Con questa rubrica cercheremo di seguire periodicamente le zone di maggiore crisi, naturalmente aggiungeremo man mano altre zone come lo Yemen non appena avremo acquisito sufficiente padronanza degli eventi di quel Paese, occorre fare un lavoro preventivo sull’affidabilità delle fonti.
Russia
Il discorso del Presidente Putin all’Assemblea della Federazione russa (discorso che fa il punto sull’andamento del Paese) si è rivelato un discorso ricco di argomenti interessanti. Dai rischi analizzati legati al ritiro USA al trattato INF e alla minacciosa espansione della NATO ai confini diretti della Russia.
Sostegno alla crescita demografica nel Paese, sostegno alla ulteriore crescita del livello di benessere per la popolazione, punto su cui si concentra l’azione del governo. Grande il rilievo dato all’assioma della natura dello stato della Russia, la linea del Presidente è che possa esistere in una sola forma Sovrana ed Indipendente, o sarà così o non sarà affatto.
Posto il video del discorso integrale con traduzione simultanea in Inglese.
Haiti
Proseguono i tumulti nel Paese. La popolazione continua a scendere in massa per le strade, e chiede le dimissioni di un governo che brilla per corruzione. La goccia che ha fatto strabordare il vaso della sopportazione è stata la sottrazione dei fondi che il Venezuela mette a disposizione di molti Paesi caraibici a sostegno delle popolazioni povere. Il governo haitiano avrebbe sottratto i fondi.
Già da mesi erano in corso manifestazioni, anche cruente, ma ora sembra davvero che non si plachino.
Nelle immagini si possono osservare i militari con le forze di sicurezza pattugliare le strade armati con fucili ed armi da fianco spesso impugnate e pronte al fuoco. Decine sono state le vittime civili finora, la polizia spara e pure l’esercito, a questo proposito non si possono non notare alcune cose.
Le dimostrazioni proseguono da mesi e abbiamo anche dei video a dimostrarlo, eppure poco o nulla se ne sente sui canali mediatici occidentali, come mai?
La violenta repressione avrebbe dovuto portare l’attenzione della nostra commissaria Mogherini ad impicciarsi anche di questo povero paese, ma non è stato così, come mai?
Volendo fare un paragone, le manifestazioni avvenute in Albania contro l’attuale governo del Primo Ministro Edi Rama, hanno immediatamente visto la condanna da parte della UE, non contro la polizia ed il governo che le hanno represse, ma contro la popolazione che manifestava e questo, alla luce di quanto sostenuto su Venezuela ed altri Paesi, suona davvero come beffardo.
Ad Haiti è al potere dal febbraio 2017, due anni giusti, Jovenel Moise, ma la contestazione contro di lui è estesa a gran parte della popolazione. La corruzione diffusissima nel Paese genera la scomparsa di gran parte degli aiuti che dovrebbero arrivare alla popolazione, da qui una generale sfiducia nella classe dirigente haitiana e una estensione delle rivolte alla maggioranza della popolazione. Port au Prince appare oggi blindata. Nel recente passato la popolazione ha vivo il ricordo di come riuscirono a cacciare Duvalier e penso non abbiano dubbi sulla necessità di liberarsi di un Presidente non solo corrotto, ma anche liberista e filo americano.
Gli USA infatti credo siano alla base del sostanziale silenzio sulla rivolta della popolazione e ancora più grave su quello che pesa per la mancata denuncia delle decine di vittime (vere queste) causate dalla violenta repressione delle forze di sicurezza in strada armate fino ai denti.
Moise cerca di giustificarsi spiegando che le rivolte siano spinte non dal malcontento di una popolazione poverissima ed allo stremo, oltre che dalle ruberie del suo governo, ma da narcotrafficanti che lui dice di aver combattuto.
Parole sue: “Abbiamo già visto una serie di governi di transizione che hanno portato a disastri e a disordini” eppure lui stesso è stato uno dei primi a votare per il disconoscimento del legittimo presidente del Venezuela Maduro e proprio in favore di un governo di transizione…
Strane posizione non trovate? Quel che va bene in Venezuela sarebbe un disastro in Haiti.
