Recentemente ho avuto il piacere di assistere ad una breve presentazione del Professor Stephen F. Cohen intitolata “Riconsiderare Putin”, fatta durante l’annuale crociera del Nation il 2 dicembre 2017 (vedere qui per l’articolo originale del Nation e il video originale di YouTube). Nella sua presentazione, il Professor Cohen fa un ottimo lavoro spiegando cosa *non* è Putin, e ciò include che: (ma, per favore, guardate il video originale prima di procedere).

  1. Non è l’uomo che ha de-democratizzato la Russia (lo hanno fatto Elstin e la Casa Bianca)
  2. Non è il leader che ha creato la corruzione e la cleptocrazia in Russia (lo hanno fatto Elstin e la Casa Bianca)
  3. Non è un leader criminale che ha ordinato l’omicidio di oppositori o giornalisti (non ci sono le prove)
  4. Non ha ordinato l’hackeraggio dei server della Convention Nazionale Democratica (non ci sono le prove)
  5. Non è stato anti-americano o anti-occidentale fin dall’inizio (Putin è cambiato nel tempo)
  6. Non è un leader neo-sovietico (è molto critico nei confronti di Lenin e Stalin)
  7. Non è un leader aggressivo in politica estera (è stato un leader reattivo)
  8. Non è in qualche modo definito dai suoi anni al KGB.

Il professor Cohen ha concluso il suo discorso suggerendo alcune cose che potrebbero far parte di una futura biografia onesta:

  1. In quanto leader giovane e inesperto messo al timone di uno stato al collasso:
  2. Ha ricostruito, stabilizzato e modernizzato la Russia in modo da prevenire futuri crolli
  3. Ha dovuto ripristinare la “verticale” del potere: “democrazia gestita” (ovvero ha ristabilito l’ordine)
  4. Ha avuto bisogno di una storia consensuale che unisse le ere zarista, sovietica e post-sovietica senza imporre una versione singola della storia
  5. Ha avuto bisogno del sostegno occidentale per modernizzare l’economia russa
  6. Ha voluto che la Russia fosse una grande potenza, ma non una superpotenza
  7. Non ha mai favorito l’isolazionismo in stile cortina di ferro; è un internazionalista (più europeo del 90% dei russi, almeno all’inizio).

La tesi chiave è questa: Putin ha iniziato come leader europeista filo-occidentale, e con il tempo si è riallineato ad una visione del mondo molto più tradizionale e russa. Oggi è più in linea con gli elettori russi.

Il professor Cohen ha concluso affrontando due argomenti di cui, presumo, il suo pubblico si è preoccupato profondamente: ha detto, contrariamente alla propaganda occidentale, che le cosiddette leggi “anti-gay” in Russia non sono diverse dalle leggi di 13 stati degli Stati Uniti. In secondo luogo, che “da tutti i punti di vista, con una situazione fiorente in Russia o nei rapporti con Israele, secondo il consenso generale di tutti, nessuno lo nega, gli ebrei sotto Putin in Russia stanno meglio di quanto non siano mai stati nella storia russa. Mai. Hanno più libertà, c’è meno antisemitismo ufficiale, più protezione, più ammirazione ufficiale per Israele, più interazione, più libertà di spostamento”.

Questo è tutto molto interessante, specialmente se detto ad un pubblico americano liberale-progressista-di sinistra (con, probabilmente, un’alta percentuale di ebrei). Sinceramente, la presentazione del Professor Cohen mi fa pensare a come avrebbe potuto sentirsi Galileo quando si “presentò” davanti al tribunale dell’Inquisizione (anche gli articoli e i libri di Cohen ora sono nell’equivalente moderno dell’Indice dei Libri Proibiti). In realtà, il Professor Cohen è semplicemente fedele a se stesso: si è opposto ai pazzi durante la vecchia Guerra Fredda, e ora si oppone agli stessi pazzi nella nuova Guerra Fredda. Per tutta la vita, il Professor Cohen è stato un uomo di verità, coraggio e integrità – un operatore di pace come lo intendono le Beatitudini (Mt 5:9). Perciò, anche se non sono sorpreso dal suo coraggio, ne sono ancora immensamente colpito. Alcuni potrebbero pensare che fare una breve presentazione su una nave da crociera non sia proprio un segno di grande coraggio, ma non sarei assolutamente d’accordo. Sì, nessuno sparerebbe a Cohen nella nuca come avrebbe fatto, per esempio, la Čeka-GPU-NKVD sovietica, ma io sostengo che questi metodi di “imposizione” di un singolo consenso ufficiale erano molto meno efficaci dei loro equivalenti moderni: le tecniche di imposizione della conformità (vedi: Esperimento di Asch) così prevalenti nella moderna società occidentale. Basta guardare i risultati: nella società sovietica c’era molta più lettura e pensiero (di qualsiasi tipo) di quanto non ci sia oggi nel moderno Impero Anglo-Sionista (chiunque si ricordi della vecchia e cattiva URSS lo confermerà). Come dice una barzelletta: in una dittatura ti viene detto di “stare zitto”, mentre in una democrazia sei incoraggiato a “continuare a parlare”. Come volevasi dimostrare.

