di Christopher Black per the New Eastern Outlook
L’accordo di cessate il fuoco di Minsk-2 è morto, ma nessuno vuole seppellirne il cadavere putrefatto. Sin da quando è stato siglato nel febbraio di quest’anno, i governi del Donbass e la Russia si sono impegnati al massimo per attenersi ai suoi termini, sperando che, contro ogni previsione, la giunta di Kiev avrebbe fatto lo stesso. Una vana speranza.
Poroshenko e i suoi alleati fascisti, invece, hanno rifiutato di modificare la Costituzione in modo che tenesse conto delle preoccupazioni delle repubbliche del Donbass, hanno tentato di sopprimere il Partito Comunista e altri partiti dell’opposizione, hanno rifiutato di ritirare l’armamento pesante dalla linea del fronte, hanno continuato gli attacchi di artiglieria pesante contro la popolazione civile e hanno interrotto strade essenziali per l’approvvigionamento di derrate alimentari, medicine ed equipaggiamenti tecnici. Anziché godere di un cessate il fuoco, le popolazioni del Donbass stanno subendo un assedio.
Poroshenko dichiara apertamente di cercare una soluzione militare alla crisi ed ha aumentato la leva nell’ovest. La NATO continua a riversare le proprie forze mascherate da “consiglieri” e “mercenari” e mette ulteriore pressione sulla Russia con molteplici esercitazioni militari dal Baltico alla Bulgaria, dove sono stati schierati ancora più carri armati per “mandare un messaggio alla Russia.”
La situazione reale è stata riassunta il 18 di agosto, in una dichiarazione del Presidente Putin, che ha detto, “Sono state le milizie del Donbass a proporre il ritiro di tutto l’equipaggiamento militare di calibro superiore ai 100 mm. Purtroppo, dal lato opposto, non è stato fatto. Al contrario, secondo i dati disponibili, si continuano a concentrare unità ed equipaggiamenti militari in quelle zone.” A parole, continua a credere in Minsk-2 quando afferma, “Non ci sono alternative all’accordo di Minsk-2 per risolvere la situazione e fare in modo che alla lunga si stabilisca la pace…” e ha continuato con “Il nostro compito è minimizzare le perdite con cui vi arriveremo.”
Non possono esserci dubbi sul fatto che gli accordi di Minsk-2 forniscano una cornice per una soluzione pacifica dell’impasse, ma neanche sul fatto che Kiev e le forze della NATO non abbiano intenzione di aderire ai suoi termini e si stiano preparando per un’altra offensiva. Lo stesso Putin ha dichiarato, “Spero che non si arriverà ad uno scontro diretto su vasta scala.“ E però, la popolazione del Donbass sarebbe sorpresa se le si dicesse che le migliaia di colpi dell’artiglieria di Kiev che le piovono addosso allo scopo di provocare proprio questo scontro non contano.
Ma qual è il fine di quest’assedio? Vista la forza e la resilienza dimostrata dalle forze del Donbass, il regime di Kiev ha poche speranze di ottenerne la disfatta e imporre la propria volontà sulla regione. Kiev e la NATO sanno anche che la Russia non vuole essere trascinata in uno scontro diretto con la NATO che potrebbe condurre a una vera e propria guerra. Di conseguenza l’asse Kiev-NATO ha deciso di impegnarsi in operazioni che hanno ripercussioni politiche tali da compromettere l’alleanza Russia-Donbass o di paralizzarla e di guadagnarsi nuovi alleati. Allo stesso tempo hanno deciso di rendere la guerra più costosa per il Donbass e la Russia sia in termini militari, sia economici, e di tentare di portare all’esaurimento la loro resistenza fisica e morale.
Vediamo questa strategia all’opera nel costante incremento della guerra economica alla Russia, che è ovviamente l’obiettivo finale, nel crescente uso della propaganda che comprende la diffusione sui media delle storie più assurde riguardanti la Russia e il suo governo, nell’uso, ancora una volta, degli osservatori OSCE come agenti di intelligence per la NATO, come già successo nella guerra jugoslava, e, nella sfera politica, nel tentativo di Stati Uniti e Gran Bretagna di umiliare la Russia con l’istituzione di un tribunale in cui processarla per l’abbattimento del volo MH17.
Clausewitz ha detto che “la guerra è una pulsazione di violenza, di forza variabile e pertanto, variabile nella velocità con cui esplode e scarica la propria energia” e che ”se noi teniamo in mente che la guerra inizia per un qualche fine politico, è naturale che la principale causa della sua esistenza risiederà nella considerazione suprema nel perseguirlo.”
In effetti, in Ucraina vediamo proprio l’espressione di questa finalità politica anglo-americano-tedesca: il desiderio di costringere la Russia a sottomettersi ai loro voleri. Non ci sono riusciti nella Prima Guerra Mondiale. Hanno di nuovo tentato, senza riuscirci, nella Seconda Guerra Mondiale. La cosiddetta Guerra Fredda ha raggiunto lo scopo di mandare in bancarotta lo Stato socialista, ma lo Stato capitalista che è sorto da quel triste declino sta di nuovo raccogliendo le proprie forze e rifiuta di sottomettersi ai loro diktat. Per questo il Colpo di Stato ordito dalla NATO a Kiev, per sottrarre l’Ucraina alla sfera d’influenza russa, proprio come avevano tentato di fare i Tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale.
Ma la cabala NATO di Kiev non riesce a spezzare la volontà, né delle popolazioni del Donbass, né della Russia, e da ciò derivano i continui attacchi, la propaganda, la continua azione sulle leve economiche.
