Il 12 gennaio Mikheil Saak’ashvili è stato deportato in Polonia da Kiev. Il governo ucraino insiste che tutto è stato organizzato in base all’accordo con l’UE sulla riammissione delle persone espulse nel 2007 e dopo che i tribunali ucraini hanno bandito l’ex presidente della Georgia dall’Ucraina. Gli avvocati di Saakashvili, a loro volta, incolpano Kiev di azioni illegali, dicendo di essersi appellati contro le decisioni della corte, di conseguenza, il bando non avrebbe potuto entrare in vigore. Secondo il membro della Verchovna Rada Igor Lucenko, Saak’ashvili è stato deportato da un aereo appartenente alla compagnia offshore di Petro Porošenko.

Negli ultimi sei mesi, Saak’ashvili è stato usato come strumento per fare pressione su Porošenko e la sua squadra e dare voce alle richieste di potenze occidentali, come l’introduzione del tribunale anti-corruzione, l’abolizione dell’immunità parlamentare, la riforma del sistema elettorale, l’adozione di una legge sull’impeachment. Tutto ciò ha portato ad una campagna di informazione di alcuni mass media occidentali contro Porošenko. Oltre a Saak’ashvili, ambasciate, ONG, e personaggi dei media occidentali si sono uniti alla campagna per fare in modo che Porošenko continui a fare concessioni e attui gli impegni assunti in precedenza. La campagna non ha cercato di “rovesciare” Porošenko, ma di “costringerlo alla pace”. In realtà, gli attori occidentali non hanno ancora raggiunto un consenso sul successore di Porošenko, ma si rendono conto che un altro colpo di Stato in Ucraina avrà conseguenze irreversibili.

A giudicare dalle ultime notizie dal World Economic Forum di Davos, Porošenko ha accettato di creare un tribunale anti-corruzione e aumentare i prezzi del gas per la popolazione – il Presidente dell’Ucraina è stato costretto a concordare “un programma minimo”. In tali condizioni, i servizi di Saak’ashvili, ovvero le azioni per ammorbidire le posizioni di Porošenko, hanno perso la loro importanza. Saak’ashvili si è trovato in una situazione molto delicata, dal momento che le sue azioni di protesta non sono più necessarie (tanto più che si sarebbero affievolite nel tempo senza riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati, a meno che non ci fossero state provocazioni sanguinose). Né avrebbe potuto fermarle all’improvviso, per non deludere i suoi sostenitori.

Pertanto, la sua “evacuazione” era una partita truccata. Saak’ashvili è stato deportato dal territorio ucraino per avere l’opportunità di parlare del “potere dei profittatori corrotti” in Ucraina e di stare al sicuro. Si noti che Saak’ashvili non è stato deportato nel suo paese d’origine, la Georgia, dove avrebbe dovuto affrontare la prigione, ma in Polonia. Inoltre, Saak’ashvili è un sospettato in un procedimento penale avviato dall’Ufficio del Procuratore Generale dell’Ucraina – è accusato di tentativo di colpo di Stato finanziato dal “giovane oligarca in fuga Serhij Kurčenko”, che attualmente risiede in Russia.

In realtà, la dogana ha fatto scappare il sospettato di spicco dall’Ufficio del Procuratore Generale. Questi fatti sollevano grosse domande che puntano indirettamente agli accordi tra Saak’ashvili e l’amministrazione Porošenko.

Gli eventi degli ultimi sei mesi, cioè il “Mikhomaidan”, sembravano essere favorevoli alle élite di Kiev. Saak’ashvili era una sorta di “falsa bandiera” che distoglieva il malcontento pubblico esistente dai veri problemi. È molto strano condurre proteste pubbliche con richieste politiche (tribunale anti-corruzione, eliminazione dell’immunità parlamentare, riforma elettorale) e non sociali o economiche in un paese in cui il 40% della popolazione non ha mai partecipato alle elezioni e l’80% non ha mai avuto a che fare con la magistratura. Il “Mikhomaidan” ha attirato l’attenzione dei mass media e ha oscurato le riforme anti-sociali nei settori della sanità, delle pensioni, dell’istruzione e dei servizi pubblici. Saak’ashvili in realtà ha screditato l’idea delle proteste anti-governative. Il 18 febbraio, i sostenitori di Saak’ashvili hanno pianificato un altro raduno, che probabilmente diventerà “l’accordo finale”.

Petro Porošenko ha beneficiato della deportazione di Saak’ashvili. Considerando che il 2018 è un anno pre-elettorale, Porošenko sta cercando di mostrare ai suoi mandatari, che probabilmente stanno cercando contatti con i suoi potenziali successori, che è ancora il giocatore chiave nel campo politico ucraino. Sta concentrando tutte le possibili risorse amministrative, dell’applicazione della legge e della sicurezza, finanziarie e mediatiche, nel bel mezzo di tassi d’approvazione in calo drammatico. La deportazione di Saak’ashvili è un segnale d’allarme per i politici dell’opposizione che rivendicano posti di alto livello nel governo dopo il prossimo ciclo elettorale. Aspettiamo e vediamo se l’opposizione riuscirà ad unirsi contro Porošenko. È poco probabile, considerando le ambizioni dei politici ucraini e la loro riluttanza a fare concessioni.

Saak’ashvili cercherà di entrare nuovamente in Ucraina? In ogni caso il governo ucraino ha imparato le lezioni del settembre 2017, ed è più preparato a prevenire tale azione. Inoltre, Saak’ashvili difficilmente riuscirà a far tornare le persone in piazza dopo non essere riuscito a raggiungere nessuno degli obiettivi prefissati durante il “Mikhomaidan”.

Saak’ashvili potrebbe diventare un critico esplicito del governo di Kiev in Occidente, ma non è lui a determinare l’agenda delle relazioni di Kiev con l’UE e la NATO, tanto meno della distribuzione del potere in Ucraina.

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Articolo di Denis Gaevskij pubblicato su Eurasia Daily il 13 febbraio 2018.

Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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