Passando ai punti della discussione del Professor Cohen, i numeri 1, 2, 3 e 4 sono dei fatti basilari. Nulla da discutere qui – Cohen sta semplicemente mettendo le cose in chiaro. Il numero 5 è molto più interessante e controverso. Per prima cosa, stiamo parlando di opinioni/intenzioni, che sono difficili da giudicare. Putin è mai stato filo-occidentale? Chissà? Forse lo sanno i suoi amici più intimi? La mia convinzione è che questa domanda debba essere vista in combinazione con il numero 8: il servizio di Putin nel KGB.

C’è ancora un’enorme quantità di disinformazione sul vecchio KGB sovietico in Occidente. Per l’americano medio un “agente del KGB” è un tizio di nome Vladimir, con gli occhi grigio-azzurri, che picchia i dissidenti, ruba i segreti tecnologici occidentali e spia le mogli dei politici (e addirittura ci va a letto). È un comunista fino al midollo che sogna di nuclearizzare o invadere gli Stati Uniti, e parla con un forte accento russo. In alternativa, c’è Anna Kushchenko (alias Anna Chapman) – una subdola tentatrice che seduce gli uomini occidentali per fargli tradire il proprio paese. Questi prototipi sono accurati come James Bond è una rappresentazione accurata dell’MI6. La realtà non potrebbe essere più diversa.

Il KGB sovietico era prima di tutto un’enorme apparato burocratico con direttorati, dipartimenti e sezioni completamente diversi e separati. Sì, uno specifico direttorato si occupava di dissidenti e attivisti antisovietici (principalmente il 9° Dipartimento del 5° Direttorato), ma anche in questo (famigerato) 5° Direttorato c’erano alcuni dipartimenti che, in coordinamento con altri direttorati e dipartimenti del KGB, si occupavano di compiti più legittimi come, ad esempio, l’individuazione precoce di organizzazioni terroristiche (il 7° Dipartimento). Altri direttorati del KGB si occupavano della sicurezza economica (6° Direttorato), della sicurezza interna e del controspionaggio (2° Direttorato) o persino della protezione dei funzionari (9° Direttorato).

Putin era un ufficiale (non un “agente” – gli agenti vengono reclutati al di fuori del KGB!) del Primo Direttorato Centrale (PGU) del KGB: l’intelligence straniera. Lo stesso Putin ha recentemente rivelato [in russo] che lavorava all’interno del Dipartimento più sensibile del PGU, il “Dipartimento S”, ovvero gli “illegali”. Questo è molto importante. Il PGU era talmente separato da tutti gli altri direttorati del KGB che aveva il proprio quartier generale nel sud di Mosca. Ma anche all’interno del PGU, il Dipartimento S era il più segreto e separato di tutti gli altri dipartimenti del PGU (non meno di 10). In qualità di persona che ha passato molti anni come attivista antisovietico e che ha avuto contatti personali faccia a faccia con ufficiali del KGB (di vari direttorati), posso confermare che non solo il KGB nel suo complesso riuniva le menti migliori e più brillanti della Russia, ma il PGU accoglieva i migliori di quelli, e solo i migliori di quel gruppo selezionato sono arrivati ​​al leggendario Dipartimento S. Ora diamo un’occhiata a quali tipi di abilità erano richieste agli ufficiali del PGU in generale (oltre alle ovvie due: essere molto brillante e molto fidato).

Innanzitutto, un ufficiale del PGU deve essere uno specialista di alto livello della sua area di competenza (nel caso di Putin: la Germania, ovviamente, ma anche il resto dell’Europa, dato che l’Europa occidentale era – ed è tuttora – una colonia statunitense, e gli USA). Mentre al popolo sovietico veniva detto che l’Occidente era il nemico, gli ufficiali del PGU dovevano capire perché e come l’Occidente fosse quel nemico.

