Dopo la risoluzione del Parlamento Europeo che, contrariamente al diritto internazionale e al buon senso, ha condannato le azioni della Russia nel Mare d’Azov, l’Ucraina ha esultato ed è riuscita a portare la questione delle elezioni nella DPR/LPR alla considerazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
La Russia non ha potuto bloccare l’introduzione di questo problema nell’agenda, per ragioni politiche sia morali che a lungo termine.
Il fatto è che Mosca nel 2015 ha anche cercato di ottenere, e in realtà ha ottenuto, l’approvazione degli Accordi di Minsk attraverso la decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ciò ha permesso di dare all’Ucraina un minimo di legittimità internazionale. Kiev, che desiderava abbandonare l’argomento, non poteva più affermare che non si considera vincolata a nessun accordo con i “terroristi-separatisti” e che non ha alcun obbligo nei loro confronti. La decisione del Consiglio di Sicurezza ha inoltre sancito che la Russia non è parte del conflitto. Kiev dopo questo ha gridato molto, ha provocato clamore, ha sabotato l’attuazione di tutti i punti degli Accordi di Minsk, senza eccezione, ma non ha osato affatto ritirarsi ufficialmente da essi.
Ma ogni medaglia ha due facce, è possibile trovare qualcosa di brutto in ogni situazione buona, e in qualsiasi situazione negativa – qualcosa di buono. La stessa cosa vale qui: cementando la propria posizione attraverso la decisione del Consiglio di Sicurezza, la Russia non poteva, senza subire gravi perdite di reputazione, negare al Consiglio di Sicurezza il diritto di prendere in considerazione l’attuazione delle decisioni approvate dalla sua risoluzione.
Certamente, il Consiglio di Sicurezza non ha potuto adottare una risoluzione anti-russa o anti-Donbass a causa del potere di veto della Russia. Ma i 5 paesi membri del Consiglio di Sicurezza (Francia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia e Gran Bretagna) hanno fatto una dichiarazione di non riconoscimento delle elezioni in preparazione nel Donbass, e hanno invitato la Russia a cancellarle. La dichiarazione è stata sostenuta da Germania, Italia e Belgio. È strano che non ci fosse l’America tra i dichiaranti. Tuttavia, questo consente di presentare la dichiarazione come la posizione collettiva dell’Unione Europea, mentre Washington riceve l’opportunità di esprimersi successivamente a sostegno dei suoi alleati, e nel frattempo di fare un altro tentativo per portare avanti le contrattazioni a porte chiuse con Mosca.
Entrambe le parti hanno formalmente ragione. L’Ucraina e i suoi intercessori euro-americani specificano che le elezioni nel Donbass, secondo gli Accordi di Minsk, devono avvenire sotto le leggi ucraine, ma Minsk sarà violato se si svolgeranno ora. Le Repubbliche Popolari, la cui posizione è sostenuta dalla Russia, affermano che questo può naturalmente essere vero, ma l’Ucraina molto tempo fa avrebbe dovuto adottare un intero complesso di atti e attuare altre misure, tra cui il disimpegno delle truppe e la cessazione dei bombardamenti, prima che le Repubbliche popolari dovessero osservare le leggi elettorali ucraine.
A giudicare dai passaggi separati del discorso dell’inviato russo nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, Mosca suggerisce di considerare queste elezioni come la semplice legittimazione dei capi delle repubbliche, che, a differenza dei loro predecessori, non erano stati eletti da nessuno. L’Occidente si propone di considerare queste elezioni come la soluzione ad un problema puramente tecnico. Mosca ha un asso nella manica: il fatto che il capo della DPR Zacharčenko sia stato ucciso, e che le accuse di aver organizzato l’omicidio sono state fatte arrivare nelle strutture ufficiali di Kiev.
L’Europa, tuttavia, non ha voluto accettare le argomentazioni della Russia, come dimostra la dichiarazione di 8 stati dell’UE. Questo, naturalmente, può essere il solito passo diplomatico senza conseguenze – occupare una posizione vantaggiosa per la contrattazione nel grande gioco globale. Ma ci possono anche essere impegni più seri che, come risultato, porteranno alla realizzazione del sogno di Kiev di sconfessare Minsk, ma per ragioni che non sono affatto buone per l’Ucraina.