Eppure è noto ormai che gran parte delle situazioni di crisi di cui ci parlano i media per il Venezuela siano in realtà false e frutto della peggiore propaganda creata ad arte. Fame Carestia, emergenza, stremo della popolazione cozzano irrimediabilmente con le immagini rilasciate dalle stesse opposizioni che ci mostrano sempre cittadini, ordinati, ben vestiti, molto ben nutriti, strade piene di automobili che viaggiano. Abbiamo anche potuto constatare come i supermercati stessi siano in realtà normalmente riforniti di beni e alimentari. Ad Haiti invece, vediamo sempre cittadini magri, a volte molto magri, in genere malvestiti o con magliette lise dal tempo, poche macchine in circolazione e negozi assaltati da sciacalli. Il genere di immagini che, stando ai racconti della propaganda dovremmo vedere in Venezuela, ma non è così. Fuori dalle manifestazioni delle opposizioni, anzi di alcune opposizioni, il Paese è sereno e prosegue nella sua quotidianità.
Proprio non si comprende, come mai l’UE non si interessi di Haiti e non si preoccupi della popolazione violentemente repressa. Come mai nessuno parli al momento di aiuti umanitari per Haiti ma solo di invio di soldati. Gli USA sarebbero pronti ad inviare circa 5000 marines, per sostenere il governo naturalmente.
Due pesi e due misure? Non credo basti dire questo. Qui si sta parlando di mistificazione, di organizzazione di regime change dove occorre servire gli interessi di alcuni Paesi e di repressione di dissenso laddove i governi fantoccio vengano contestati.
È tutto molto più grave di una semplice doppia misura o standard nel valutare la gravità di una situazione e delle misure prese nel giudicarle.
A margine è interessante notare anche un fattore, quello elettorale. Prima di tutto nei dati delle affluenze, teniamo sempre in esame il Venezuela da un lato ed Haiti dall’altro. Novembre 2016 alle elezioni che hanno visto la vittoria riconosciuta di Moise, su 11 milioni di elettori iscritti, solo il 21% di aventi diritto ha partecipato al voto, quindi circa due milioni. Di questi il 55% ha scelto Moise, pertanto ha avuto l’appoggio del solo 10% circa della popolazione, il 90% chiaramente non lo sente come una figura rappresentativa.
Eppure nonostante le denunce di irregolarità che portarono già una volta alla ripetizione del voto, nessun media o presidente straniero si sogna di mettere in discussione la legittimità della sua presidenza.
In Venezuela invece alle scorse presidenziali di maggio, votò circa il 50% degli aventi diritto ed il risultato vide riconoscere al presidente eletto il sostegno del 68% del corpo elettorale. Gli osservatori internazionali giudicarono corrette le elezioni ed anche nel passato le elezioni seguite in Venezuela anche da fondazioni americane come la fondazione Carter, giudicarono il sistema di voto venezuelano come il migliore e più sicuro al mondo.
Ormai viviamo in un periodo in cui le verità fattuali vengono disconosciute a seconda delle convenienze del momento e solo le realtà inventate devono essere ritenute come vere, da cui l’incredulità di molti quando sentono che i fatti rappresentino l’opposto di quanto viene raccontato dai media. E’ tale il rifiuto dell’idea di essere costantemente imbrogliati da ritenerlo impossibile e diffidare di ciò che la realtà invece ci presenta di fronte agli occhi.
Venezuela
Inserisco in questo argomento il video di approfondimento realizzato in collaborazione con Leni Remedios, giornalista che vive in Inghilterra ed è molto attenta ai fatti del mondo.
8 febbraio 2019
Contro ogni previsione dei nostri media, in Venezuela prosegue la presidenza Maduro, il tempo gioca in suo favore, il debole e semisconosciuto tra i Venezuelani Guaidò non appare trovare appoggio nei settori dello stato che rimangono fedeli alla Costituzione del Paese e al loro legittimo presidente Maduro.
