La Crimea è essenziale per la Russia, strategicamente ed economicamente, ma le speculazioni su Ankara che contribuirebbe ad aumentare la presenza degli Stati Uniti nel Mar Nero sono inverosimili, visti gli accordi energetici della Turchia con Mosca.

La fregata Admiral Essen della Flotta del Mar Nero russa torna alla base navale permanente di Sebastopoli, Crimea. Faceva parte della task force russa nel Mediterraneo dall’agosto del 2018, passando circa 300 giorni in mare. Foto: AFP/Aleksej Malgavko/Sputnik.
Una lotta di potere sul Mar Nero tra la Russia e gli Stati Uniti e la NATO ha il potenziale per svilupparsi come una trama fondamentale del Nuovo Grande Gioco del 21° secolo – insieme all’attuale spinta per il riposizionamento nel Mediterraneo orientale.
Ormai è stato stabilito che gli Stati Uniti e la NATO stanno intensificando le pressioni militari dalla Polonia alla Romania e dalla Bulgaria fino all’Ucraina e ad est del Mar Nero, che sembra, almeno per il momento, relativamente pacifico, proprio mentre il ritorno della Crimea in Russia inizia ad essere considerato, in termini di realpolitik, come un fatto compiuto.
Dopo una recente serie di conversazioni con i migliori analisti da Istanbul a Mosca, è possibile identificare le principali tendenze future.
Proprio come gli analisti indipendenti turchi come il Professor Hasan Unal [in inglese] sono allarmati dall’isolamento di Ankara nella sfera energetica del Mediterraneo orientale da un’alleanza tra Grecia, Cipro e Israele, anche l’aumento delle forze armate di Washington in Romania e Bulgaria viene identificata come una minaccia per la Turchia.
È in questa prospettiva che dovrebbe essere esaminata l’ostinazione di Ankara nello stabilire un “corridoio” di sicurezza nella Siria settentrionale, a est del fiume Eufrate, libera dai curdi delle YPG. Si tratta di sorvegliare almeno un confine sensibile.
Tuttavia, nella scacchiera dalla Siria e dal Mediterraneo orientale al Golfo Persico, alla Turchia e alla Crimea, lo spettro di un “intervento straniero” che dia alle fiamme l’Intermarium – dai Paesi Baltici al Mar Nero – semplicemente si rifiuta di morire.
“Lago russo”?
Alla fine dell’ultima era glaciale, circa 20.000 anni fa, il Mar Nero – separato dal Mediterraneo da un istmo – era solo un lago poco profondo, di dimensioni molto più ridotte rispetto a oggi.
Il leggendario viaggio di Giasone e degli Argonauti, prima della Guerra di Troia, portò la nave Argo fino alla riva più lontana del Ponto Eusino (il “Mar Nero”) per recuperare il Vello d’Oro – la cura per tutti i mali – dalla sua sede nella Colchide (attualmente in Georgia).
Nell’antica Grecia, immersa nella mitologia, il Mar Nero era abitualmente rappresentato come il confine tra il mondo conosciuto e la terra incognita. Ma poi è stato “scoperto” – come l’America molti secoli dopo – al punto che si trovò ad ospitare un “filo di perle” di colonie commerciali greche legate al Mediterraneo.
Il Mar Nero è più che strategico, è cruciale in termini geopolitici. C’è stata una costante spinta, nella storia russa moderna, ad essere attiva tramite le rotte commerciali marittime attraverso gli stretti strategici – i Dardanelli, il Bosforo e Kerč’ in Crimea – verso acque più calde più a sud.
Come ho osservato all’inizio del mese scorso a Sebastopoli, la Crimea è ora una fortezza munitissima – che incorpora missili S-400 e Iskander-M – in grado di assicurare il totale primato russo in tutto il Mar Nero orientale.
Una visita in Crimea rivela come i suoi geni siano russi, non ucraini. Si può affermare che il concetto stesso di Ucraina è relativamente spurio, favorito dall’Impero Austro-Ungarico alla fine del XIX secolo e, in particolare, prima della Prima Guerra Mondiale, per indebolire la Russia. L’Ucraina ha fatto parte della Russia per 400 anni, molto più a lungo di quanto California e New Mexico abbiano fatto parte degli Stati Uniti.