Queste azioni sono illegali sotto il profilo del diritto internazionale e delle convenzioni di guerra. Ci sono violazioni dei principi e degli articoli della Carta delle Nazioni Unite. Ci sono violazioni di molti punti della Convenzione di Ginevra e di altri trattati internazionali. Gli attacchi ai civili sono crimini di guerra. L’uso di armamenti proibiti in questi attacchi, è un crimine di guerra. La punizione collettiva di un’intera popolazione è un crimine di guerra. La guerra economica è criminale. E intanto nessun governo occidentale fa nulla per fermarli, né il Tribunale Criminale Internazionale deposita imputazioni, quando invece sarebbe il caso di farlo. Invece, con la propria inazione si mette fuori gioco e condona questi crimini.
L’articolo 7 dello Statuto di Roma che ha creato la ICC [International Criminal Court, NdT] afferma che “tra i crimini contro l’umanità sono comprese le persecuzioni di un gruppo o una collettività identificabile su basi politiche, razziali, nazionali, etniche…”
L’articolo 7-2(b) afferma che il crimine di sterminio comprende l’infliggere intenzionalmente misure tra cui, inter alia, l’impedimento al procacciamento di cibo e medicine, finalizzate a condurre alla distruzione di una parte di popolazione.
L’articolo 8 che definisce i crimini di guerra, afferma che di essi fanno parte, l’omicidio volontario, provocare volontariamente sofferenze, la distruzione di beni immobili non giustificati da necessità militari, condotti sfrenatamente e al di fuori del rispetto della legge, gli attacchi intenzionali contro aree civili, assalti o bombardamenti con qualunque mezzo di città, villaggi, insediamenti o edifici, la mancata concessione di una tregua, l’utilizzo di armi progettate per infliggere sofferenze non necessarie o indiscriminate, e l’uso intenzionale della fame come arma di guerra. La lista continua, ed è un compendio dei crimini commessi dall’asse Kiev-NATO operante in Ucraina.
Il 17 aprile 2014, il regime di Kiev ha emesso una dichiarazione secondo l’Articolo 12(3) dello Statuto di Roma, in cui accetta la giurisdizione dell’ICC sugli eventuali crimini commessi sui propri territori dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014. E’ stata ovviamente una mossa propagandistica in quel momento, volta a giustificare il Colpo di Stato che ha rovesciato il governo legittimo. Il Procuratore dell’ICC non ha reagito ufficialmente a questa dichiarazione, né al suo significato, ma si può discutere sul fatto che, se il regime di Kiev ha accettato la giurisdizione dell’ICC per i crimini commessi in un certo periodo, dovrà accettarla anche per tutti quelli commessi da allora. Si potrebbe sostenere che essendo così grave la situazione in Ucraina, l’ICC dovrebbe agire contro qualunque persona commetta crimini in un territorio che si trova sotto la propria giurisdizione. Se anche quest’argomento fosse respinto su basi tecniche, si può pensare che il Procuratore dovrebbe almeno emettere un pronunciamento secondo cui le operazioni dell’asse Kiev-NATO costituiscono crimini di guerra secondo lo Statuto di Roma e che le operazioni debbano essere immediatamente interrotte. Ma il Procuratore è rimasto silente, come lo era stato quando serviva gli interessi USA nel tribunale istituito per i crimini di guerra in Ruanda senza protetare contro le incriminazioni unilaterali emesse dallo stesso tribunale. Come vuole il proverbio, “Una volta che sei nel taschino americano, ci resti per sempre.”
Il 18 agosto, il Ministro degli Esteri Russo ha richiamato tutte le parti ad attenersi agli accordi di Minsk ed ha dichiarato che “La retorica bellicosa che arriva dall’Ucraina, che è incoraggiata da un certo numero di suoi patrioti residenti all’estero, causa preoccupazione e attesta chiaramente l’intenzione di preparare l’opinione pubblica ad un altro tentativo di risolverne la crisi con la forza. Per queste circostanze, tutta la responsabilità per le conseguenze negative di tutte queste provocazioni ricadrà sulle attuali autorità ucraine.” Parole infauste.
Quando a febbraio sono stati siglati gli accordi di Minsk, scrissi un articolo in cui dubitavo che da parte Kiev-NATO si avesse alcuna intenzione di usarlo se non come un mezzo per ottenere una pausa che consentisse di riorganizzarsi e preparare una nuova offensiva. I miei dubbi erano giustificati.
L’unico modo per andare avanti è risolvere il conflitto a livello politico sulla base del riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e all’autonomia per le repubbliche del Donbass, la creazione di uno Stato federale che assicuri la stabilità etnica, e l’impegno da parte dell’Ucraina a diventare uno stato neutrale che non partecipi ad alcun piano di “contenimento” della Russia, piano che può portare solo a una guerra mondiale.
Ma i burattini della NATO al potere in Ucraina non agiscono nel suo interesse. Agiscono nell’interesse dei signori della guerra che non si curano dell’umanità in generale o dell’Ucraina in particolare. Se continuano nelle loro azioni, non riusciranno a unire l’Ucraina ma solo a devastarla.
Christopher Black è un avvocato penale internazionale, di base a Toronto, è membro della Law Society of Upper Canada ed è conosciuto grazie a una serie di noti casi giuridici che riguardano i diritti umani e i crimini di guerra,molti dei quali esposti nelle sue pubblicazioni sulla rivista online “New Eastern Outlook”
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Articolo di Cristopher Black apparso su Thesaker.is il 22/08/2015
Traduzione in italiano a cura di Mario B. per Sakeritalia.it
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