Una civiltà si rivela fruttuosa per la sua capacità di incitare gli altri ad imitarla: quando non li impressiona più, si riduce ad una semplice raccolta di cianfrusaglie e vestigia della grandezza mondiale che era. I tentativi di Napoleone e di Hitler di creare un impero mondiale sono falliti, così come gli Stati Uniti del Nord America hanno fallito ai giorni nostri, perché ogni attrazione iniziale che avrebbero potuto esercitare sui conquistati si è trasformata in resistenza e odio, come conseguenza delle loro politiche genocide, dell’occupazione militare e/o dello sfruttamento delle risorse delle terre conquistate, utilizzate al posto dell’assorbimento graduale, dell’accettazione di popoli diversi e della promozione delle culture locali. (Parafrasato da Storia e Utopia di Emil Cioran)
L’obiettivo della brutale dominazione mongola della Russia (1240-1480) fu ancora più rovinoso di quello dell’imperialismo come lo conosciamo oggi. Era la distruzione fisica, l’occupazione e la colonizzazione del mondo conosciuto all’epoca. Militarmente l’invasione mongola (tartara) fu devastante, il suo effetto storico ambivalente e l’importanza sul lungo periodo incommensurabile. Dopo diffuse distruzioni e massacri delle popolazioni dalla Cina alla Germania, i mongoli regnavano sulla maggior parte della Russia dalla loro capitale vicino al Mar Caspio; tuttavia, si immischiavano poco nella vita quotidiana della Russia – richiedendo soprattutto tributi finanziari e il riconoscimento del loro dominio – e durante i secoli essi stessi vennero gradualmente assimilati. Gli storici russi sono dunque divisi tra coloro che prestano scarsa attenzione alla dominazione mongola – conosciuta come il giogo mongolo – e coloro che sottolineano la sua influenza distruttiva sulla Russia.

Il principe russo del 13° secolo (e poi santo) Aleksandr Nevskij fu vittorioso contro i cavalieri teutonici e i loro alleati, ma dovette limitare i suoi poteri per via della presenza mongola in tutta la Russia e oltre. (In questo fotogramma del classico di S. Ėjzenštejn, Aleksandr Nevskij, l’eroe rifiuta l’invito dell’ambasciatore mongolo ad unirsi all’Orda d’Oro).
Forse l’effetto più duraturo del giogo mongolo fu quello di isolare dall’Occidente le terre russe sottomesse: a causa di questo la Russia iniziò a guardare verso est, e così la civiltà russa non sperimentò il Rinascimento occidentale. D’altro canto, come scrive il filosofo Nikolaj Berdjaev in L’Origine del Comunismo Russo: “l’immensità di quei territori a Oriente, l’assenza di confini, si è espressa nell’ampiezza nello spirito russo”.
Più tardi, governanti come Pietro il Grande, che costruì San Pietroburgo, fecero voltare con la forza lo sguardo della Russia verso ovest; tuttavia persistevano le divisioni tra gli Occidentalizzatori della Russia, che ancora guardavano verso ovest, e gli Slavofili, che si aggrappavano alle pure tradizioni russe. Quest’ultima corrente è molto in voga oggi, è a favore della freddezza della Russia nei confronti delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti.
A questo osservatore sembra incredibile che questo popolo, dopo aver subito i due secoli del giogo mongolo, la distruzione delle sue città e l’incendio di Mosca ad opera di Napoleone, e gli eserciti nazisti che hanno raso al suolo il paese fino alle loro sconfitte a Leningrado, Mosca e Stalingrado, costate però la vita di 27 milioni di russi, che questo popolo sia ora nella posizione di diventare la terza potenza economica mondiale, che questo popolo, che ha sofferto duramente per tutta la sua storia possa affermare di non curarsi delle sanzioni degli Stati Uniti (sanzioni già contrastate – perché contro i propri interessi – da alcuni dei loro alleati europei).
