Un obiettivo strategico richiederebbe uno scopo unitario che possa essere descritto in modo sintetico. Inoltre, richiederebbe una chiarezza convincente sui mezzi con cui raggiungere l’obiettivo e una visione coerente su quale risultato considerare un successo.
Winston Churchill descrisse l’obiettivo della Seconda Guerra Mondiale come la distruzione della Germania. Ma si trattava di una “banalità”, non di una strategia. Perché la Germania doveva essere distrutta? Che interesse c’era nel distruggere un partner commerciale così importante? Era forse per salvare il sistema commerciale imperiale? Quando quest’ultimo fallì (dopo “Suez”) la Germania entrò in una profonda recessione. Quindi, qual era il risultato finale che si voleva ottenere? Ad un certo punto si è ipotizzato come (improbabile) finale una Germania completamente deindustrializzata e ruralizzata.
Churchill optò per la retorica e l’ambiguità.
Il mondo anglosassone ha oggi maggior chiarezza di allora sui suoi obiettivi strategici nella guerra alla Russia? La sua strategia è davvero quella di distruggere e smembrare la Russia? E se sì, a quale scopo preciso (come “trampolino di lancio” per la guerra alla Cina?). E come si può distruggere la Russia – una grande potenza terrestre – da parte di stati la cui forza è principalmente navale e aerea? E cosa ne seguirebbe? Una torre di Babele di staterelli asiatici in conflitto tra loro?
La distruzione della Germania (un’antica potenza culturale dominante) fu una trovata retorica di Churchill (buona per il morale), ma non una strategia. Alla fine fu la Russia a fare l’intervento decisivo nella Seconda Guerra Mondiale. E la Gran Bretagna finì la guerra finanziariamente in bancarotta (con debiti enormi) – in posizione di dipendenza e ostaggio di Washington.
Allora come oggi, gli obiettivi erano confusi e contrastanti: fin dall’epoca della guerra boera, la classe dirigente britannica temeva di perdere il suo “gioiello della corona”, il commercio delle risorse naturali dell’Est, a vantaggio della presunta ambizione della Germania di diventare essa stessa un “impero” commerciale.
In breve, l’obiettivo della Gran Bretagna era il mantenimento dell’egemonia sulle materie prime derivate dall’Impero (un terzo del globo), che allora assicuravano il primato economico britannico. Questa era la considerazione primordiale all’interno di quella cerchia ristretta di pensatori della classe dirigente, insieme all’intenzione di arruolare gli Stati Uniti nel conflitto.
Oggi viviamo un narcisismo che ha eclissato il pensiero strategico: l’Occidente non può rinunciare a sentirsi al centro dell’universo (anche se non più in senso razziale, ma attraverso la sostituzione della politica vittimistica, che richiede una riparazione infinita, con la pretesa di un primato morale globale).
Tuttavia, in fondo, l’obiettivo strategico dell’attuale guerra alla Russia guidata dagli Stati Uniti è di mantenere l’egemonia americana sul dollaro (che riecheggia quindi la lotta della Gran Bretagna al fine di mantenere la sua lucrosa supremazia su gran parte delle risorse mondiali), oltre che di far esplodere la Russia come concorrente politico. Il punto è che questi due obiettivi non solo non si sovrappongono, ma possono andare in direzioni diverse.
Anche Churchill perseguì due “aspirazioni” piuttosto divergenti e, in retrospettiva, non realizzò nessuna delle due. La guerra con la Germania non consolidò il controllo britannico sulle risorse globali; al contrario, con l’Europa continentale in rovina, come principale conseguenza dell’essere diventato il Regno Unito un debitore di guerra impoverito, Londra scoprì il fianco alla distruzione e conquista statunitensi del suo ex impero.
Oggi ci troviamo al punto di svolta (a meno di una guerra nucleare, che nessuna delle due parti vuole), che l’Ucraina non può “vincere”. Nel migliore dei casi Kiev può organizzare periodicamente operazioni di sabotaggio da parte delle forze speciali all’interno della Russia, con un notevole impatto mediatico. Tuttavia, queste azioni sporadiche non cambiano l’equilibrio strategico militare, che ora in larga misura pende a vantaggio della Russia.
In quanto tale, la Russia imporrà i termini della sconfitta ucraina qualunque cosa ciò significhi in termini di geografia e struttura politica. Non c’è nulla da discutere con i “colleghi” occidentali. Quel “ponte” è stato bruciato quando Angela Merkel e François Hollande hanno ammesso che la strategia occidentale dalla “rivoluzione” di Maidan in poi, compresi gli accordi di Minsk, era una finta per mascherare i preparativi della NATO per una guerra per procura contro la Russia.
