Se l’umore espresso dalla nuova coalizione di governo tedesca è quello di una Germania forte e vincente, in Francia l’umore è di declino nazionale che deve essere fermato.

La “coppia franco-tedesca” è il principio cardine di quella che possiamo chiamare teologia europea, un mistero della storia che trasfigura i passati nemici in co-guardiani dello spirito europeo unificante.

Se è ben noto da tempo che la guerra tra loro è totalmente inattuabile, su molti temi, però, i Tedeschi e i Francesi non si sono evoluti tanto da sentire e pensare nello stesso modo. Le correnti principali delle due nazioni stanno attualmente procedendo in direzioni opposte su molti livelli. Non è chiaro se queste crescenti correnti contrarie raggiungeranno un compromesso (la vittoria dell’una sull’altra) o un’aperta opposizione.

L’8 dicembre, una coalizione tripartitica si è insediata in Germania. Le sue scelte politiche sono molto diverse dalle tendenze che precedono le elezioni presidenziali francesi del prossimo aprile.

Verde per passare

Ampel” è la parola tedesca che indica il semaforo, ed è il soprannome di questa coalizione. Il rosso è il colore tradizionale dello storico partito socialdemocratico, l’SPD, che è arrivato primo e il cui leader candidato, Olaf Scholz (lui piuttosto scolorito), è il nuovo Cancelliere, al posto della longeva cristiano-democratica Angela Merkel.

Il suo partito ha assunto lo sgradito compito di doversela vedere con la pandemia di coronavirus. Come Ministro delle Finanze, Christian Lindner (di color giallo/oro) del pro-industriale Partito Democratico Libero (l’FDP), proteggerà i ricchi dalle tasse elevate e si impegnerà a far rispettare l’austerità di bilancio in casa e in tutta l’Unione Europea.

Ma la sfumatura predominante di questo nuovo regime è il verde. I due co-leader del partito saranno al vertice della politica interna e della politica estera.

Robert Habeck diventerà vice-Cancelliere e sarà a capo di un nuovo Ministero dell’Economia e del Clima progettato appositamente per il suo Partito dei Verdi. Avrà la supervisione dell’intera economia, dato che ogni misura governativa deve passare un “controllo ambientale” per poter essere approvata. Sembra che il compito principale di questo Governo sia ridurre le emissioni di CO2.

Il rifiuto della Germania di avere energia nucleare ha reso il paese dipendente dal carbone; il nuovo governo, però, chiede di eliminare completamente il carbone e di raggiungere l’80% della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030, cioè più velocemente rispetto ai precedenti obiettivi. Ciò richiede un veloce aumento di turbine eoliche e più centrali alimentate a gas, sebbene non si sappia ancora da dove verrà il gas.

L’influenza dei Verdi è riuscita a posticipare notevolmente la certificazione del gas russo proveniente dal completamento del gasdotto del Nord Stream 2: quanto sia necessario, dipende da quanto sarà freddo il prossimo inverno e se il vento soffierà, o meno, in quantità sufficiente.

Una politica estera orientata ai valori del “femminismo”, con una svolta nucleare

Annalena Baerbock (Bündnis 90/Die Grünen Nordrhein-Westfalen/Wikimedia Commons)

Annalena Baerbock, che aspirava a succedere alla Merkel ed essere la prima Cancelliera dei Verdi (quando però la campagna elettorale non aveva ancora rivelato la sua mediocrità), diventa comunque Ministro degli Esteri. Come suo bagaglio lavorativo porta un’inquietante combinazione di presunzione, inesperienza e sicurezza ideologica.

A 40 anni, la sua unica esperienza è nei tuffi dal trampolino, e subentra come Ministro degli Esteri in un momento di acuta tensione tra Russia e NATO. Nel secondo giorno di incarico, si è precipitata al quartier generale della NATO a Bruxelles per riaffermare la sua devozione, più volte manifestata, all’Alleanza Atlantica.

Il capitolo della politica estera del patto di coalizione [in inglese] dell’Ampel si intitola “La responsabilità della Germania verso l’Europa e il mondo”. La Germania si sente grande e proclama la sua “responsabilità particolare” per l’Europa “in quanto più grande Stato membro” e la sua “responsabilità mondiale” in quanto “quarta economia al mondo”. Il programma dà l’impressione che Berlino sia determinata a far sentire il suo peso, ma in stretta collaborazione con un ancor più pesante peso massimo, cioè gli Stati Uniti.

