Il 7 febbraio scorso si è svolto nella città di Sochi il vertice Russo-Bielorusso per discutere i temi rimasti aperti rispetto sia al programma di sviluppo dello Stato Riunito sia per quel che riguarda le relazioni bilaterali in tema di approvvigionamento di prodotti energetici.
Il vertice era partito da una situazione pregressa molto difficoltosa. Il 20 Dicembre 2019 si era tenuto un incontro, sullo stesso argomento, a cui avevano preso parte i presidenti di entrambi i paesi, Vladimir Putin e Aleksandr Lukashenko. In quell’occasione era stato possibile trovare un accordo sulla maggior parte dei punti in agenda, con l’eccezione dei contratti sul prezzo delle forniture di petrolio e gas, che la Bielorussia importa dal vicino russo. Era stato stabilito che delegazioni di entrambi i paesi si sarebbero incontrate successivamente per discutere i temi in sospeso. Il giorno 29 Dicembre però le riunioni terminavano senza che fosse stato firmato alcun documento di rinnovo delle forniture in questione.
Ne è conseguito che, con l’arrivo del nuovo anno, sono state interrotte le forniture di petrolio dalla Russia. Il giorno stesso, il governo della Lettonia esternava la sua disponibilità a rifornire la Bielorussia del carburante necessario. Si è verificato un ripristino delle forniture il giorno 4 Gennaio, che si è poi nuovamente interrotto il giorno dopo. La Bielorussia si è pertanto rivolta ad un altro produttore, la Norvegia, concordando importazioni di greggio ai comuni prezzi di mercato.
Il giorno 1 Febbraio il Segretario di Stato USA Mike Pompeo, durante una visita già programmata a Minsk, dichiarava la disponibilità degli Stati Uniti a rifornire la Bielorussia di prodotti energetici a prezzi competitivi.
I due presidenti Putin e Lukashenko sono successivamente ritornati al tavolo della trattativa il 7 Febbraio, come si è detto a Sochi. Il risultato del vertice è stato il seguente.
E’ stato concordato che il prezzo delle forniture del gas dalla Russia alla Bielorussia venga fissato a 127 $ per 1000 metri cubi, per la durata di un anno. Tuttavia, il vice primo ministro bielorusso Dmitry Krutoi ha sottolineato che durante l’incontro si è discusso dell’interscambio in tutti gli altri settori economici, non solo quello che riguarda petrolio e gas, rimarcando che l’esportazione bielorussa verso la Federazione Russa nel 2019 è aumentata del 4,5%, pari a 600 milioni di dollari in termini assoluti. Lo stesso Krutoi ha affermato che i negoziati sono avvenuti in un’atmosfera normale e costruttiva.
Il giorno 12 Febbraio il responsabile della compagnia russa Gazprom, Aleksandr Dyukov, ha affermato di essere pronto a discutere con la controparte bielorussa le modalità di consegna del petrolio, sulla base di diversi possibili schemi tecnici; la negoziazione, come è stato concordato al vertice del 7 Febbraio, avverrà puramente in termini commerciali.
Lo stesso giorno, l’ambasciatore USA in Lituania, Robert Gilchrist, ha esternato l’augurio che la Bielorussia si rifornisca di gas proveniente dagli Stati Uniti attraverso il terminale LNG di Klaipeda; a poche ore di distanza, tuttavia, Krutoi segnalava durante una conferenza stampa che non è stato firmato nessun contratto con gli USA per le forniture di petrolio.
Il risultato finale della serie di incontri, a prima vista, potrebbe essere visto come un grave insuccesso di Putin nel tentativo di realizzare il progetto di Stato Riunito. In realtà occorre considerare che le necessità dei due paesi, sul fronte dell’interscambio di energetici, sono strutturalmente molto divergenti: la Russia ha l’esigenza di vendere i propri prodotti senza andare in perdita e non potendosi permettere deficit, specialmente in un momento delicato sotto il profilo dei bilanci segnati da anni di sanzioni da parte dei paesi più ricchi del mondo; la Bielorussia invece ha un’economia industriale di trasformazione, in cui la competitività dei propri prodotti sul mercato internazionale acquisisce tanto vantaggio quanto più l’approvvigionamento di idrocarburi e gas dall’estero viene ottenuto a prezzi bassi. Le difficoltà nei negoziati che avevano portato Minsk a rifornirsi presso paesi terzi, visto da questo punto di vista, sono del tutto comprensibili e possiedono un precedente storico nella “crisi del gas” fra i due paesi del 2007, quindi in tempi non sospetti. Pertanto la soluzione cui si è giunti nel vertice del 7 Febbraio risulta essere un buon compromesso per entrambe le parti. Vale la pena ricordare che la partecipazione della Bielorussia alle istituzioni internazionali cui appartiene anche la Federazione Russa, in primis l’Unione Euroasiatica e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, non è stata messa mai in discussione. Dato che i recentissimi accordi tra le due parti hanno durata annuale, probabilmente i rapporti bilaterali descritti sono destinati a rimanere immutati per almeno tutto il 2020.
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Articolo di Marco Trombino per Saker Italia
Lukascenko,sono persuaso che sarà stato messo in guardia da Putin sulle conseguenze cui va incontro la Belorussia se accettasse le offerte degli USA che sono il primo passo per asservirla attraverso uno scambio
di prodotti finanziati con prestiti del FMI, poi con Sanzioni,qualora non rispondesse ai desiderata americani.
Putin non si farà fregare come in Ukraina . Sono certo che Lukascenko non starà ancora lungo al suo posto ma non sarà per un Maidan locale ma per un ricambio di dirigenza interna più fedele alla necessità di una sovranità condivisa con la Russia anziché con USA o Nato.
La Bielorussia ha una economia socialista ,la Russia no. Il gas americano è più caro ma potrebbero fornirlo ad un prezzo politico, magari con prestito FMI. L’unione della Bielorussia nella federazione potrebbe aggiustare le cose su un versante ma mi restano dubbi su tutto il resto della politica sociale. Ricordo che in Bielorussia ,i diritti socialisti e cito studio, casa, salute, trasporti, pensione, tempo libero , sono assicurati e in Russia no. Se venisse nazionalizzata la banca centrale russa tutti questi problemi sarebbero superati ma si aprirebbe un contesto di conflitto commerciale col resto del mondo occidentale come ai tempi della guerra fredda, ma in posizione molto più favorevole per i mutati rapporti con Cina e resto dell’Asia .