Ora che questi sotterfugi sono stati scoperti, l’Occidente ha ottenuto la sua guerra per procura guidata dalla NATO; ma la conseguenza di questi inganni è che il Putin Collettivo [la dirigenza russa vicina al Presidente Putin] e il popolo russo hanno capito che una fine negoziata del conflitto è fuori discussione: Minsk è ormai “acqua passata”. E poiché l’Occidente si rifiuta di comprendere l’essenza dell’Ucraina come guerra civile in fiamme che esso ha deliberatamente innescato attraverso l’accanita adesione al nazionalismo anti-russo più “estremo”, l’Ucraina rappresenta ora un genio fuggito da tempo dalla sua lampada.
Mentre l’Occidente gioca con una guerra per procura “senza fine” contro la Russia, non ha un chiaro vantaggio strategico da cui partire per un tale corso di logoramento. La base militare-industriale occidentale è esaurita. E l’Ucraina ha subito un’emorragia di uomini, armamenti, infrastrutture e risorse finanziarie.
Sì, la NATO potrebbe organizzare una forza di spedizione, una “coalizione dei volenterosi” nell’Ucraina occidentale. Questa forza potrebbe comportarsi bene (o meno), ma non prevarrà. Quale sarebbe quindi il senso? L’Ucraina “Humpty Dumpty” [in italiano] è già caduta dal suo muro e giace in pezzi.
Grazie al controllo totale dei media e delle piattaforme tecnologiche l’Occidente può evitare ancora per un po’ che le sue popolazioni sappiano di come il potere e le pretese occidentali siano finite bucate [come palloncini]. Ma a quale scopo? Le dinamiche globali che ne derivano, i fatti del campo di battaglia, alla fine “parleranno” più forte.
Washington inizierà a preparare l’opinione pubblica? Vedasi [in inglese] La debolezza dell’Occidente potrebbe ancora permettere a Putin di strappare la vittoria dalle fauci della sconfitta di John Bolton, che ripropone la narrazione neocon sul Vietnam: “Avremmo vinto se l’Occidente avesse mostrato la forza della sua determinazione”. E poi, rapidamente, dall’Ucraina “andare oltre”, lasciando che la storia sbiadisca? Forse.
Ma è la distruzione della Russia ad essere sempre stata il principale obiettivo strategico degli Stati Uniti? Non è, piuttosto, quello di garantire la sopravvivenza delle strutture finanziarie e militari associate, sia statunitensi che internazionali, che consentono enormi profitti e l’accaparramento dei risparmi globali da parte del “Borg” [in italiano] della sicurezza occidentale? O, in parole povere, la conservazione del dominio dell’egemonia finanziaria statunitense.
Come scrive [in inglese] Oleg Nesterenko:
Questa sopravvivenza è semplicemente impossibile senza il dominio mondiale militare-economico, o più precisamente militare-finanziario.
…
Il concetto di sopravvivenza a scapito del dominio mondiale è stato chiaramente articolato alla fine della Guerra Fredda da Paul Wolfowitz, sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti, nella cosiddetta Dottrina Wolfowitz, che vedeva gli Stati Uniti come l’unica superpotenza rimasta al mondo e il cui obiettivo principale era quello di mantenere tale status: “impedire la ricomparsa di un nuovo rivale, nell’ex Unione Sovietica o altrove, che possa costituire una minaccia per l’ordine [come quella] precedentemente rappresentata dall’Unione Sovietica”..
Il punto è che, anche se la logica della situazione sembrerebbe richiedere un pivot degli Stati Uniti da una guerra in Ucraina che non si può vincere ad una “mossa” verso un’altra “minaccia”, in pratica il calcolo è probabilmente più complicato.
Il celebre stratega militare Clausewitz fece una chiara distinzione tra quelle che oggi chiamiamo “guerre di scelta” e quelle che lui definiva “guerre di decisione” – queste ultime, secondo la sua definizione, sono conflitti esistenziali.
In genere si ritiene che la guerra in Ucraina rientri nella prima categoria di “guerra di scelta”. Ma è vero? Gli eventi si sono svolti in modo ben diverso da quanto previsto dalla Casa Bianca. L’economia russa non è crollata, come invece era stato previsto con compiacimento. Il sostegno del Presidente Putin è alto, pari all’81%, e la Russia collettiva si è consolidata intorno agli obiettivi strategici più ampi della Russia. Inoltre la Russia non è isolata a livello globale.
In sostanza, il Team Biden potrebbe essersi lasciato andare ad un’ostilità pregiudiziale, proiettando sulla Russia odierna, molto diversa e culturalmente ortodossa, opinioni che si erano formate durante la precedente era dell’Unione Sovietica.
È possibile che il calcolo del Team Biden abbia dovuto cambiare con la comprensione di questi esiti imprevisti e, soprattutto, con l’esposizione della capacità di sfida militare americana e della NATO come inferiore alla sua reputazione?