“La partnership transatlantica e l’amicizia con gli Stati Uniti sono un pilastro fondamentale della nostra azione internazionale” dichiara Berlino, che chiede “il rinnovamento e la dinamizzazione delle relazioni transatlantiche con Stati Uniti e Canada”, ripetendo gli slogan dell’“ordine internazionale basato sulle regole”, dove per regole si intendono quelle che vengono dalla virtù occidentale piuttosto che dalla Carta delle Nazioni Unite. La Germania ha intenzione di fare una crociata per i “valori” in tutto il mondo, combattendo l’“autoritarismo” e difendendo le minoranze come quella della “LGBTI”.

“La NATO rimane una base indispensabile della nostra sicurezza. Ci impegniamo a rafforzare l’alleanza transatlantica e a condividerne l’onere in maniera equa”. Sebbene non sia detto chiaramente, “condividerne l’onere” sarà molto costoso e non particolarmente eco-friendly.

Significa abbandonare tutte le precedenti obiezioni alle armi nucleari americane sul suolo tedesco. Significa acquistare il costosissimo successore americano del Tornado (in grado di trasportare armi nucleari) perché sia manovrato da piloti tedeschi. La scusa addotta è che “la Germania (ha) interesse ad essere presente nelle discussioni strategiche e nei processi di pianificazione”. La coalizione tinta di verde vuole anche acquisire droni armati, ovviamente per scopi difensivi.

Quando la Baerbock era una bambina, i Verdi tedeschi erano la prima linea di un movimento contro le armi nucleari americane in Germania. Ma allora la Germania era divisa, e la generazione dei genitori della Baerbock stavano mostrando al mondo (e soprattutto alla Russia) che i Tedeschi erano diventati amanti della pace. Mikhail Gorvaciov rimase impressionato: credette che la Russia e l’Europa occidentale potessero vivere felici e contenti nella loro “casa comune europea” e acconsentì alla riunificazione della Germania. (1)

Appena la capitalista Germania dell’Ovest ha preso il controllo della socialista Germania dell’Est, l’umore è cominciato a cambiare. Con Joschka Fischer dei Verdi come Ministro degli Esteri, la Germania ha partecipato con entusiasmo al bombardamento di un suo storico nemico, la Serbia.

 

Auto elettriche e mercato europeo

Alcuni Tedeschi hanno più ricordi di Annalena Baerbock: la buona notizia è che la sua nomina sembra aver fatto risorgere i Tedeschi riflessivi per provare a fare opposizione alle sue tendenze bellicose. Il 5 dicembre, 27 tra ex-diplomatici e generali hanno lanciato un appello [in tedesco] per “un nuovo inizio nelle relazioni con la Russia”. L’8 dicembre, la lega del Libero Pensiero ha lanciato [in tedesco] un appello, che ha velocemente cominciato a raccogliere firme, affinché la NATO lasci la Germania.

E’ quindi possibile che il diffuso sconcerto per la nomina della Baerbock a Ministro degli Esteri possa spronare un contro-movimento che si oppone all’allineamento con l’ostilità degli Stati Uniti e della NATO verso la Russia e la Cina.

Nel frattempo, la Baerbock è interessata agli affari tanto quanto lo è alla NATO. Lei vede la politica estera come un modo per promuovere la fondamentale industria automobilistica tedesca, che si sta convertendo alle auto elettriche.

“E’ importante non pensare alla politica ambientale in termini nazionali ma nel contesto europeo” ha dichiarato la Baerbock in una recente intervista televisiva. La Germania, ha detto, fa parte del comune mercato interno europeo, che è collegato a livello internazionale. Le compagnie automobilistiche tedesche producono principalmente per l’esportazione e, ha osservato, “in futuro, la politica dei trasporti, la politica estera e la politica ambientale devono andare di pari passo per affrontare la crisi climatica”.

Infatti, sia le regole che gli standard prodotti in grande quantità dalla Commissione Europea di Bruxelles, guidata attualmente dalla tedesca Ursula von der Leyen, stabiliranno quali auto saranno commercializzate nell’Unione Europea e quali no. La motivazione sarà la salvezza del pianeta. La Germania vuole diventare leader nel mercato della mobilità elettrica, producendo almeno 15 milioni di auto elettriche entro il 2030. Secondo quanto riferito, la proposta della Commissione Europea è di immatricolare solo i veicoli a emissione zero a partire dal 2035.

In Francia soffia un vento diverso

Impianto nucleare di Chooz, Francia. (Raimond Spekking / CC BY-SA 4.0/Wikimedia Commons)

Un vento molto diverso sta soffiando in Francia. Cominciamo dicendo che i Francesi non si fanno facilmente affascinare da Greta Thunberg. Se la studentessa svedese è riuscita ad acquisire influenza in Germania, in Francia stimola soprattutto fastidio e scetticismo. E molto di questo fastidio e scetticismo si estende anche all’intero movimento dei Verdi.