Ma c’è di più: anche le rivendicazioni della Russia di essere la salvatrice dell’Occidente trovano una giustificazione storica nel fatto che ha arrestato e assorbito il peso degli attacchi mongoli contro l’Occidente, dopo i quali la Russia ha pagato il prezzo aggiuntivo di due secoli di schiavitù e di isolamento dal resto del mondo. In ogni caso, durante il suo periodo di isolamento, la Russia, ritirandosi come sempre su se stessa, è diventata sempre più consapevole delle sue radici – che affondano anche nei suoi occupanti orientali, come afferma il vecchio detto: “Grattate un russo e troverete un tartaro” – nel mentre la Russia stava diventando sempre più potente, prima che secoli più tardi adottasse il marxismo, al quale tuttavia diede la sua impronta slava con le sue vestigia orientali, che alla fine contrassegnò anche la stessa Rivoluzione russa.
Quel marchio asiatico-socialista non solo sopravvive, ma prospera oggi nella sua società capitalistica, che reca definiti marchi collettivi marxisti, a dimostrazione che quando un popolo con le larghe vedute dei russi – la sua speciale e differenziante mirovozenije [visione del mondo]– ottenuta dalle sue distese di terra e dalla sua storia, adotta un’ideologia straniera così potente come il marxismo, quel popolo assimila e cambia la sua natura: Lenin era un marxista ma cambiò l’essenza del marxismo per soddisfare le esigenze della Russia; Lenin non concepì mai il socialismo/comunismo russo come utopico; era la dura realtà che si adattava alle esigenze russe del momento. Anche per questo motivo, anche se l’URSS si è sciolta, il marxismo-leninismo rimane nella Russia contemporanea e ha già cambiato radicalmente la società russa. (E l’eroico esercito russo sfoggia ancora gli emblemi comunisti sulle sue uniformi e sui suoi mezzi.)

Carristi russi in parata durante le celebrazioni della vittoria sul fascismo (2013). La stella rossa campeggia su tutti i carri armati russi e su tutti i mezzi della marina e dell’aeronautica.
È stato detto che i russi sono sempre stati socialisti, un tratto impresso nei suoi popoli analfabeti molto prima della rivoluzione. I rivoluzionari russi sono sempre stati degli idealisti, era nel loro sangue. Quindi non sorprende che Lenin scrisse in Che fare?: “Esiste un’ideologia borghese o una socialista. Non esiste una via di mezzo… Perciò, qualsiasi alterazione dell’ideologia socialista, un’alienazione da essa, significa rafforzare l’ideologia borghese”. Il popolo russo riusciva a capirlo perfettamente. E non c’è da stupirsi che il Partito Comunista della Federazione Russa, con un programma socialista per la Russia, avesse 570.000 membri nel 2015, il secondo partito della Russia, mentre recenti sondaggi mostrano che più del 50% dei Russi è a favore di un ritorno all’URSS.
L’espansionismo russo
Nei termini propagandistici americani, l’espansionismo russo è etichettato come un’aggressione imperialista, vengono citati come esempi l’annessione della Crimea (russa) e l’invenzione dell’intervento russo in Ucraina, e le dichiarazioni ridicole e infondate sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali statunitensi. C’è una differenza fondamentale tra l’imperialismo e l’aggressività dell’America – che è iniziata con la Guerra Messicano-Americana del 1846 e da allora non è mai cessata su una scala mondiale che i mongoli avrebbero ammirato – e l’espansione della Russia in Oriente dalla Russia europea al Pacifico. Questa espansione era nella natura di un impero con le spalle rivolte ad occidente e che si affacciava verso est su un territorio enorme ma estremamente poco popolato, contenente enormi ricchezze. Questo è ciò che l’occidente in generale e gli USA in particolare invidiano alla Russia: la sua ricchezza naturale, gran parte della quale è ancora sepolta al di là dei Monti Urali. L’atteggiamento degli USA è “perché dovrebbe avere tutta quella ricchezza?”, ed è parte della giustificazione per il loro grande piano per sottomettere la Russia e dividerla in piccoli stati.