Fuori dai confini del Paese invece qualcosa si sta muovendo. Aerei militari e cargo statunitensi sono stati visti atterrare in Colombia, con la scusa di una bizzarra missione umanitaria. In un Paese che ha il solo problema di dover fare i conti con delle sanzioni feroci e pesantissime, la UE e gli USA vorrebbero mostrarsi come salvatori portando al servizio della loro propaganda pro Guaidò, tonnellate di quei medicinali e viveri che impediscono al Governo di acquistare sul mercato con le loro sanzioni. E tutti ci domandiamo se non sia invece il caso di togliere queste sanzioni assurde e lasciare che il Paese possa svilupparsi nel benessere.
Chiaramente le potenze occidentali non vogliono questo, ma mirano da un lato allo sfruttamento da parte delle loro multinazionali delle risorse del Paese ai danni della popolazione e dall’altro dall’eliminare dalle Americhe ogni influenza di Russia e Cina. L’eliminazione della loro presenza in questo settore è vista come una priorità militare.
Quindi ogni azione criminale condotta dalle opposizioni filo americane verrà sempre coperta dai nostri media, presentata invece come violenza del governo, ed ogni servizio cercherà di presentare un Paese distrutto e alla fame, cosa che chiunque acceda ai video di turisti o abitanti di Caracas può benissimo vedere quanto siano falsi.
La "crisis humanitaria" de #Venezuela parece que no llega al McDonald's. ¿Será porque a ellos les surten vía "canal humanitario"? pic.twitter.com/WwGuqVMpqK
— Arantxa Tirado (@aran_tirado) February 6, 2019
VIDEO 15: Un argentino en Venezuela ¡El CAOS en el centro de Caracas! Véanlo ustedes mismos y comenten. Los leo.
Twitter e Instagram: @DiegoEnLaLucha
Canal YouTube: Diego Tw pic.twitter.com/USVgxMKvEJ— Diego Argentino (@DiegoEnLaLucha) January 30, 2019
VIDEO 9: Un argentino en Venezuela. Los medios de mi país, dicen que en Caracas, los mercados están todos vacíos. Fui a corroborarlo con mis propios ojos. Sorpresa…
Facebook y YouTube: Diego Tw
Instagram:@DiegoEnLaLucha pic.twitter.com/XWaa7lF0WZ— Diego Argentino (@DiegoEnLaLucha) January 21, 2019
Ce ne sono a bizzeffe, potete notare chiaramente, sullo sfondo, le persone che camminano o ballano, non mi pare che abbiano le caratteristiche di persone “alla fame”.
Se fossimo in una guerra tradizionale, potremmo tranquillamente ascrivere le informazioni che ci vengono proposte come informazione asservita a scopi bellici, sulla scia di quelli dell’Istituto Luce della 2° Guerra Mondiale, ma in teoria noi non saremmo in stato di guerra, o almeno non ci troviamo ancora in una guerra tradizionale, ma mediatica ed economica.
Forse in questi giorni potrebbe concretizzarsi una iniziativa di mediazione richiesta dal Presidente Maduro al Santo Padre Papa Francesco, dopo qualche giorno anche Guaidò potrebbe accettare la sua mediazione, che lo indebolirebbe ulteriormente, inizio tuttavia a temere un attacco esterno al Venezuela. Ieri infatti alcuni carichi di armi, piccoli, sono stati sequestrati alla frontiera o poco distante. Mitragliatori e caricatori con munizioni destinati alle opposizioni filo-americane, la cosa ci riporta alla mente il Golpe in Ucraina e l’inizio della guerra civile in Siria, il copione appare già scritto e la storia ripetersi.
15 febbraio 2019
Il golpe di Guaidò appare sempre più diluito nel tempo, l’inefficacia di tutte le minacce fatte cadere sul Paese da parte degli USA e degli altri Paesi che hanno riconosciuto in Guaidò il legittimo presidente venezuelano, basandosi sull’errata interpretazione dell’art. 233 della costituzione venezuelana (che non vale essendoci eletto regolarmente il Presidente del Paese con le libere elezioni di maggio, e riconosciuto da un centinaio di Paesi stranieri) non sortiscono alcun effetto.
