In Ucraina si è riacceso con maggior virulenza il conflitto che riguarda i membri del famigerato battaglione paramilitare Tornado, che ha combattuto in Donbass, in particolare nella regione di Lugansk, dalla parte di Kiev. Il 2 agosto l’udienza al tribunale distrettuale Obolonskij di Kiev è stata accompagnata da scontri massicci dei simpatizzanti del Tornado con le forze di polizia, in cui decine di agenti delle forze dell’ordine sono rimasti feriti. “Lenta.ru” (edizione on line) ha cercato di capire come si cerca di incriminare i militanti del battaglione, e perché non è una cosa facile.
Come si è formato il battaglione
Nell’autunno del 2014 in Ucraina scoppiò uno scandalo relativo al reparto di volontari Shakhtiorsk, creati dal leader del Partito Radicale, Oleg Lyashko, dopo l’inizio della guerra nel sud-est del paese. Il ministro degli Interni dell’Ucraina Arsen Avakov annunciò il suo scioglimento, a causa dei saccheggi compiuti dai suoi uomini. Il ministro fece notare che circa 50 saccheggiatori, sui circa 700 combattenti dello Shakhtiorsk, erano riusciti a disonorare tutto il reparto, che in diversi casi, in particolare presso Ilovaiskaya, “aveva combattuto egregiamente”. Una settimana dopo lo scioglimento, al posto dello Shakhtiorsk fu creata una nuova divisione, e i paramilitari del disciolto reparto furono assegnati al battaglione Tornado. “I migliori combattenti che avevano partecipato alle battaglie, da Ilovaysk a Peski, sono oggi nel nostro battaglione. Abbiamo una notevole esperienza”, affermò allora il comandante della nuova divisione, Daniil Volya. Il Tornado è stato dislocato a Zaporozhye, una città vicina al fronte.
Tuttavia, era chiaro che il problema era molto più grave di quel che aveva detto Avakov. “Quando ero in prima linea, ho visto che razza di battaglione era lo Shakhtiorsk creato da Lyashko. L’organico era semplicemente scioccante! Alcolisti, saccheggiatori, idioti e uomini senza preparazione. Di conseguenza, in vece del battaglione Shakhtiorsk è stata costituita l’unità speciale di pattugliamento Tornado del ministero dell’Interno. Come posto di dislocamento è stata scelta la città di Zaporozhye, relativamente tranquilla, con compiti ufficiali piuttosto vaghi: la lotta contro separatisti e terroristi”, ricorda l’attivista Andrei Dzindzia.
Kiev, Zaporozhye, Lugansk e dappertutto
Ben presto è diventato chiaro che la decisione del Ministero degli Interni di riformare il battaglione non ha risolto alcun problema, ma ha solo aggravato la situazione. Già il 2 novembre 2014, solo alcuni giorni dopo la formazione del Tornado, il servizio di sicurezza ucraino (SBU) ha arrestato a Kiev sei uomini in armi del battaglione. Lo SBU ha così commentato l’arresto: “si tratta di membri particolarmente pericolosi di un gruppo sovversivo, che nella capitale ucraina ha avuto il compito di eseguire una serie di ordini di carattere privato di occupazione di uffici e case”. Nel frattempo, i paramilitari del battaglione terrorizzavano le autorità di Zaporozhye. L’allora sindaco Alexandr Sin si rifiutò di eseguire l’ordine di dislocare l’unità speciale in città. Si trattò di negoziati piuttosto peculiari: gli uomini armati fevero irruzione nell’ufficio del sindaco, che a sua volta chiamò la polizia. Come risultato, a scanso di guai il “Tornado” fu dislocato lontano da Zaporozhye, prima nella provincia di Berdiansk, poi nel 2015 nella zona della cosiddetta operazione antiterrorismo (ATO), nella regione di Lugansk. Tuttavia, tutto questo non ebbe grande risonanza in Ucraina.
Ma nel giugno 2015 un vero shock si abbatteva sul paese. Il governatore della regione di Lugansk, controllata da Kiev, l’odioso Gennady Moskal, denunciava il battaglione all’SBU, al Ministero dell’Interno e anche al consiglio dei ministri, per il fermo illegale di un treno merci carico di carbone, destinato alla fabbrica di Alchevsk per la lavorazione. “Questo è stato fatto per nascondere i numerosi crimini commessi dal battaglione nella regione di Lugansk”, si indignava Moskal. Specificando più tardi: “Il Tornado non ha mai preso parte alle operazioni militari, ma si è trasformato in un gruppo criminale organizzato, di fatto in una banda impegnata in rapimenti, omicidi, stupri, rapine, saccheggi, furti e altri crimini”. Ma fermare gli scatenati combattenti del battaglione si è rivelato molto difficile. Il giorno dopo la denuncia di Moskal, il ministro degli Interni ucraino Arsen Avakov firmava un decreto per lo scioglimento del battaglione e per l’attuazione di un’inchiesta ufficiale, ma senza che a questo decreto seguisse la sua esecuzione. A un certo punto, la situazione era in bilico e, come avevano commentato i rappresentanti delle autorità, il reparto costituiva “una minaccia alla sicurezza nazionale dell’Ucraina”. Gli uomini del battaglione (circa centocinquanta persone) si erano asserragliati nella base di Lisichansk, mettendo in stato di allerta tutti i mezzi militari. Tuttavia, al di fuori della base, le forze di sicurezza avevano arrestato il nocciolo duro del Tornado, con a capo il comandante del battaglione, Ruslan Onishchenko, riuscendo così a evitare una battaglia vera e propria. Durante le indagini, è emerso subito che circa un terzo degli uomini del Tornado, ossia 43 persone, avevano precedenti penali. Non c’erano problemi con le prove: i loro maltrattamenti e i loro crimini, in particolare di carattere sessuale, erano stati ripresi in video dagli stessi membri del battaglione, e il tutto era a disposizione degli investigatori. Sembrava che i criminali dovessero pagare al più presto per le loro atrocità. E invece niente.

