La questione sollevata a fine giugno 2016, durante l’ultimo vertice della UE, dal primo ministro olandese Mark Rutte sulla necessità di apportare modifiche a un accordo su una più profonda associazione con l’Ucraina offre l’occasione per stendere un primo bilancio sui risultati del regime commerciale “preferenziale” dell’Ucraina con l’Unione europea.
Ricordiamo che nel maggio 2014 la UE ha stabilito delle “preferenze commerciali autonome” (PCA) per l’Ucraina, al fine di rassicurare la popolazione ucraina e il suo nuovo governo venutosi a creare in seguito al colpo di stato del precedente febbraio. Le PCA sono state concesse all’Ucraina prima del previsto, cioè prima della firma dell’accordo formale di associazione e della sua entrata in vigore, prevista per il 1º gennaio 2016. Dalle PCA si aspettavano risultati incoraggianti non solo in chiave politica, ma anche economica. Nel quadro delle PCA, la UE ha eliminato la maggior parte delle tariffe sull’importazione per le merci ucraine, liberalizzandone il mercato. Le più significative riduzioni tariffarie riguardavano la produzione agricola e l’industria tessile. Prima dell’introduzione del regime di preferenze commerciali autonome, la tariffa media per le esportazioni ucraine in Europa era del 4,5%, scesa allo 0,9% dopo maggio 2014. Ma non va dimenticato che le PCA sono piuttosto relative, dal momento che la maggior parte delle esportazioni dall’Ucraina verso la UE sono regolate da quote, anche dopo l’introduzione delle PCA e l’accordo di associazione. Le dimensioni delle quote sono tali che, per esempio, nel 2016 esse sono state esaurite dagli esportatori ucraini già nel primo trimestre. Inoltre, le esportazioni continuano ad essere limitate dalle norme sugli standard europei.
Nel 2016 un gruppo di consiglieri tedeschi che lavorano per il governo ucraino ha tracciato un bilancio del regime PCA per le esportazioni ucraine verso l’Europa effettuate nel 2015. Il risultato è stato obiettivamente misero. Nel 2015, le esportazioni nominali di merci dall’Ucraina verso la UE non sono aumentate, bensì diminuite del 23%. Se ne può concludere che le preferenze commerciali autonome accordate dalla UE non hanno avuto alcun impatto positivo sulle esportazioni ucraine. Tuttavia, il fattore decisivo che infonde ottimismo nei consulenti economici tedeschi è che, in volume totale, le esportazioni dall’Ucraina alla UE sono aumentate di ben il 2 per cento. L’Ucraina esporta un po’ in più verso la UE, ma esporta merci dai costi molto bassi – un segnale lampante dei rapporti economici sul modello centro-periferia, tipiche del capitalismo moderno. Pur con una modesta crescita in volume delle esportazioni, nel 2015 l’Ucraina ha ottenuto dalla UE meno entrate in valuta estera.
I consiglieri tedeschi dànno una spiegazione abbastanza semplice di questo fatto. Nel 2015, c’è stato un calo significativo dei prezzi internazionali delle materie prime, e l’Ucraina ne ha subìto in pieno l’impatto, in quanto le sue materie prime a basso valore aggiunto costituiscono quasi la metà del volume delle esportazioni. Il punto più doloroso per le esportazioni ucraine è che l’indice dei prezzi per i minerali non combustibili è diminuito del 17,5%, e del 15,4% per il grano. Ciò ha avuto un impatto negativo sulle esportazioni nominali dall’Ucraina verso l’Europa. Un altro fattore significativo di tale riduzione è che nel 2015 in Ucraina si è verificato un importante calo della produzione in tutti i settori industriali, tranne due. Ad esempio, l’estrazione è scesa del 14,2%, e la produzione industriale del 12,6%. Hanno dato luogo a significative riduzioni: ingegneria meccanica (-12,5%), estrazione di carbone (-38,1%), prodotti metallici (-12,7%), industria alimentare (-12,8%), industria chimica (-15,2%), produzione della carta (-17,2%), ecc. Solo due settori industriali, nel 2015, hanno registrato una crescita: la produzione di autoveicoli (+ 18,6%), e l’industria del tabacco (+8%). Per quest’ultima sorge una domanda: gli ucraini hanno cominciato a fumare di più, o hanno aumentato il contrabbando di tabacco nell’Unione europea?