L’appello di Guaidò per un eventuale intervento militare da arte USA è stato stoppato persino dal Senato americano stesso, unico organo che può votare a tal riguardo, e sembra quindi cadere nel voto.
Prende piede l’iniziativa messicana di portare ad un incontro bilaterale le parti in causa presso Montevideo per un confronto diplomatico in cui si addivenga ad una soluzione politica.
Forse anche la UE potrebbe appoggiare questa iniziativa.
Prosegue senza tentennamenti la grande esercitazione militare delle forza armate venezuelane, per nulla messe in difficoltà dalle minacce di Guadò ed americane, non solo non si sono ribellate al presidente legittimo, come richiesto loro, ma anzi stanno approntando al meglio le difese del paese, portando allo stato di massima operatività i caccia SU30M e le difese antiaeree che vedono negli S300 il fulcro delle difese aeree.
Come già detto in precedenza, il tempo gioca contro Guaidò, più tempo trascorre e meno la sua figura attrae consensi, visto che lo stato prosegue la sua normale vita quotidiana del tutto indifferente ad ogni proclama del burattino di Washington.
Un paese che lo tratta con l’indifferenza che merita è un paese che non ha bisogno di un sedicente presidente, è un paese che sa di aver compiuto una scelta a maggio scorso con le elezioni e non accetta che dall’esterno del paese si cerchi di imporre un finto presidente.
La possibilità di un colpo di scena con la possibile richiesta di incontro diretto tra Trump e Maduro, sulla scia di quanto avvenuto con l’omologo nordcoreano Kim, appare forse come una svolta tuttaltro che remota e di cui non dovremmo stupirci molto.
Russia e Cina sono rimaste ferme nella difesa della legittimità del Presidente Maduro ed in difesa degli accordi economici e militari che hanno col Venezuela.
Le voci di trattative in corso tra opposizione fascista e Cina sono state smentite ufficialmente dalle stesse autorità di Pechino.
Del resto anche in Europa vi sono voci di intelletto efficiente, Jeremy Corbyn ad esempio, ha dichiarato di opporsi alle ingerenze negli affari del Venezuela e anche la posizione italiana che ha bloccato il provvedimento unanime della UE, rappresentano una speranza per evitare una nuova Siria in sud America.
Il fatto che gli Usa abbiano incaricato Eliot Abrams di seguire la vicenda del Venezuela getta nuove luci fosche, il passato di Abrams non è di quelli da esibire pubblicamente. Parrebbe aver gestito lui l’invio di armi per i ribelli nicaraguensi e essere stato anche coinvolto nel famoso scandalo Iran–Contras, in cui si facevano giungere armi ai terroristi nascoste nei carichi di aiuti umanitari per gli sfollati e la popolazione sofferente. Capirete bene come mai vi sia tanta diffidenza nel far arrivare a Caracas gli aiuti che gli USA vorrebbero inviare ai fascisti delle opposizioni.
21 febbraio 2019
Prosegue senza alcuno scossone il braccio di fra il Presidente del Venezuela Maduro e l’autoproclamatosi presidente ad interim Guaidò, riconosciuto come tale da una parte delle opposizioni politiche e da alcuni Paesi esteri filo-americani.
Nel Paese invece nulla pare smuoversi. Ogni appello di Guaidò verso il suo riconoscimento da parte dell’esercito o della burocrazia del Paese cade costantemente nel vuoto, recentemente ha lanciato un ultimatum all’esercito. Vorrebbe costringere i vertici a passare dalla sua parte, ma nessuno finora si è neppure voltato per prestargli ascolto. All’aeroporto i Parlamentari europei arrivati per prestare soccorso al loro protetto sono stati messi alla porta e rispediti a Bruxelles, questo è stato un fatto importante che ha dimostrato come dai vertici all’ultimo degli impiegati, la macchina statale nn solo non scricchiola, ma anzi appaia compatta.