Gli pneumatici accumulati presso il tribunale Obolonskij il 2 agosto (dalla pagina Facebook del Quartier generale per la liberazione dei patriotti)
Il processo
Nel settembre 2015, l’ufficio del capo procuratore militare ha riferito che le indagini preliminari contro i combattenti del Tornado per quanto riguardava gli episodi comprovati si erano concluse. Le persone coinvolte nel caso sono state accusate di violazione di sette articoli del codice penale ucraino, compresi associazione a delinquere, sequestro di persona, tortura e “violenza sessuale mediante pratiche innaturali”. Le successive notizie sugli appartenenti al Tornado sono apparse solo a gennaio 2016: gli ex combattenti del battaglione hanno preso d’assalto il tribunale distrettuale Obolonskij di Kiev, dove era in corso l’udienza a porte chiuse contro i loro compagni. A fine gennaio, il capo procuratore militare Anatoly Matios ha reso noto gli ultimi dati: c’è una causa in corso contro nove combattenti, altri 15 sono ricercati, e l’indagine continua. Ad aprile l’Ufficio del procuratore generale dell’Ucraina ha inviato presso la corte penale di Lisichansk i materiali di accusa contro il comandante del Tornado Ruslan Onishchenko, il suo vice e un collaboratore. In parallelo, ex membri del battaglione hanno fatto ancora parlare di loro: hanno ingaggiato uno scontro a fuoco nella cittadina di Boyarka, nei pressi di Kiev, con i rappresentanti della procura militare che volevano chiarire a quale titolo i paramilitari alloggiavano in un residence del Ministero degli interni. Poi di nuovo silenzio. Gli ex Tornado si sono fatti sentire il 2 agosto, quando nello stesso tribunale Obolonskij, l’udienza sul caso Tornado è stata accompagnata, secondo lo scenario già visto, da altri scontri, ma su scala ancora più impressionante: negli scontri tra i sostenitori del battaglione e le forze di sicurezza sono rimasti feriti ben 27 agenti di polizia.

Sostenitori del Tornado presso il tribunale Obolonskij il 2 Agosto (dalla pagina Facebook del Quartier generale per la liberazione dei patriotti)
Come ha riferito più tardi il capo della polizia di Kiev Andrei Kryschenko, le forze di sicurezza sono state anche intossicate coi gas. “C’era gas, c’erano bastoni, manganelli, i manifestanti lanciavano pietre… Dal luogo degli scontri sono state recuperate diverse lattine vuote di gas “Cobra”, che non è in dotazione né alla polizia né alla Guardia Nazionale”, ha detto Kryschenko. I poliziotti sono stati bersagliati anche con pneumatici, farina e bottiglie d’acqua. Un video pubblicato mostra come i Tornado si comportavano in modo aggressivo, minacciando giudici e pubblici ministeri militari. E il deputato ed ex combattente Semen Semenchenko, ultimamente un po’ dimenticato, non solo ha accusato le forze di polizia di percosse e uso di gas lacrimogeni contro “manifestanti pacifici”, ma ha anche inveito contro le autorità ucraine: “Questo non succedeva neanche con Yanukovich, solo con Hitler”. Non sorprende che di conseguenza l’udienza, in programma per il 3 agosto, sia stata rinviata al 9 [e poi ulteriormente rinviata, NdT]. La polizia ha dovuto riconoscere che gli imputati non possono semplicemente essere portati in tribunale in una simile situazione.
L’epilogo non c’è
Gli “attivisti” soliti prendere d’assalto i tribunali hanno formalizzato due richieste che hanno una loro logica: che il processo contro gli ex Tornado fosse rapido e trasparente, e che fosse aperto al pubblico (al momento si tiene a porte chiuse). Infatti, tutta questa storia dura da più di un anno, le prove erano nelle mani degli inquirenti dall’inizio ma per qualche ragione non ci sono state condanne. Di più: non si vede la fine di questa storia. Indirettamente, questo dimostra che dietro a simili vicende c’è la politica. Anche se si possono fare soltanto ipotesi su chi sia coinvolto e in che modo, è improbabile che si saprà tutto.
Ricordiamo che la storia è collegata con l’«oppositore» oggi più famoso, Oleg Lyashko, leader del Partito radicale; e il procuratore capo militare Anatoly Matios ha detto che il Tornado riceve “consigli” dai deputati del Partito radicale. “Se consulenze e assistenza verranno confermate durante le indagini, bisognerà attribuirgli una valutazione processuale”, minacciava Matios nel 2015. Tuttavia, niente di tutto questo è accaduto. In generale, è comprensibile il desiderio di chiudere il processo al pubblico o addirittura insabbiarlo: non si sa quali rivelazioni possano essere rese note durante le udienze e contro chi. Una cosa però è certa: non c’è una via semplice per uscire da questa situazione. Il Tornado può ancora scuotere non solo la Kiev ufficiale, ma tutta l’Ucraina.
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Articolo di Nikolai Podgorny pubblicato su Lenta.ru il 4 agosto 2016
Tradotto il italiano dal russo da Elena Petrova per Sakeritalia.it
[le note in questo formato sono del traduttore]
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