Un momento, ma cosa è successo realmente il 27 ottobre presso il Consolato Generale degli Stati Uniti a Hong Kong, quando quattro giovani attivisti anti-cinesi si sono improvvisamente presentati ai cancelli con l’intenzione di chiedere asilo?
Il silenzio ufficiale da parte dei governi statunitense e cinese è stato assordante, il che è piuttosto comprensibile dato il momento di estrema tensione tra le due superpotenze, con Hong Kong presa nel mezzo; momento di grande delicatezza politica, e col potenziale per fare dei danni: ma guardiamo a cosa sappiamo sinora.
Uno dei nostri inviati ha personalmente assistito [in inglese] ai quattro che correvano su per Garden Road, per poi essere fermati al cancello dalle guardie di sicurezza, che poi li hanno fatti entrare dopo una breve discussione. La cosa che abbiamo saputo in seguito, in mezzo a un’altrimenti totale assenza di informazioni, è che poi è stata loro ingloriosamente mostrata la porta.
Gli attivisti ci hanno riprovato il giorno successivo, tramite l’aiuto di un gruppo basato nel Regno Unito, affermando che erano stati originariamente incoraggiati da un precedente accordo con il consolato. Uno di loro, che sembrerebbe essere cittadino americano, ha affermato che inizialmente chiamò la linea di emergenza del consolato, e gli fu detto che lo avrebbero potuto aiutare. Insieme ad un altro attivista non identificato, anch’egli cittadino americano, avrebbe inoltre negoziato di portare con sé altri attivisti, e di essere stato rassicurato che sarebbero stati tutti accolti se si fossero presentati, questo è quanto affermano i membri del gruppo.
Quindi sono andati avanti, solo per poi sorbirsi la versione ufficiale che le richieste di asilo sarebbero state esaminate solo se effettuate su suolo americano vero e proprio, e affidarsi alla supposta santità territoriale di un avamposto diplomatico non sarebbe stato abbastanza.
Arrabbiati dall’essere stati buttati fuori, si sono lamentati che per dissidenti cinesi come Chen Guangcheng [in inglese] non era stato necessario ricorrere a tali stratagemmi quando chiese rifugio presso l’ambasciata americana a Pechino nel 2012 .
Attenzione, qui sta il punto. Sono stati rifiutati perché, per quanto credessero di combattere la giusta battaglia contro la “tirannia” ed essere meritevoli di “protezione” per tutti i sacrifici compiuti, in realtà sono dei signor nessuno agli occhi dei funzionari spregiudicati e manipolatori di Washington, che li hanno applauditi e cullati con un falso senso di sicurezza, dato dal pensare di avere l’America alle proprie spalle.
Se qualcuno come Joshua Wong Chi-fung [in inglese], il prolisso cocco dei media e dei governi occidentali, si fosse avvicinato al consolato, sarebbe stata una storia totalmente differente. Il governo americano, quando serve alla propria causa, ha un notevole passato nel proteggere le persone che cercano rifugio presso le proprie sedi diplomatiche.
Questi sfortunati giovani non erano noti abbastanza per essere utili ad un qualunque scopo, e ponevano invece un problema per gli Stati Uniti: accoglierli avrebbe dato il via ad un complicato precedente, e masse di centinaia, se non migliaia, avrebbero fatto capolino al consolato; in molti sperando di sfuggire all’arresto e ai processi per crimini commessi nel nome della democrazia durante i mesi di rivolte sociali e di violenza per le strade.
Ora stanno pagando il prezzo per una rivoluzione che credevano di poter vincere, incoraggiati dagli Stati Uniti e da altre nazioni occidentali che hanno fatto tutto il giusto rumore in loro sostegno, e che tuttora continuano ad offrire vuote promesse di un “percorso per la cittadinanza” e di una priorità nel procedimento di valutazione delle richieste di asilo.
Ora che sarebbe il tempo di raccogliere, tutto quell’idealismo, quel diritto e quell’ingenuità sono stati sbattuti loro in faccia e nelle loro giovani menti dalla dura e fredda realtà del tradimento, e dalla realizzazione di essere stati imbrogliati dalle persone che li incitavano.
Siamo franchi, quello che è successo al consolato degli Stati Uniti mostra fino a che punto Washington, nonostante tutta la sua virtù e la sua retorica superba, sia disposta ad andare in termini di aiuto ai “combattenti per la libertà” quando la cacca colpisce il ventilatore – non molto. Tutte quelle orde che lo scorso anno sventolavano bandiere statunitensi per le strade di Hong Kong si stanno rendendo conto solo ora che sono stati usati e poi abbandonati.
Da utili idioti dell’America a semplici idioti, ecco a cosa li hanno ridotti i loro grandi salvatori.
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Editoriale di Yonden Lhatoo pubblicato su The Greanville Post il 1° novembre 2020
Traduzione in italiano di Eros Zagaglia per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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