Ieri ad esempio, nello stato di Bolivar, vicino al ponte di Ciudad Bolivar, si è tenuta una imponente manifestazione contro le ingerenze USA, UE e degli altri stati canaglia che li appoggiano. Decine di migliaia di persone con il ponte a stralli sullo sfondo. Trovo sempre più incredibile come ogni notizia che vada contro il racconto (story-telling) dei nostri media venga costantemente e sistematicamente filtrata e taciuta, mi chiedo fino a quando proseguiranno lungo questa pessima strada.
La presidenza Foa, in questo, non si sta dimostrando affatto differente dall’oscurantismo dei suoi pessimi predecessori.
Domani nella vicina Colombia, si terrà un concerto propagandistico a fini “umanitari”verrà chiaramente strumentalizzato per intero, nulla è fatto a caso e speriamo non venga utilizzato come pretesto per fatti drammatici che causino un intervento militare nel vicino Venezuela.
Per quanto riguarda l’eventuale escalation militare nel Paese, al momento sappiamo che in vista della manifestazione annunciata per il 23 febbraio dalle opposizioni, in concomitanza con il famigerato concerto in Colombia, le forze dell’esercito bolivariano hanno rinforzato le difese delle frontiere e inviato anche blindati alla frontiera col Brasile.
I timori sono relativi al tentativo di forzare i confini con camion guidati da venezuelani, che tentino forzatamente di causare incidenti gravi.
Non ci sono al momento notizie relative all’invio di forze speciali russe in Venezuela. Non risulta che il governo di quel Paese abbia richiesto aiuti militari. Anche la notizia diffusa dai soliti media delle opposizioni, molto attivi nel Venezuela a smentita di quanto affermato dai politici come Guaidò o dal governo USA e di rimando i nostri, esiste una florida schiera di tv e quotidiani che appoggiano le opposizioni e vengono regolarmente e tranquillamente venduti nelle edicole, mi chiedo in quali dittature possa accadere questo.
Ieri un attentato ha sabotato, provocando una esplosione, una centrale di pompaggio del greggio, nello stato di Monagas, causando ingenti danni all’economia petrolifera del Paese. E’ chiaro che si vuole distruggere totalmente la capacità di resistere dello stato sovrano. Dietro l’attentato potrebbero esserci uomini dei corpi speciali USA.
Nel mentre stanno arrivando gli aiuti internazionali per il Venezuela, aggirando le pesanti sanzioni che gli USA e accoliti, impongono al Paese, Russia, Cina e Cuba stanno inviando cibo e medicinali, dopo la nave da carico che ha portato 933 tonnellate di aiuti il giorno di San Valentino, ora è il turno di una decina di aerei cargo Il-76 russi che stanno arrivando in queste ore a Caracas, centinaia di altre tonnellate di aiuti arrivano in barba alle sanzioni e ai divieti americani.
Siria
Provincia di Deir Ezzour
Nei giorni scorsi le forze al servizio degli USA, le SDF, hanno conquistato l’ultima roccaforte dell’ISIS Baghuz, qui ora restano circa 250 miliziani che controllano alcuni edifici di periferia e nulla più, di questi si sono già arresi i primi e presto , anche gli ultimi cederanno alla penuria di tutto, dalle munizioni, all’acqua ai viveri.
Nulla resta ormai del fu Califfato, nessun centro abitato ormai è più controllato da loro.
Si conclude ogni pretesto di permanenza USA, sempre illecita in Siria, dato che mai ha chiesto autorizzazione ad occupare parte del Paese, ma ora nemmeno le giustificazioni accampate resteranno in piedi.
L’ISIS si è rifatta viva ad ovest del fiume Eufrate, dove, nei dintorni di Palmira, una pattuglia siriana si è scontrata con un gruppo di miliziani ed è rimasto ucciso un soldato di Hezbollah qui distaccato.
Ora l’esercito sta inviando rinforzi nella regione dato che nella sacca a sud di Al Suknah si stima la presenza di 1500-3000 miliziani ancora attivi.