In termini pratici, ciò implica non solo la conoscenza e la comprensione delle realtà ufficiali culturali, politiche, sociali ed economiche dell’ordinamento politico del nemico, ma anche i veri rapporti di potere all’interno di tale ordinamento politico. Tale comprensione non è solo utile per affrontare e valutare l’utilità potenziale di ogni persona con cui interagisci, ma anche per essere in grado di capire in quale ambiente questa persona deve operare. Definire gli ufficiali del PGU dei comunisti bigotti è ridicolo, dato che questi uomini e donne erano molto ben istruiti (avevano accesso illimitato a tutte le fonti di informazione occidentali, incluse quelle anti-sovietiche, a rapporti classificati e a tutta la letteratura antisovietica immaginabile) ed erano degli assoluti realisti/pragmatici. Ovviamente, come in qualsiasi organizzazione, i massimi dirigenti erano spesso dei politici nominati da qualcuno, e i burocrati e gli agenti del controspionaggio erano molto meno sofisticati. Ma per gli ufficiali come Putin capire veramente la realtà della società occidentale era un’abilità vitale.

Secondo, un buon ufficiale del PGU doveva essere simpatico; molto, molto simpatico. Anche essere amato dagli altri è un’abilità cruciale per un buon ufficiale dell’intelligence. In termini pratici, ciò significa che lui/lei deve capire non solo che cosa piace all’altro tizio, ma anche come influenzarlo nella giusta direzione. Per quanto riguarda gli “illegali”, significava anche essere il loro migliore amico, confessore, sostegno morale, guida e protettore. Non puoi farlo se alla gente non piaci. Quindi questi ufficiali dell’intelligence sono maestri dell’essere buoni amici e compagni; sono bravi ascoltatori e sanno molto sul come farsi piacere a te. Inoltre capiscono esattamente cosa ti piace ascoltare, cosa vuoi vedere e quali parole e azioni ti mettono in una modalità rilassata e fiduciosa.

Ora combinate il tutto: avete un uomo che è il migliore specialista sull’Occidente e che è superbamente addestrato per essere apprezzato dagli occidentali. Quanto è probabile che quest’uomo si facesse molte illusioni sull’Occidente, tanto per cominciare? E se un uomo come lui avesse avuto dei dubbi – li avrebbe mostrati?

Il mio istinto mi dice che questo non è affatto probabile.

Ciò che è molto più probabile è questo: Putin ha interpretato il ruolo di “miglior amico dell’Occidente” il più a lungo possibile, e lo ha abbandonato quando non era chiaramente più produttivo. E sì, nel farlo si è riallineato all’opinione pubblica russa tradizionale. Ma era solo un utile effetto collaterale, non la causa o l’obiettivo di quel riallineamento.

Guardate i punti da 9 a 13 del Professor Cohen (li riassumerei con “ha aggiustato la Russia”). Hanno tutti senso per me, anche che “era un leader giovane e inesperto”. C’è un’enorme differenza tra essere un abile agente del PGU ed essere l’uomo che governa la Russia. E anche se Putin avesse perso alcune delle sue illusioni, sarebbe stato principalmente perché l’Occidente stesso è cambiato molto tra gli anni ‘80 e gli anni ’10 del 2000. Ma Putin deve aver sempre saputo che per mettere in pratica i punti da 10 a 13 di Cohen aveva bisogno dell’aiuto dell’Occidente, o, se ciò non fosse stato possibile, almeno di un’interferenza/resistenza minima dell’Occidente. Ma credere che ad un uomo che ha avuto pieno accesso alle informazioni reali sulle due guerre cecene sia rimasta qualche illusione sui reali sentimenti dell’Occidente nei confronti della Russia è profondamente fuorviante. In effetti, chiunque fosse vissuto in Russia negli anni ‘90 alla fine si sarebbe reso conto che l’Occidente voleva che tutti i russi fossero schiavi, o, più precisamente, e con le parole del Senatore McCain – “benzinai[in inglese]. Lo stesso Putin lo disse quando dichiarò [in russo], parlando degli Stati Uniti, “loro non vogliono umiliarci, vogliono sottometterci. Vogliono risolvere i loro problemi a nostre spese, vogliono subordinarci alla loro influenza”. Putin aggiunse poi che “nessuno è mai riuscito a farlo e nessuno ci riuscirà mai”. Innanzitutto, sostengo che Putin ha assolutamente ragione nella sua comprensione degli obiettivi dell’Occidente. In secondo luogo, sottolineo anche che non l’ha improvvisamente “scoperto” nel 2014. Penso che lo sapesse da sempre, ma ha iniziato apertamente a dirlo dopo il colpo di Stato appoggiato dagli USA in Ucraina. Inoltre, nel 2014, Putin aveva già compiuto i punti 9-13 e non aveva più bisogno dell’Occidente.