Fastidio e scetticismo sono aumentati da quando le elezioni municipali che si sono tenute durante il lockdown Covid (e che hanno avuto scarsa affluenza) hanno prodotto dei sindaci Verdi che se ne sono usciti con delle idee come quella di vietare gli alberi di Natali del municipio perché sono piante uccise, o con parole come quelle dette dal candidato alle elezioni presidenziale del partito francese dei Verdi: “Il mondo sta morendo per troppa razionalità, per decisioni prese da ingegneri. Preferisco le streghe che fanno incantesimi agli ingegneri maschi che costruiscono il Reattore Nucleare Europeo”.

Nonostante le lamentele sul degrado dell’insegnamento della matematica e della scienza nelle scuole francesi, la maggioranza dei Francesi non è ancora pronta a rinunciare alla razionalità. Né a rinunciare ai Reattori Nucleari Europei.

Negli ultimi mesi, infatti, il crescente allarme sulle emissioni di CO2 e il cambiamento climatico hanno creato un’impennata di sostegno al rilancio dello storicamente importante settore nucleare della Francia, costretto al declino per l’opposizione dei Verdi. Questo rilancio è motivato dal fatto che gli impianti di produzione nucleare francesi non emettono CO2 e forniscono un’affidabile e costante fonte di elettricità per uso sia domestico che industriale, il tutto in un momento di preoccupazione crescente sulla drammatica deindustrializzazione del paese.

Dopo aver soddisfatto la lobby antinucleare, recentemente il Presidente Emmanuel Macron, traballante centrista, ha risposto alla tendenza annunciando che il futuro della Francia deve essere nucleare.

Mentre la Germania incentiva sempre di più le turbine eoliche, queste vengono sempre più rifiutate dalla Francia perché producono troppo poca energia e in maniera troppo irregolare, perché pongono un serio problema per lo smaltimento alla fine del loro relativamente breve periodo di funzionamento e, emotivamente, perché deturpano i paesaggi francesi. I movimenti di cittadini si oppongono sempre di più alla loro istallazione, anche se i governi e gli agricoltori locali apprezzano i sussidi.

A quanto pare, il tradizionale partito di centro-destra, i Repubblicani, è stato totalmente estromesso dal centrismo traballante di Macron. E’ quindi piuttosto sorprendente che la candidata appena scelta nelle primarie del partito, Valérie Pécresse, sia improvvisamente arrivata in testa nei sondaggio delle elezioni presidenziali di aprile. Il suo programma ambientale dà una buona idea di ciò che è popolare in Francia: la costruzione di sei reattori nucleari europei e la creazione di zone dove le turbine eoliche non possono essere installate (rispondendo alle proteste dei cittadini e alla tutela paesaggistica). Ha anche fissato al 2040 la data della transizione dalle auto a benzina a quelle elettriche.

Identità, ma che sia francese

Non è l’unico ambito in cui ci sono differenze tra Francia e Germania. Se l’attitudine espressa dal patto Ampel è quello di una Germania forte e conquistatrice, l’attitudine della Francia è quella di un declino nazionale che deve essere fermato. A cui si aggiunge la sensazione che il dominio della Germania sulla politica europea sia un fattore di questo declino.

E’ possibile che la Germania sia troppo sicura di sé. L’industria automobilistica tedesca va molto bene, ma i Tedeschi non ci guadagnano la loro parte. I giganti finanziari americani hanno acquistato le aziende manifatturiere tedesche e portano a casa la loro parte dei profitti, mentre i posti di lavoro vengono sempre più dislocati nei paesi vicini a est, come Ungheria e Repubblica Ceca, dove i lavoratori si accontentano di salari bassi.

Sia in Germania che in Francia, la Sinistra ha avuto la tendenza ad abbandonare le sue tradizionali preoccupazioni a favore dell’identità politica, cioè tutti i tipo di identità eccetto la sua identità nazionale. La colpa obbligatoria del Nazismo impone ai Tedeschi di provare orrore per il nazionalismo come origine di ogni male e di bandire l’aspetto aggressivo della sua politica estera in termini moralistici: femminismo, diritti umani, ordine basato sulle regole, anti-autoritarismo.

Il senso di colpa (relativo alla collaborazione con l’occupazione nazista) non è così forte in Francia, e il senso di declino sta rianimando il patriottismo. Recentemente, comunque, gran parte della Sinistra francese, incluso il suo oratore più famoso Jean-Luc Mélenchon, si è arresa sempre di più alla politica identitaria, sotto l’influenza americana.

