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Afganistan: dove sono i soldi?

Il governo afgano, diretto dagli Stati Uniti, era il più grande produttore ed esportatore mondiale di oppio, morfina e del loro prodotto finale, l’eroina. Come fece la prima volta che assunse il potere a metà degli anni ’90, il movimento talebano, antidroga e anticomunista, sta chiudendo il commercio di droga. I miliardi di dollari di oppio e morfina che fluivano in Asia Centrale, Russia, Iran, Turchia, Pakistan e Asia Sudorientale

Il ritorno dei Talebani 20 anni dopo

Il 15 agosto i Talebani sono arrivati [in inglese] a Kabul. La leadership talebana è entrata nel palazzo presidenziale, che ore prima il presidente afgano Ashraf Ghani aveva abbandonato per fuggire in esilio. I confini nazionali erano stati chiusi, e nel principale aeroporto internazionale di Kabul non si sentivano altri rumori se non le grida di quegli Afgani che avevano lavorato per gli Stati Uniti e la NATO: sapevano che

Sfidare la guerra e stabilire la pace in Afghanistan

Il 27 gennaio 2019, i Talebani e il governo degli Stati Uniti hanno dichiarato pubblicamente l’accettazione, in linea di principio, di una bozza per i negoziati in corso che potrebbe culminare in un accordo di pace per porre fine alla guerra in Afghanistan, che dura da due decenni. Man mano che apprendiamo di più sui negoziati, è importante ricordare che molti altri lavorano per il dialogo e la negoziazione in

L’Afghanistan e la Ratline dell’eroina della CIA

  Nel Golfo Persico si annidano una serie di segreti estremamente compromettenti. Uno dei più grossi è la ratline dell’eroina Afghana – con gli Emirati Arabi Uniti (UAE) al centro di un’operazione di riciclaggio di denaro internazionale da mille miliardi di dollari. In questa Guerra dell’Oppio del XXI secolo, i raccolti dell’Afghanistan stanno essenzialmente alimentando il mercato dell’eroina non solo in Russia e in Iran, ma soprattutto negli Stati Uniti.

Il “Panama” afgano del Pentagono

Come è noto, l’attività missionaria “democratica” americana consiste di due fasi: prima si fa in qualche modo un colpo di Stato nel paese “non democratico”, poi entra in scena il capitale americano con il pretesto di “programmi umanitari”. Si presume che sotto la tutela americana, il paese in questione debba soddisfare tutti gli standard del “mondo libero”: dell’economia, dell’istruzione, della sanità, della sicurezza sociale e, naturalmente, dei diritti umani. Finora,