Incoraggiato costantemente dall’occidente, alla fine Hitler si mosse contro la Russia, ferendola in modo orribile ma venendo distrutto nel processo.
Le cose cambiarono drammaticamente quando l’impero russo prima, e la grande “bestia” comunista poi, si volsero verso occidente, prima per sconfiggere Napoleone, poi per vincere la Seconda Guerra Mondiale – di nuovo in favore dell’Occidente, come aveva fatto contro i mongoli. La vittoria della Russia comunista rivoluzionaria si rivelò quasi inarrestabile in Occidente, era come se volesse continuare la sua marcia da Berlino fino a Parigi e Roma. I cosacchi che abbeveravano i cavalli nelle fontane della Città Eterna. Dopotutto gli slavofili russi non avevano sempre sostenuto che la Russia fosse “destinata a salvare il mondo”?
Tuttavia, come ha scritto Cioran, questa rivendicazione era semplicemente eufemistica. La vuota espressione “salvare il mondo” (ovvero salvare l’Occidente) non significava dominarlo. In realtà, la spirituale Russia ha sempre provato amore e odio, attrazione e repulsione, gelosia e avversione, ispirate dal marciume (dell’Occidente), invidiabile e pericoloso, col quale cerca ed evita il contatto.
Ricordate: l’anima del popolo russo è stata modellata dalla Chiesa Ortodossa. Dopo la caduta dell’Impero Bizantino, chiamato la Seconda Roma, che era il più grande stato Ortodosso del mondo, la Chiesa Ortodossa russa divenne la casa dell’Ortodossia. Così emerse l’idea di Mosca come Terza Roma. “Due Rome sono cadute, ma la terza è ancora in piedi… e non ci sarà una quarta”. La dottrina di Mosca Terza Roma divenne l’idea fondamentale dell’ex stato moscovita, il suo simbolo era l’idea messianica dello stato. Lo Zar Ivan il Terribile governò uno stato totalitario al punto che tra la gente emerse la convinzione dell’esistenza di un complotto delle gerarchie ecclesiastica e statale per tradire la vera fede. Al che il popolo ruppe con la Chiesa e lo Stato e andò in clandestinità, e da questo fatto nacque la leggenda della città (pura) di Kitezh, nascosta sotto un lago, una città che garantiva la giustizia sociale, un altro tratto fondamentale del popolo russo: la ricerca della giustizia sociale come esemplificato dall’immaginaria città utopica di Kitezh.

Durante la Grande Guerra Patriottica, i russi subirono importanti sconfitte per diversi anni. Ma alla fine, ad un costo enorme, cambiarono il corso della guerra contro i nazisti. L’Armata Rossa si dimostrò invincibile.

Soldati sovietici issano la bandiera rossa sulla Porta di Brandeburgo a Berlino.
L’ascetismo intellettuale, il nichilismo e il materialismo erano tratti del carattere rivoluzionario russo del diciannovesimo secolo diffuso tra l’intelligencija, qualità sovrapposte al senso intrinseco della giustizia sociale in un popolo largamente analfabeta. Il nichilismo non può essere sottovalutato se si vuole comprendere la generazione di rivoluzionari a cui apparteneva Lenin. Berdjaev definisce il nichilismo russo come “una rivolta contro le ingiustizie della storia, contro la falsa civiltà, la richiesta che la storia finisca e inizi una nuova vita, al di fuori o al di là della storia… la richiesta di nudità, di spogliarsi di tutti i legacci della cultura, di annullare tutte le tradizioni storiche, di liberare l’uomo naturale, sul quale non ci saranno più catene di alcun tipo”.
Questa era la natura massimalista (che divenne ideologia) dei russi, che poi diventarono i rivoluzionari che nell’ottobre del 1917 fecero la più grande rivoluzione dei nostri tempi, che ancora si appella a grandi parti dell’umanità e che ha cambiato la storia del mondo.