Ora vediamo i punti 6 (la visione di Putin del periodo sovietico), 12 (storia consensuale) e 14 (la Russia come grande potenza ma non una superpotenza). E ancora, consideriamo il fatto che i funzionari del PGU avevano accesso totale a qualsiasi libro di storia, archivi segreti, memorie, ecc., e che erano molto liberi di parlare con termini analitici pragmatici di tutti i temi storici con i loro insegnanti e colleghi. Qui sostengo che Putin non aveva più illusioni sul passato sovietico di quante ne avesse sull’Occidente. Il fatto che si è riferito allo scioglimento dell’Unione Sovietica (che, ricordiamolo, avvenne in modo totalmente antidemocratico!) come una “catastrofe” che è stata “completamente inutile[entrambi i link in russo] non implica in alcun modo che non fosse acutamente consapevole di tutti gli orrori, le tragedie, i rifiuti, la corruzione, il degrado e il male generale del regime sovietico. Tutto ciò dimostra che è consapevole anche delle immense vittorie, successi e risultati che fanno anch’essi parte della storia dell’era sovietica. Infine, e soprattutto, mostra che si rende conto di quale disastro assoluto, un cataclisma di proporzioni veramente cosmiche, abbia rappresentato la disgregazione dell’Unione Sovietica per tutto il popolo dell’ex Unione Sovietica, e quale incubo assoluto fu per la Russia vivere un intero decennio come colonia servile dello Zio Sam. Sono sicuro che Putin abbia studiato abbastanza Hegel per capire che gli orrori degli anni ‘90 furono il risultato delle contraddizioni interne dell’era sovietica, proprio come l’era sovietica fu il risultato delle contraddizioni interne della Russia zarista. In parole povere, questo significa che ha compreso appieno i pericoli intrinseci dell’impero e che ha deciso, insieme alla grande maggioranza dei russi, che la Russia non dovrebbe mai più diventare un impero. Un paese forte, rispettato e sovrano? Sì. Ma un impero? Mai più. Per niente al mondo!

Questa conclusione fondamentale è anche la chiave della politica estera di Putin: è “reattiva” per natura semplicemente perché agisce solo in risposta a quando (e cosa) qualcosa influenza la Russia. Si potrebbe dire che tutte le nazioni “normali” sono “reattive” perché non guadagnano nulla agendo altrimenti. Essere coinvolti ovunque, in ogni combattimento o conflitto, è ciò che fanno gli imperi basati sulle ideologie messianiche, non i paesi normali, indipendentemente da quanto grandi o potenti siano. Nonostante tutte le allucinazioni malate e paranoiche dei russofobi occidentali su una “rinascita della Russia” la realtà è che i diplomatici russi hanno spesso menzionato quali sono veramente gli obiettivi della politica estera russa: trasformare i nemici in paesi neutri, i paesi neutri in partner, i partner in amici e gli amici in alleati. Ed è per questo che il Professor Cohen ha assolutamente ragione, Putin non è affatto un isolazionista – vuole un nuovo ordine internazionale multipolare di paesi sovrani; non perché è un idealista ingenuo, ma perché questo è ciò che è pragmaticamente buono per la Russia e il suo popolo. Si potrebbe dire che Putin è un internazionalista patriottico.

E ora passiamo agli omosessuali e agli ebrei. Innanzitutto, entrambe le affermazioni fatte dal Professor Cohen sono corrette: omosessuali ed ebrei stanno facendo grandi cose nella Russia moderna. Concorderei anche sul fatto che stanno facendo meglio che mai. Naturalmente, sia il Professor Cohen che io siamo concreti e molto superficiali quando lo diciamo. E poiché ho discusso più o meno dettagliatamente di entrambi questi argomenti in passato (vedi qui [in inglese] e qui) non ne parlerò qui. Piuttosto, vorrei semplicemente affermare che in entrambi i casi stiamo parlando di una piccola minoranza il cui trattamento viene, per una ragione o l’altra, considerato come la misura dell’umanità, della gentilezza, della civiltà e della modernità in Occidente. Bene, ok, a ciascuno il suo. Se in Occidente, il trattamento di queste due minoranze è L’Unico e più Importante Argomento dell’Universo – bene. Personalmente non mi interessa molto (soprattutto perché non ritengo di dovere alcuna considerazione particolare ad entrambe). Detto questo, vorrei anche affermare che la preoccupazione numero uno di Putin non è nemmeno per una specifica minoranza. Tuttavia, ed è qui che questo è davvero molto interessante, la sua preoccupazione per la maggioranza non implica affatto alcun tipo di disprezzo o mancanza di rispetto per le libertà fondamentali e i diritti delle minoranze, ma include la sua preoccupazione per tutte le minoranze (e, in questo caso, non solo due minoranze trattate come “più uguali delle altre”).

