, hanno interrotto questo tentativo “scoordinato” di Berlino e Parigi, mentre il Ministero degli Esteri ucraino ha convocato gli ambasciatori tedesco e francese per spiegare le azioni dei loro governi. Ciò che è emerso dai dibattiti al vertice di Bruxelles è stata un’istruzione alla Commissione Europea e al Servizio per l’Azione Esterna dell’Unione Europea di elaborare nuove sanzioni contro Mosca senza fare riferimento a “peccati” specifici, giusto per essere pronti a ogni evenienza. Senza dubbio s’inventeranno qualcosa, in caso di necessità.

Né la NATO, né l’Unione Europea intendono deviare dalla loro politica di soggiogare altre regioni del mondo, proclamando una missione messianica globale auto-designata. La NATO sta cercando di contribuire in modo proattivo alla strategia americana per la regione indo-pacifica, chiaramente mirata a contenere la Cina e a minare il ruolo dell’ASEAN nei suoi sforzi pluridecennali per costruire un’architettura di cooperazione inclusiva per l’Asia-Pacifico. A sua volta, l’Unione Europea elabora programmi per “abbracciare” gli spazi geopolitici nel suo vicinato e oltre, senza coordinare queste iniziative nemmeno con i paesi invitati. Questo è ciò che riguarda il Partenariato Orientale, così come un recente programma approvato da Bruxelles per l’Asia Centrale. C’è una differenza fondamentale tra questi approcci e quelli che guidano i processi d’integrazione con il coinvolgimento della Russia: la CSI, la CSTO, l’EurAsEC e la SCO, che cercano di sviluppare le relazioni con i partner esterni esclusivamente sulla base della parità e dell’accordo reciproco.

Con il suo atteggiamento sprezzante nei confronti degli altri membri della comunità internazionale, l’Occidente si trova dalla parte sbagliata della storia.

I paesi seri e rispettosi non tollereranno mai i tentativi di parlare con loro attraverso ultimatum e discuteranno qualsiasi questione solo su un piano di parità.

Per quanto riguarda la Russia, è giunto il momento che tutti capiscano che abbiamo tracciato una linea definitiva sotto ogni tentativo di giocare una partita a senso unico con noi. Tutti i mantra che sentiamo dalle capitali occidentali sulla loro disponibilità a rimettere in carreggiata i loro rapporti con Mosca, a patto che si penta e cambi binario, sono privi di significato. Tuttavia, molti si ostinano, come per inerzia, a presentarci richieste unilaterali, il che, se mai ne avesse, fa ben poco credito a quanto siano realistiche.

La politica di far sì che la Federazione Russa si sviluppi da sola, indipendentemente e proteggendo gli interessi nazionali, pur rimanendo aperta a raggiungere accordi con partner stranieri su base paritaria, è stata a lungo al centro di tutti i suoi documenti di posizione in materia di politica estera, sicurezza nazionale e difesa. Tuttavia, a giudicare dai passi pratici compiuti negli ultimi anni dall’Occidente, probabilmente pensavano che la Russia non intendesse realmente ciò che predicava, come se non avesse intenzione di seguire questi principi. Ciò include la risposta isterica agli sforzi di Mosca per difendere i diritti dei russi all’indomani del sanguinoso colpo di stato del 2014 in Ucraina, sostenuto dagli Stati Uniti, dalla NATO e dall’Unione Europea. Pensavano che se avessero esercitato un po’ più di pressione sulle élite e mirato ai loro interessi, mentre espandevano le sanzioni personali, finanziarie e di altro tipo, Mosca sarebbe tornata in sé e si sarebbe resa conto che avrebbe affrontato sfide crescenti sul suo percorso di sviluppo, a meno che non “cambiasse il suo comportamento”, il che implica obbedire all’Occidente. Anche quando la Russia ha detto chiaramente che consideriamo questa politica degli Stati Uniti e dell’Europa come una nuova realtà e procederà su questioni economiche e di altro tipo partendo dal presupposto che non possiamo dipendere da partner inaffidabili, l’Occidente ha continuato a credere che, alla fine della giornata, Mosca “tornerà in sé” e farà le concessioni necessarie per il bene della ricompensa finanziaria. Permettetemi di sottolineare ciò che il Presidente Vladimir Putin ha detto più volte: non ci sono state concessioni unilaterali dalla fine degli anni ‘90 e non ci saranno mai. Se volete lavorare con noi, recuperare i profitti persi e la reputazione aziendale, sediamoci e concordiamo sui modi in cui possiamo incontrarci a metà strada per trovare soluzioni e compromessi equi.