In queste condizioni di flessione complessiva del settore industriale, un leggero aumento delle esportazioni reali verso la UE è dovuto alla redistribuzione a scapito di altri mercati, soprattutto di quello russo.
La riduzione del potenziale di esportazione dell’Ucraina nel 2015 è dovuta all’indebolimento del settore energetico a causa del conflitto sulle forniture di gas russo e del conflitto militare nella regione del Donbass, a causa del quale la produzione di carbone si è drasticamente ridotta, di quasi il 40%. Per via delle ostilità nel Donbass e la connessa distruzione infrastrutturale nei trasporti e nelle finanze, non solo le aziende carbonifere del Donbass, ma anche molte altre, non sono riuscite a mantenere la produzione ai livelli precedenti. Dell’impatto negativo sul settore dell’energia hanno risentito soprattutto la metallurgia e l’industria automobilistica. Anche i problemi nel settore bancario, a causa della svalutazione della moneta ucraina e degli aumentati tassi di interesse, si sono riflessi negativamente sulle dinamiche delle esportazioni ucraine.
Sono tre i settori dell’economia ucraina che nel 2015 hanno contribuito maggiormente alla crescita reale delle esportazioni verso la UE: l’agroalimentare, la lavorazione del legno e l’ingegneria meccanica. Parimenti, si è concentrato in tre settori il calo delle esportazioni reali: l’industria estrattiva, la raffinazione del petrolio, e l’industria chimica e metallurgia, vale a dire tutto ciò che tradizionalmente occupava i primi posti nelle esportazioni ucraine in era post-sovietica.
Per il 2016, i consiglieri tedeschi hanno indicato le prospettive per la possibile espansione delle esportazioni ucraine verso la UE. Potranno crescere:
– la produzione di latte, dopo aver ottenuto il permesso di esportare le quote stabilite verso la UE;
– la produzione, nei nuovi impianti in Ucraina occidentale, di componenti per l’industria automobilistica;
– i prezzi delle materie prime a livello mondiale.
Dopo l’entrata in vigore, a partire dall’inizio del 2016, dell’accordo di associazione con la UE, non si prevede alcun cambiamento delle tariffe per l’importazione e delle quote UE nel primo anno di attuazione dell’accordo. Le tariffe rimangono attualmente al livello delle preferenze commerciali autonome del maggio 2014. Pertanto, per l’Ucraina ci potrà essere qualche aumento dei ricavi dalle esportazioni per la progressiva riduzione delle barriere non tariffarie. Secondo una stima preliminare dei consiglieri tedeschi del governo ucraino, nel 2016 le esportazioni ucraine nominali verso la UE potrebbero aumentare del 6%.
La rapida crescita registrata nel 2015 nell’ambito della produzione di veicoli a motore non riguarda l’assemblaggio delle automobili ma la produzione dei componenti per le fabbriche automobilistiche in Europa centrale (per lo più di aziende tedesche). La quota di queste esportazioni verso la Germania ammonta al 15% del totale: si eseguono specifiche ordinazioni per specifiche aziende, e in questo settore si può prevedere un’ulteriore crescita.
I consulenti tedeschi ora propongono ai loro assistiti ucraini di creare un polo automobilistico nell’Ucraina occidentale, che, tra le altre cose, potrebbe avere contatti diretti con gli investitori stranieri. Gli investitori dovrebbero essere attratti dal costo del lavoro, che in Ucraina è eccezionalmente basso: gli operai ucraini dovrebbero essere infatti più economici dei loro colleghi rumeni, polacchi, ungheresi e slovacchi.