Un convoglio umanitario è stato inviato dal governo di Damasco proprio verso i villaggi recentemente liberati e grazie alla Mezzaluna Rossa è potuto arrivare nei pressi di Hajin, dove ha portato sollievo alla popolazione. Dobbiamo constatare come non si sia avuta notizia di analoghe iniziative prese dagli USA o dalle SDF che hanno abbandonato a se stessi i civili.
Un convoglio ha anche lasciato Baghuz, su quello pare sia stato caricato un trasferimento di miliziani jihadisti ISIS con le lor famiglie, probabilmente coloro che si arresero giorni fa, destinazione ignota, forse anche destino ignoto. Alcune fonti hanno riferito di una eventuale destinazione in Idlib, ma non appare chiaro come questa possa essere mediata senza che siano coinvolti nella trattativa ne mediatori siriani ne turchi, visto che per arrivarci devono forzatamente attraversare o la zona sotto controllo siriano o quella sotto controllo turco, per cui propenderei per definirla una notizia da verificare al meglio.
Idlib
Parlando di Idlib, si sono intensificate in questi giorni le azioni belliche. Attacchi di miliziani contro le linee siriane, scambi di artiglieria in forte aumento e caccia siriani e russi costantemente in missione sopra ai cieli della sacca. Durante un attacco delle artiglierie degli jihadisti è stata danneggiata la grande centrale termoelettrica di Hama che ha dovuto sospendere la produzione di energia.
È giunta la notizia della morte di un comandante di HTS colpito dai bombardamenti e del ricovero del capo supremo di Al Nusra, ora HTS in Turchia, Immediatamente Ankara ha smentito categoricamente di aver preso in carico Abu Muhammad al Joulani, in questi casi quindi è meglio porre la forma dubitativa, ma di certo se fosse vero, la Turchia smentirebbe…
Il gen. Jamil Hassan, capo dei servizi segreti dell’aviazione siriana, è stato invece ricoverato per un malore mentre si trovava in Libano per incontri di lavoro.
Nell’SAA invece le cose vanno sempre meglio. Da un lato vengono congedati i militari più anziani che hanno prestato servizio per 8 anni, e dall’altro si laureano dal corso nuovi ufficiali delle forze speciali, che ricevono un addestramento che si avvale della lunga esperienza maturata in questi anni di attività bellica.
Notizia sui congedati. E’ stato preso formale impegno da parte del governo siriano di dare priorità assoluta nella assegnazione dei posti di lavoro che verranno a formarsi con l’avvio della grande ricostruzione del Paese a tutti i veterani della guerra.
In Libano invece si sono avuti incontri bilaterali per organizzare il rientro dei profughi che ancora permangono sul territorio di Beirut.
Al momento sono migliaia i siriani che ogni settimana fanno rientro nel Paese dalle frontiere libanesi e giordane. A tal proposito dobbiamo dare la notizia della apertura di due varchi umanitari garantiti dalla rassicurante presenza di militari russi, per il rientro e liberazione dei profughi siriani trattenuti nel campo profughi di Rukban, nel settore occupato dagli USA di Al Tanf. Finora alla popolazione era stato categoricamente impedito di far rientro a casa e anche gli aiuti umanitari non arrivavano regolarmente.
Un anno fa erano stimati in 75.000 civili.
Oggi invece tramite i due corridoi, i civili possono finalmente tornare a casa.
Nigeria
Dopo il rinvio di una settimana, domani (sabato23) inizieranno le operazioni di voto per le presidenziali del Paese, si confrontano due principali candidati, Muhammadu Buhari presidente uscente, ex militare e di etnia Fulani, e Atiku Abubakar ricco uomo d’affari, già vicepresidente dal 1999 al 2007, anch’egli appartiene all’etnia Fulani. Si candidano in tutto una 15ina di aspiranti presidenti ma credo che la corsa possa ritenersi circoscritta a questi due candidati.
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Il presidente in carica Muhammadu Buhari
Purtroppo si temono nuove azioni di sangue da parte delle milizie di Boko Haram.
Stefano Orsi
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