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Articolo di Gaither Stewart pubblicato su The Greanville Post il 9 agosto 2017
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
Immagino questa sia la versione amata e diffusa dai leninisti russi, passati e presenti…
La realtà storica pare dimostrare che il marxismo-leninismo, lungi dall’essere espressione di ideali e aspirazioni autenticamente russi, fu un’ideologia occidentale al 100%, per di più nutrita di profondo disprezzo per le tradizioni e l’identità storica russo-ortodossa (vedansi le invettive di Lenin contro il popolo russo…).
Non sarà un caso che oltre l’ 80% dei bolscevichi che fecero la rivoluzione non erano russi…
Quanto al presunto facile “attecchimento” della mentalità marxista nella società russa, andrebbe ricordato all’autore dell’articolo che esso fu conseguenza del genocidio sistematico di milioni (forse decine di milioni) di contadini russi…: la sostituzione fisica di una società al 95% contadina, con una al 90% di proletariato urbano non poteva che cambiare anche la mentalità della gente!
Ma ciò non significa che ciò fosse congeniale o men che meno connaturale all’anima russa… anzi, direi che le conseguenze disastrose di tale immenso esperimento di ingegneria sociale affliggono e purtroppo affliggeranno ancora a lungo la società russa.
Quanto all’idea che l’istanza di giustizia sociale sia un’invenzione esclusiva del marxismo, bisogna non aver mai aperto il Vangelo per pensarlo… N. S. Gesù Cristo è stato il primo “socialista”… non come lo intendeva Lenin, però… ma come vero liberatore dell’uomo da ogni forma di oppressione (statalista, monarchica o borghese che sia) e restauratore della sua dignità originaria di figlio di Dio… questa è Ortodossia al 100%, altro che marxismo!
Leggo il commento di Jacobus e mi chiedo ma come si fa a criticare una (teoria) come il marx-leninismo quando non la si conosce? Dico questo perché invece di capire o di aver capito cosa intendeva Lenin la si tenta di interpretarla con l’uso di espressioni totalmente fuori luogo. Si è come misurare un liquido con una cesta è impossibile. Per precisare quanto sto dicendo ma da quando mai il marx-leninismo riguarda “ideali e aspirazioni” di un qualsivoglia popolo? Oppure come è possibile definire quanto c’è di scavato in Marx o in Lenin per definirli un “ideologia”? Marx pensatore rigoroso, come tutti sanno, cerco di dare una risposta allo sviluppo(storia, tendenze,..) della società del momento, Lenin un fine politico che per sapere “agire politicamente” cerco di dotarsi anche della conoscenza filosofica di Hegel. Infatti Lenin non si fatto mai guidare dall’ideologia ma nei momenti cruciali ha saputo arretrare come l’adozione della Nep o in altri momenti usando rivendicazioni di altri movimenti. E quindi come possiamo valutare queste critiche, totalmente scentrate, se non intrise di un totale pregiudizio. E l’autore lo conferma quando imbevuto di una visione di anti-modernità imputa allo sviluppo economico sociale della società in Russia, del passaggio da un paese prevalentemente agricolo a un paese prevalentemente industriale, come responsabile del “attecchimento” di una mentalità marxista nella società. Per finire, figuriamoci se mancava, il richiamo a “istanza di giustizia sociale” che si incarna in Gesù Cristo che, è finito in croce per la salvezza dell’uomo secondo il credo dei religiosi cristiani cattolici, che viene fatto passare pure per “socialista” e per “vero liberatore dell’uomo”. Con questa arringa finale si comprende che l’autore è un cattolico e che cerca di denigrare non solo il marx-len.smo ma pure lo sviluppo culturale dell’umanità in cui gli uomini non hanno bisogno di un qualsiasi “credo” ma di una cultura e uno spirito critico adatto ai tempi attuali.