È essenziale che l’Occidente capisca che questa è una visione del mondo saldamente radicata nel popolo della Russia, che riflette l’atteggiamento della stragrande maggioranza qui. Gli oppositori “inconciliabili” del governo russo, quelli che hanno puntato sull’Occidente e credono che tutti i guai della Russia provengano dalla sua posizione anti-occidentale, sostengono concessioni unilaterali per il bene di vedere le sanzioni revocate e ricevere ipotetici guadagni finanziari. Ma sono totalmente marginali nella società russa. Durante la sua conferenza stampa del 16 giugno 2021 a Ginevra, Vladimir Putin ha chiarito chiaramente cosa cerca l’Occidente quando sostiene queste forze marginali.

Questi sono sforzi dirompenti per quanto riguarda la storia, mentre i russi hanno sempre dimostrato maturità, senso di rispetto di sé, dignità e orgoglio nazionale, e la capacità di pensare in modo indipendente, specialmente nei momenti difficili, pur rimanendo aperti al resto del mondo, ma solo su un piano di parità e reciprocamente vantaggioso. Una volta che ci siamo lasciati alle spalle la confusione e il caos degli anni ‘90, questi valori sono diventati il fondamento del concetto di politica estera della Russia nel 21° secolo. Il popolo della Russia può decidere su come vedono le azioni del loro governo senza nessun suggerimento dall’estero.

Quanto alla domanda su come procedere sulla scena internazionale, non c’è dubbio che i leader avranno sempre un ruolo importante, ma devono riaffermare la loro autorità, offrire nuove idee e guidare con convinzione, non con ultimatum. Il G20, tra gli altri, è una piattaforma naturale per elaborare accordi reciprocamente accettabili. Riunisce le principali economie, giovani e meno giovani, tra cui il G7, così come i BRICS e i suoi paesi che la pensano allo stesso modo. L’iniziativa della Russia di formare un grande partenariato eurasiatico coordinando gli sforzi dei paesi e delle organizzazioni di tutto il continente ha un potente potenziale di consolidamento. Cercando di facilitare una conversazione onesta sulle questioni chiave della stabilità globale, il presidente Vladimir Putin ha suggerito di convocare un vertice dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che hanno una responsabilità speciale per il mantenimento della pace e della stabilità internazionali sul pianeta.

Fra gli sforzi necessari a portare maggiore democrazia nelle relazioni internazionali e ad affermare un ordine mondiale policentrico, è inclusa la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rafforzandolo con i paesi asiatici, africani e latinoamericani e terminandone l’anomalia dell’eccessiva rappresentazione dell’Occidente.

Indipendentemente da qualsiasi ambizione e minaccia, il nostro paese rimane impegnato in una politica estera sovrana e indipendente, ma è anche pronto a offrire un’agenda unificante negli affari internazionali con il dovuto conto della diversità culturale e civilistica nel mondo di oggi. Il confronto non è una nostra scelta, non importa la logica. Il 22 giugno 2021, Vladimir Putin ha pubblicato un articolo “Essere aperti, nonostante il passato”, in cui ha sottolineato: “Semplicemente non possiamo permetterci di portare il peso di incomprensioni passate, rancori, conflitti ed errori”. Ha anche discusso la necessità di garantire la sicurezza senza linee divisorie, uno spazio comune per una cooperazione equa e uno sviluppo inclusivo. Quest’approccio dipende dalla storia millenaria della Russia ed è pienamente coerente con l’attuale fase del suo sviluppo. Continueremo a promuovere l’emergere di una cultura delle relazioni internazionali che sia basata sui valori supremi della giustizia e che consenta a tutti i paesi, grandi e piccoli, di svilupparsi in pace e libertà. Rimarremo sempre aperti a un dialogo onesto con chiunque dimostri una disponibilità reciproca a trovare un equilibrio d’interessi saldamente radicati nel diritto internazionale. Queste sono le regole che rispettiamo.

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Articolo di Sergey Lavrov pubblicato dal Ministero degli Esteri della Federazione Russa

e ripreso da The Saker il 27 giugno 2021

Traduzione in italiano di Pappagone, Fabio_san per SakerItalia

 

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