Ricordiamo che la Germania e la Francia non sono state affatto afflitte quando la Russia ha congelato le riunioni del Formato Normandia fino a quando l’Ucraina non avesse assunto una posizione più costruttiva. Hanno tirato un sospiro di sollievo, perché Kiev li infastidiva peggio di un ravanello amaro, e si sono sedute nella prima fila del parterre per vedere come Volker sarebbe uscito dalla situazione. Ma rimangono garanti degli Accordi di Minsk. È chiaro a tutti che Minsk non si realizzerà mai. Kiev non nasconde all’Occidente che ha paura di un effetto domino se il Donbass riceverà uno status speciale. Ma Parigi e Berlino non possono semplicemente dire “abbiamo cambiato idea, Minsk non funziona più”. È per lo stesso motivo che la Russia non può negare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il diritto di esaminare periodicamente la questione dell’attuazione degli Accordi di Minsk. Francia e Germania hanno insistito su questi accordi, hanno partecipato al loro sviluppo, hanno dichiarato che questa è la loro grande vittoria. Le perdite politiche che entrambi i paesi e i loro leader sosterranno se cambiano la loro posizione saranno troppo grandi.
Francia e Germania devono avere un pretesto per liberarsi dall’obbligo di risolvere la crisi ucraina. Se è impossibile ritirarsi dagli accordi a loro piacimento, e se è impossibile permetterne il disgregamento da parte di una Kiev sostenuta dall’Occidente, allora è necessario trasferire la colpa alla Russia e alle Repubbliche popolari.
L’Occidente comprende perfettamente che il rifiuto, sotto l’evidente pressione, di tenere elezioni nelle Repubbliche Popolari causerà un danno essenziale all’autorità internazionale russa. Ecco perché agisce così pubblicamente, fino al livello delle dichiarazioni collettive che seguono i risultati della riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, chiudendo a Mosca l’opzione di cambiare idea e, ancora una volta, di “posticipare” le elezioni. Dopo che si saranno svolte le elezioni, l’Occidente potrà rifiutarsi di riconoscere Pušilin e Pasečnik come negoziatori in relazione al non riconoscimento delle elezioni in cui sono stati eletti. Anche i poteri degli altri delegati da loro designati durante i negoziati possono non essere riconosciuti. Questo è abbastanza per seppellire il processo di Minsk con una scusa assolutamente plausibile.
Ma se davvero l’Occidente farà questo, non lo farà per avviare un nuovo ciclo di negoziati e raggiungere compromessi più accettabili per Kiev. Se ci fosse il desiderio di salvare l’Ucraina, allora sarebbe stato sufficiente per la Germania fermare la costruzione del “Nord Stream-2” e non impedire alla Polonia di paralizzare i lavoro per il “Nord Stream-1”. La situazione geopolitica di Kiev sarebbero cambiate immediatamente in modo significativo, e le probabilità – anche se minime – di durare almeno 5 anni mentre la Russia cercava nuovi mercati e vie di consegna per il proprio gas, sarebbero aumentate drasticamente. Ma inizialmente la Germania non ha pensato di optare per tali sacrifici, che in effetti ci hanno concesso [riferito ai russi – ndr] il diritto di affermare che il destino dell’Ucraina, in linea di principio, è stato deciso, quindi è meglio che il regime di Kiev muoia immediatamente, perché la lunga agonia aumenta solo la tortura.
L’Occidente in generale, e l’Europa in particolare, hanno bisogno di allontanarsi da questo tema tossico, perché è già chiaro che la Russia presto solleverà la questione di chi pagherà per la ricostruzione dell’Ucraina, proprio come ha già sollevato una tale questione riguardante la Siria. Nel momento in cui una tale domanda verrà posta da Mosca, è necessario non avere alcun legame formale con la crisi ucraina. La distruzione dei formati Minsk e Normandia – formalmente non a causa della propria colpa – consente a Francia e Germania di prendere le distanze dal problema, tastando allo stesso tempo il polso della situazione. Dopo tutto, Polonia, Ungheria e Romania non saranno in grado di evitare i problemi di confine connessi con le loro minoranze nell’ovest dell’Ucraina. Ciò significa che l’UE sarà comunque coinvolta in un accordo. Ma la Germania e la Francia saranno esenti da obblighi e saranno in grado di dettare ai loro giovani partner della UE le condizioni per sostenere la loro posizione, minacciando di lasciarli soli con il loro problema in caso di ostinazione.
La crisi dell’Azov dovrebbe essere considerata dallo stesso punto di vista. L’Occidente non ha notato questo problema per un anno, e improvvisamente il Parlamento Europeo ha cominciato a preoccuparsene, mentre persino l’Ucraina riconosce che, nonostante le perdite economiche dovute alle azioni della Russia nel Mar d’Azov, Mosca agisce in piena conformità con gli standard internazionali – e non sono state documentate violazioni dei protocolli da parte delle autorità doganali russe.