Il rifiuto di riconoscere che l’immigrazione di massa possa porre dei problemi, a cui si aggiunge una preoccupazione più per “il pianeta” che per le persone che stanno vivendo tempi difficili, ha fatto allontanare la Sinistra dagli elettori che dichiara di rappresentare. Di fronte alla preoccupazione sulla possibile “sostituzione” della popolazione francese a causa dell’immigrazione massiccia, Mélenchon ha adottato il termine “creolizzazione” per definire ciò che lui prevede essere una felice miscela di differenti culture. Questo piace ad un certo settore della giovane intellighenzia urbana, ma il risultato elettorale è stata una drastica svolta dei voti della classe lavoratrice verso la nazionalista Marine Le Pen.

Ora la Le Pen affronta un rivale ancora più nazionalistico di lei: il giornalista Eric Zemmour, il quale, durante un entusiastico comizio di circa dodicimila persone che si è svolto il 5 dicembre, ha fondato il suo nuovissimo partito “Riconquista” che vuole “riconquistare” la Francia per i Francesi. Prima di Zemmour, la Le Pen era l’avversario principale di Macron. Ora i due si dividono un voto sostanziale dell’estrema Destra, mettendo la Pécresse in testa (per il momento).

Differenze di politica estera

Zemmour al primo comizio elettorale di domenica scorsa. (IllianDerex/Wikimedia Commons)

Le preoccupazioni nazionali dei Francesi si stanno allargando ad altre aree del conflitto franco-tedesco. In politica estera i Francesi sono relativamente riservati, ma condividono poco la fedeltà alla NATO della Germania, l’attuale ostilità ufficiale contro la Russia o l’affetto per l’Ucraina (che, se ammessa nell’Unione Europea, porterebbe semplicemente ad aumentare la sfera di influenza della Germania verso est e la minaccia competitiva verso l’agricoltura francese).

La Francia aveva sperato di vendere i suoi aerei militari alla Germania, al posto del velivolo vettore nucleare erede americano del Tornado. L’enfatica lealtà di Berlino alla NATO è anche un modo di respingere i desideri di Parigi per una difesa europea più o meno indipendente.

Il centro politico francese, popolato dai veterani (tra cui Valérie Pécresse) del programma “Giovani leader” patrocinato dagli Stati Uniti, è riluttante ad allontanarsi dal percorso della NATO. Ma su entrambi gli estremi dello spettro, che si tratti di Mélechon o di Zemmour, è chiara l’opposizione alla NATO e alla sistematica russofobia. In Francia esiste anche una forte eresia di fondo che riguarda la religione europea, dato che un attento esame della politica necessario a rianimare l’economia francese implica un serio scontro con le regole e le decisioni della UE.

Storicamente, la Francia è un paese centralizzato (a differenza della Germania) e la sua economia ha sempre beneficiato delle scelte politiche del governo. Attualmente, sta crescendo il desiderio di tornare a quel tipo di politica industriale che ha permesso alla Francia di prosperare negli anni ’60. Ma la politica industriale è esclusa dalle regole di fanatica competizione della UE.

Zemmour, per esempio, ha chiesto di promuovere l’industria francese facendo ricorso agli indirizzi governativi. Le regole europee, però, vietano la “preferenza nazionale”, se non nell’ambito militare. Ogni offerta dovrebbe essere accessibile al miglior offerente, indipendentemente dalla nazionalità.

La Francia ha degli standard di previdenza sociale tra i più alti al mondo, il che facilita chi viene da fuori a fare offerte migliori di quelle delle aziende francesi nel loro stesso paese. C’è anche il problema delle regole europee sponsorizzate dalla Germania, che hanno forzato la frammentazione della EDF [Electricité de France], la società pubblica per l’energia elettrica, indebolendo la capacità nazionale di sviluppare il suo settore nucleare.

Il futuro è incerto, ma una cosa è sicura: se i disaccordi politici creano gravi controversie tra Francia e Germania, ci possiamo aspettare che la maggior parte dei media americani mostrino una grande comprensione e partecipazione per la parte che difende i “nostri valori”.

Nota

(1) Ho trattato la relazione tra il movimento antimissilistico tedesco degli anni ’80 e la riunificazione tedesca nelle mie memorie “Circle in the Darkness”.

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Articolo di Diana Johnstone pubblicato su Consortium News il 13 dicembre 2021
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[I commenti in questo formato sono del traduttore]


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