È qui che vari esponenti della destra e membri assortiti della destra alternativa “perdono” completamente Putin. Lo stesso Putin che ha detto ad un’assemblea di ebrei ortodossi a Mosca che l’80-85% dei leader bolscevichi erano ebrei (vedi il video sottotitolato qui), lo stesso Putin che ha schiacciato gli oligarchi dell’era Eltsin (in larga maggioranza ebrei) non appena è arrivato al potere, e lo stesso Putin che ha completamente ignorato tutti gli isterismi di Bibi Netanyahu sul ruolo russo in Siria, è anche lo stesso Putin che ha fatto di tutto per proteggere gli ebrei russi all’interno della Russia, e ritiene che ebrei e russi siano uniti per sempre dal loro ricordo comune degli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

[Nota a margine: Personalmente vorrei che la Russia denunci Israele per quello che è, un illegittimo stato canaglia razzista votato al genocidio e all’espansione, ma non ho agganci. Né sono il presidente di un paese con legami molto forti con le comunità ebraiche di lingua russa in tutto il mondo. Secondo me, non sono responsabile nei confronti di nessun altro se non della mia coscienza e di Dio, mentre Putin è responsabile nei confronti di coloro che lo hanno eletto e lo sostengono ancora].

La colpa per associazione, la punizione di tutti per le azioni di alcuni, il cercare dei capri espiatori, la feroce persecuzione delle minoranze in nome di qualche ideale – questo è successo in passato sia in Russia che in Occidente. Lo fecero i nazisti così come i sovietici. E sia i nazisti che i sovietici hanno inflitto orrori indicibili ai molti popoli dell’Unione Sovietica e oltre. Putin è acutamente consapevole dei pericoli del nazionalismo, tanto quanto è consapevole dei pericoli dell’imperialismo, e lo ha ripetuto molte volte: la Russia non può permettersi altri conflitti nazionalistici, poiché hanno quasi completamente distrutto la Russia negli anni ‘90. Basta guardare l’Ucraina moderna e vedrete come avrebbe potuto essere una Russia dilaniata dalle ideologie nazionaliste se Putin non si fosse abbattuto, con forza, sui vari nazionalisti (compresi e soprattutto quelli russi).

Lungi dal ricorrere alla (dichiaratamente potente) lobby ebraica russa, Putin sta, in effetti, cercando di riunire quanti più popoli e minoranze possibili per il suo progetto di una Nuova Russia; e quel progetto include gli ebrei russi, non solo per il bene di questi ebrei, ma principalmente per il bene della Russia. Lo stesso vale per un’altra importante minoranza in Russia: i musulmani. Anche loro costituiscono una parte fondamentale del progetto che Putin ha per la Russia. Certamente, i razzisti, i nazionalisti e altre persone poco intelligenti in Russia continueranno a sognare di espellere tutti gli ebrei (o musulmani) dalla Russia. Ma questo non succederà (prima di tutto perché sarebbe fisicamente impossibile) e Putin e coloro che lo sostengono combatteranno progetti simili con ogni strumento legale a loro disposizione. Anche qui, si potrebbe dire che Putin è un internazionalista patriottico.

Nel frattempo, l’Occidente è ancora bloccato nei suoi vecchi metodi ideologici: l’imperialismo, il nazionalismo e l’esclusivismo messianico da una parte, e una resa totale al postmodernismo, all’odio politico, alle piccole minoranze politiche e al relativismo morale dall’altra. Pertanto, non sorprende affatto che entrambi i campi tradizionali dell’Occidente abbiano completamente frainteso Putin e non riescano a capire cosa sta facendo.

Il Professor Cohen ha ragione: il vero Putin non ha assolutamente nulla, niente, in comune con lo pseudo-Putin che i media occidentali presentano al suo pubblico infinitamente ingenuo e zombificato. Ahimè, nessuno ascolterà Cohen, almeno fino a quando il regime di Washington D.C. e la struttura di potere che lo sostiene, e i cui interessi essa rappresenta, andranno in pezzi. Ma credo che il Professor Cohen alla fine passerà alla storia come l’esperto di Russia più intellettualmente onesto e coraggioso degli Stati Uniti.

Il Saker

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Pubblicato su The Saker.is l’8 febbraio 2018.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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