Non c’è nulla di straordinario nelle azioni della Russia. Gli Stati Uniti hanno ispezionato le navi che si recavano a Cuba non solo nei giorni della Crisi dei Missili. Israele ha ispezionato le navi in Libano e nella Striscia di Gaza, cosa che ha anche causato un incidente diplomatico e il raffreddamento delle relazioni precedentemente eccellenti con la Turchia. È possibile fare una miriade di esempi: il diritto di una nave da guerra di ispezionare una nave mercantile in alto mare è l’ABC del diritto internazionale.
Tuttavia, il Parlamento Europeo ha iniziato a parlare di un possibile aggravamento della situazione nel Mar d’Azov, e ha iniziato a minacciare sanzioni.
Chi la farà aggravare? La Russia non ne ha bisogno, l’Ucraina non può, e non c’è nessun altro lì. Gli “esperti” da divano hanno già iniziato a parlare dell’ingresso della “flotta NATO” nel Mare d’Azov. Chi è più intelligente parla del suo ingresso nel Mar Nero, capendo che una nave da guerra può passare nel Mar d’Azov solo con il permesso della Russia, e un ingresso forzato – inoltre, da parte di un’intera “flotta NATO” – equivale alla guerra. Inoltre, le grandi navi non possono comunque sfondare, ma piccole barche e gommoni possono essere portati nel Mar d’Azov dall’Ucraina attraverso rotte terrestri senza bisogno di alcuna NATO. Ma questo non cambierà nulla dato che la Russia può affondare tutto ciò che galleggia su questo mare. Questa zona marina è completamente esposta al fuoco di artiglieria dalla costa, per non parlare dei sistemi missilistici. Se qualcuno vuole lanciare una guerra contro la Russia, troverà un posto più conveniente del Mare d’Azov.
Le navi della NATO, allo scopo di mostrare la bandiera, sono entrate, entrano e continueranno ad entrare nel Mar Nero. Le esercitazioni Sea Breeze si svolgono ogni anno, ma, avendo una “portaerei” inaffondabile chiamata Crimea, Mosca domina in modo affidabile la sua area marittima così tanto che un ipotetico attacco alla Russia usando uno squadrone di grandi dimensioni o un gruppo incentrato su una portaerei è possibile non più vicino della regione del Mar Egeo. Nel Mar Nero una flotta ostile alla Russia sarebbe troppo vulnerabile. A causa della Crimea non c’è nessun posto dove muoversi, e non lo si può lasciare rapidamente in caso di pericolo – un grande gruppo di navi non può superare lo stretto turco nottetempo.
Quindi è tutta una fiaba che porta chiacchiere inutili. L’inesistente crisi dell’Azov è inventata, da un lato, con lo scopo di mobilitare gli elettori russofobi nell’UE per le elezioni del Parlamento Europeo del maggio 2019, e dall’altro – questo chiacchiericcio maschera le azioni reali dell’Occidente, e gli permette di allontanarsi dall’Ucraina, imitando un suo completo sostegno.
Altrimenti è difficile spiegare perché l’Occidente non abbia visto il pericolo che la situazione si aggravasse per un anno intero (quando esisteva veramente), ma l’ha visto proprio ora, quando il problema è stato risolto. I pescatori del “Nord” sono stati scambiati [in inglese] con i bracconieri ucraini arrestati dalla Russia. Non rimane che scambiare i capitani, poi le navi, e poi la crisi si dissolverà. Soprattutto se Kiev non si dimenticherà di restituire il “Mechanik Pogodin” dopo il “Nord”.
A proposito, a quanto pare Kiev ha iniziato a sospettare che qualcosa non va, perché i commenti dei funzionari ucraini riguardanti la crisi dell’Azov sono stati meravigliosamente ponderati, in contrasto con le crisi isteriche dell’Occidente. Il regime di Kiev non vuole nemmeno denunciare l’accordo sullo status del Mare d’Azov, contrariamente alla sua abitudine di denunciare tutti gli accordi con la Russia. Tuttavia, il regime si concentra ora sulla distruzione della Chiesa Ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca e sulla creazione di una “chiesa locale” tascabile. È troppo occupato per pensare al Mare d’Azov.
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Articolo di Rostislav Iščenko pubblicato su The Saker.is il 2 novembre 2018.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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