Confrontiamo ora la riconquista della Crimea da parte della Russia, senza sparare un colpo e convalidata da un referendum democratico, alle “conquiste” statunitensi di Afghanistan, Iraq, Siria e Libia. Inoltre, ho visto la Crimea venire ricostruita e sulla via della prosperità, con i tartari che votavano con i loro piedi per tornare; confrontatela con l’Ucraina, che è diventata il paniere dell’FMI.
La Crimea è essenziale per la Russia non solo da un punto di vista geostrategico ma anche economico, poiché solidifica il Mar Nero come un “lago russo” virtuale.
È irrilevante il fatto che gli strateghi turchi possano dissentire con veemenza, così come il rappresentante speciale americano per l’Ucraina, Kurt Volker, il quale, cercando di sedurre la Turchia, sogna di aumentare la presenza degli Stati Uniti nel Mar Nero, “sia su base bilaterale che sotto gli auspici dell’UE”.
In questo contesto, la costruzione del gasdotto Turk Stream dovrebbe essere letta come la forte risposta di Ankara alla dilagante russofobia a Bruxelles.
Ankara ha costantemente dimostrato di non accantonare l’acquisizione di sistemi missilistici russi S-400 a causa della pressione americana. Questo non ha nulla a che fare con le pretese di Neo-ottomanesimo; riguarda le priorità della Turchia in materia di energia e sicurezza. Ankara ora sembra più che pronta a convivere con una forte presenza russa nel Mar Nero.
Tutto si riduce a Montreux
Non a caso l’andirivieni sul fianco orientale della NATO è stato un tema chiave al summit atlantista biennale della scorsa estate. Dopo tutto, la Russia, sulla scia della reincorporazione della Crimea, ha negato l’accesso al Mar Nero orientale.
La NATO, tuttavia, è un grande insieme di programmi geopolitici. Quindi, alla fine, non esiste una strategia coesiva per affrontare il Mar Nero, a parte un vago, retorico “sostegno all’Ucraina” e vaghe esortazioni affinché la Turchia si assuma le proprie responsabilità.
Ma poiché le priorità di Ankara sono in effetti il Mediterraneo orientale e il confine turco-siriano, ad est del fiume Eufrate, non c’è un orizzonte realistico perché la NATO riesca ad organizzare le ronde permanenti del Mar Nero travestite da piano per la “libertà di navigazione” – per quanto Kiev possa implorarle.
Ciò che rimane in vigore è la garanzia della libertà di navigazione negli stretti dei Dardanelli e del Bosforo controllati dalla Turchia, come sancito dalla Convenzione di Montreux del 1936.
Il vettore chiave, ancora una volta, è che il Mar Nero collega l’Europa con il Caucaso e consente alla Russia di accedere al commercio nelle acque calde meridionali. Abbiamo sempre bisogno di tornare a Caterina la Grande, che ha incorporato la Crimea nell’impero nel XVIII secolo, dopo mezzo millennio di dominazione tartara e poi Ottomana, e poi ha ordinato la costruzione di un’enorme base navale per la flotta del Mar Nero.
Ormai alcuni fatti sul terreno sono più che stabiliti.
L’anno prossimo la Flotta del Mar Nero sarà potenziata con una serie di missili antinave; protetta dai sistemi missilistici terra-aria S-400 Triumf; e sostenuta da un nuovo “spiegamento permanente” di Sukhoi Su-27 e Su-30.
Scenari inverosimili sulla marina turca che combatte la flotta russa del Mar Nero continueranno ad essere propagandati da esperti disinformati, ignari dell’inevitabilità del partenariato energetico [in inglese] Russia-Turchia. Senza la Turchia, la NATO è storpia nella regione del Mar Nero.
Sviluppi intriganti come una Via della Seta Vichinga [in inglese] attraverso l’Intermarium non altereranno il fatto che Polonia, Paesi Baltici e Romania continueranno a reclamare “più NATO” nelle loro aree per combattere “l’aggressione russa”.
E spetterà ad un nuovo governo a Kiev, dopo le imminenti elezioni di marzo, rendersi conto che ogni provocazione progettata per trascinare la NATO in un coinvolgimento nello Stretto di Kerč’ è destinata al fallimento.
I marinai della Grecia antica avevano una profonda paura dei rombanti venti del Mar Nero. Così com’è ora, chiamatela calma prima di una tempesta (nel Mar Nero).
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Asia Times il 16 gennaio 2019
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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