Tuttavia, va notato che una simile proposta da parte ucraina agli investitori in questo polo sarà accompagnata dalla richiesta, da parte di questi ultimi, di un trattamento fiscale preferenziale per le loro fabbriche produttrici di componenti per le industrie automobilistiche europee. E’ chiaro che gli industriali tedeschi vogliono spostare nella Galizia ucraina una produzione che richiede un lavoro manuale ad alta intensità e a basso contenuto tecnologico. All’operaio ucraino, il suo lavoro, del valore più o meno di un euro all’ora, permette sì di mangiare (e questo è già un bene), ma non può portare certo il benessere. Analogamente, un regime fiscale preferenziale non permette di avere delle entrate significative nelle casse locali e centrali. In pratica, le cose andranno in questo modo: alla fine del trattamento preferenziale, alcuni investitori se ne andranno per far posto ad altri, a condizione che il trattamento fiscale preferenziale continui, e lo sfruttamento della manodopera andrà avanti finché ce ne sarà bisogno. La crescita del settore automobilistico nella Galizia ucraina conferma che ha avuto inizio l’adattamento di questa periferia alle esigenze delle multinazionali europee.
La localizzazione in Galizia dell’emergente polo automobilistico sottolinea ancora una volta che la regione è geograficamente legata alla Polonia, di cui è un prolungamento. I galiziani sono incorporati in una catena produttiva condizionata da esigenze logistiche: poiché la maggior parte del trasporto di piccole partite di merci per una specifica ordinazione viene eseguita da piccoli trasportatori privati, l’ubicazione ottimale delle aziende produttrici di componenti non dovrebbe superare un giorno di viaggio verso le fabbriche automobilistiche. In tal modo, l’ingaggio dei trasportatori locali risulta più economico e abbatte i costi di produzione.
In questo caso, si è venuta a creare una prospettiva di lavoro per un tale polo nell’Ucraina occidentale a favore delle aziende dell’Europa centrale. Ma le limitazioni naturali costringono a localizzare la produzione nella stessa regione, senza prospettive di crescita a est. Un polo simile nell’Ucraina a est del Dnepr dovrebbe essere legato alle fabbriche localizzate in Russia e operanti sul mercato dell’Unione euroasiatica. Per lo sviluppo in questa direzione ci sarebbe bisogno di un regime di libero scambio tra Ucraina e Russia. Ma nel frattempo, tra il 2011 e il 2014, il volume degli scambi tra la Russia e l’Ucraina si è ridotto di quasi la metà, da 50,6 miliardi a 27,9 miliardi di dollari. Nel 2015 c’è stato un nuovo calo per più di due volte. La quota della Russia nelle esportazioni di merci dall’Ucraina è scesa dal 17,6% nel 2014 al 12,1% nel 2015 e al 7,5% nel primo trimestre del 2016. Secondo le stime, nel 2016 le esportazioni ucraine verso la Russia saranno ulteriormente ridotte di circa un terzo, per 1,3 miliardi di dollari. E con questo, la quota di tutti i paesi della UE nel fatturato del commercio estero ucraino ha superato nel 2015 di più del doppio la quota della Russia. Tuttavia, i risultati dei primi due anni di scambi, prima in regime di preferenze commerciali autonome e poi con l’associazione con l’Unione europea, hanno mostrato che l’Ucraina non è riuscita a compensare in Occidente ciò che ha perso in Oriente. Questa situazione comincia a somigliare a ciò che l’Occidente ha fatto con le economie dei Paesi dell’Europa centrale. Tuttavia, bisogna tener conto anche delle dimensioni dell’Ucraina e della sua estensione a est. A causa della bassa produttività, sin dall’inizio del 2016 nella UE è notevolmente cambiata la retorica sulle prospettive dell’ingresso dell’Ucraina in Europa; in particolare, si ritiene che l’associazione con la UE avrà un effetto positivo sull’economia ucraina solo in tempi molto lunghi. E qui si potrebbe concludere che la gatta ci lascerà non solo lo zampino ma proprio la pelle.
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Articolo Comparso su EurAsia Daily il 4 luglio 2016
Tradotto in Italiano da Elena Petrova per Saker Italia il 6 luglio 2016
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