Questo è un timore che Biden ha effettivamente esposto [in inglese] nel suo incontro alla Casa Bianca durante la visita di Zelensky prima di Natale. La NATO sopravvivrebbe ad un tale candore? L’Unione Europea rimarrebbe intatta? Considerazioni gravi. Biden ha detto di aver trascorso centinaia di ore a parlare con i leader dell’Unione Europea per mitigare questi rischi.
Ma soprattutto, i mercati occidentali sopravvivrebbero a un tale candore? Che cosa accadrebbe se la Russia, nei mesi invernali, portasse l’Ucraina sull’orlo del collasso? Biden e la sua amministrazione fortemente anti-russa si limiterebbero ad alzare le mani in alto e a concedere la vittoria alla Russia? Sulla base della loro retorica massimalista e del loro impegno per la vittoria ucraina, ciò appare improbabile.
Il punto è che i mercati rimangono altamente volatili, in quanto l’Occidente si trova sull’orlo di una contrazione recessiva che, secondo il FMI, potrebbe causare danni fondamentali all’economia globale. In altre parole, l’economia statunitense si trova nel momento più delicato, sull’orlo di un possibile abisso finanziario.
Il fatto che Biden abbia dichiarato esplicitamente che le sanzioni contro la Russia non saranno probabilmente revocate, che le difficoltà delle linee di approvvigionamento persisterà e che l’inflazione e i tassi di interesse saliranno, non potrebbe essere sufficiente a spingere i mercati “oltre il limite”?
Si tratta d’incognite. Ma l’ansia riguarda la “sopravvivenza” degli Stati Uniti, ovverosia la sopravvivenza dell’egemonia del dollaro. Come la guerra della Gran Bretagna contro la Germania non ha riaffermato o ripristinato il sistema coloniale (al contrario), così la guerra del Team Biden contro la Russia ha fallito nel tentativo di riaffermare il sostegno all’ordine globale guidato dagli Stati Uniti. Al contrario, ha innescato un’ondata di sfida all’ordine globale.
La metamorfosi del sentimento globale rischia di essere l’inizio [in inglese] di una spirale infernale: “L’allentamento del sistema dei petrodollari potrebbe assestare un colpo significativo al mercato dei titoli del Tesoro americano. Il calo della domanda del dollaro sulla scena internazionale causerà automaticamente una svalutazione della moneta e, di fatto, un calo della domanda di buoni del tesoro di Washington. E questo porterà di per sé – meccanicamente – ad un aumento dei tassi d’interesse.
In acque così agitate, non sarebbe preferibile per il Team Biden evitare che il pubblico occidentale si renda conto dell’incertezza della situazione, continuando con la narrazione che “l’Ucraina sta vincendo”? Uno scopo primario è sempre stato quello di gestire al ribasso le aspettative sull’inflazione e sui tassi d’interesse, alimentando la speranza di un crollo di Mosca. Un crollo che riporterebbe la sfera occidentale alla “normalità” di abbondante energia russa a basso costo e di materie prime anch’esse abbondanti e a basso costo.
Gli Stati Uniti hanno un controllo straordinario dei media occidentali e delle piattaforme social. Forse lo staff della Casa Bianca spera di continuare a tappare con un dito la crepa della diga, trattenendo l’inondazione, nella speranza che l’inflazione possa in qualche modo moderarsi (attraverso un qualche imprecisato Deus ex Machina) – e che all’America sia risparmiato l’avvertimento di Jamie Dimon a New York lo scorso giugno, quando ha spostato la sua previsione delle prospettive economiche, da tempesta a uragano?
Tentare entrambi gli obiettivi di una Russia indebolita e di mantenere intatta l’egemonia globale del dollaro, tuttavia, potrebbe non essere possibile. Rischia di non raggiungere nessuno dei due obiettivi, come scoprì la Gran Bretagna dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando si ritrovò invece “ribaltata”..
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Articolo di Alastair Crooke pubblicato su Strategic Culture Foundation il 9 gennaio 2023
Traduzione in italiano di Confab per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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Stefano Orsi
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– “Responsabili pagheranno”: Mosca furiosa per la strage dell’ospedale in Donbas
effettuata con le armi occidentali USA: missili Himars ad alta precisione, non un errore
Anche se folle, sembrerebbe che il loro obiettivo sia la distruzione dell’occidente stesso, dal punto di vista economico, demografico, culturale e religioso.
Una tabula rasa…
Great Reset… ma vorrebbero farlo a livello planetario: non riuscirà
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http://reparti.free.fr/schwab2020.pdf
https://www.youtube.com/watch?v=ga9r4EAaCxE
– “5 milioni a chi distrugge o cattura carri Nato”: Russia, nuovi premi ai soldati in Ucraina
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https://www.youtube.com/watch?v=77zCratwqvg
– La prossima mossa di Putin è devastante e la NATO non è pronta | Redacted con Clayton Morris